Il complesso viaggio del PNRR

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è certamente uno degli argomenti più importanti del momento, con la scadenza che si avvicina in merito alla prima parte della sua attuazione, ma non è la prima volta che si trova sui titoli dei giornali.

Il complesso viaggio del PNRR, infatti, è iniziato circa tre anni fa, quando, in seguito alla pandemia globale di Coronavirus, l’Unione Europea, per rilanciare l’economia dei paesi membri, decise di attuare un colossale piano di investimenti mirante anche ad aumentare la competitività del Vecchio Continente di fronte alle nuove sfide dell’economia globale. Di questa iniziativa l’Italia è stata, è e sarà maggiore beneficiaria, con un’allocazione dei fondi pari a circa 200 miliardi di euro complessivi, la cui direttiva di spesa è, per l’appunto, specificata nel PNRR.

Il Piano ha visto attorno a sé un dibattito molto sentito, frutto della sua importanza in merito al futuro del Paese, e tra pianificazione, approvazione e implementazione ha visto vari governi: prima il Conte II, poi il governo di Mario Draghi e infine il governo guidato da Giorgia Meloni.

Gli stati generali dell’economia

Verso la metà di giugno 2020 hanno avuto luogo a Villa Pamphili gli “Stati Generali dell’Economia”. Con questa ambiziosa etichetta, l’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte decise di incontrarsi con tutte le parti sociali per discutere del rilancio dell’economia italiana, in particolare in prospettiva degli investimenti comunitari che già si profilavano all’orizzonte. Oltre a tutti i ministri del governo, in videoconferenza sono intervenuti anche Ursula von der Leyen, presidente della commissione UE, David Sassoli, allora presidente del parlamento dell’UE, la presidente della BCE Lagarde e il commissario europeo Paolo Gentiloni.

All’evento non è mancata neanche Confindustria, con la voce del suo presidente Carlo Bonomi, che per l’occasione ha portato all’attenzione del governo tre tematiche: la produttività da troppo tempo stagnante del Paese, la capacità di usare la spesa pubblica e la sostenibilità del debito.

Tuttavia, il PNRR era ancora nell’etere e già il dibattito sull’utilizzo dei futuri fondi aveva spaccato il Paese. Infatti, le opposizioni si sono nettamente schierate contro l’iniziativa di Conte. Allora Giorgia Meloni aveva polemizzato contro la “presenza” dei rappresentanti europei e internazionali, disertando l’incontro insieme a Salvini, che aveva reputato la sede inappropriata. Anche Forza Italia aveva dichiarato che avrebbe preferito le aule del Parlamento a Villa Pamphili.

Il primo PNRR

Dopo neanche un anno dai fatti di Villa Pamphili, appena agli inizi del 2021, il Consiglio dei Ministri approva la bozza del PNRR. La suddetta bozza risulta molto più dettagliata (un dato positivo) rispetto a quelle circolate nei mesi precedenti e pubblicamente discusse, ma, ciononostante, suscita delle perplessità in alcuni suoi punti.

Il primo aspetto che insinua dei dubbi è l’aumento degli investimenti pubblici rispetto agli incentivi. La giustificazione per questa scelta è che gli investimenti pubblici presentano un moltiplicatore del PIL più elevato rispetto agli incentivi. Questo è vero, ma ci sono alcune condizioni da considerare: l’effetto moltiplicatore è presente nel lungo periodo (le grandi opere pubbliche richiedono molteplici anni per essere dapprima progettate e poi realizzate) e solo se gli investimenti sono attuati in maniera efficiente ed efficace. Da questo punto di vista, come a suo tempo ha evidenziato l’OCPI dell’Università Cattolica, gli incentivi per le imprese a rinnovare il capitale produttivo sono un impiego più efficiente delle risorse, considerati i problemi sopra evidenziati che gli investimenti pubblici possono presentare.

Inoltre nella bozza rimangono in secondo piano alcuni nodi importanti da risolvere della situazione economica e politica italiana: i riferimenti alle riforme organizzative e di gestione nella pubblica amministrazione sono solo cenni, così come vi sono solo dei cenni alla “concorrenza” (menzionata solo tre volte nel piano e di secondaria importanza, nonostante sia uno dei pilastri richiesti come esplicita condizione dall’UE), mentre le riforme della giustizia vengono citate solo come “pendenti”, non fornendo garanzie.

L’aspetto che, tuttavia, aveva lasciato perplesso, oltre alle già menzionate questioni, era la governance del piano stesso. Essa, nella bozza del 12 gennaio 2021, non è stata citata, lasciando aperta una questione molto importante, che era ancora più rilevante, considerando che il piano prevedeva molti più investimenti pubblici che incentivi, che devono essere usati in maniera oculata.

Un nuovo PNRR

Poco tempo dopo, tuttavia, il secondo governo di Giuseppe Conte è caduto e dopo un mese si è insediato il nuovo governo sotto la guida di Mario Draghi, che si è ritrovato a dover riformulare il piano. Il PNRR di Draghi mette più in primo piano temi come la digitalizzazione del Paese e la sua transizione tecnologica e mostra un maggiore interesse per la concorrenza, avendo recepito molte indicazioni dell’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ndr).

Inoltre il nuovo premier ha dovuto definire meglio l’aspetto chiave della governance dei fondi, che sotto Conte era ancora troppo vaga. Precedentemente, ancora sotto Conte, si era discusso della creazione di una “struttura parallela” ai vari Ministeri, con potere sia di coordinamento che di gestione e con un comitato esecutivo presieduto dal Presidente del Consiglio e dai Ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico. A ciò si sarebbe aggiunta una vasta burocrazia di funzionari e vari esperti affidati ai singoli progetti.

La proposta è interessante, anche perché contrasta abbastanza nettamente con il piano di gestione presentato da altri paesi, che non avevano mostrato la volontà di creare una struttura così separata e “alternativa” rispetto ai loro Ministeri nazionali. Infatti, anche gli stati che erano destinatari di ingenti somme (quali per esempio Francia e Spagna) non hanno optato per sostituire completamente i loro tradizionali apparati burocratici.

La Cabina di regia

Draghi, tuttavia, nel discorso tenuto di fronte al Parlamento, ha dichiarato che il governo e la gestione dei fondi avrebbe avuto come nucleo centrale il Ministero dell’Economia e Finanze. Infine, il decreto legge n. 77 del 31 maggio 2021 ha meglio definito la struttura di governo del piano, che ha istituito una cabina di regia presieduta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con poteri di indirizzo e coordinamento generale, alla quale partecipano i rappresentanti dei vari dicasteri a seconda delle tematiche che vengono affrontate in ciascuna seduta.

Viene inoltre istituita una Segreteria tecnica di durata temporanea fino alla fine del PNRR (cioè il 31 dicembre 2026), che ha il compito di inviare dei periodici rapporti informativi alla cabina di regia. In aggiunta il decreto legge ha istituito un tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale costituito dai rappresentanti di varie parti sociali, dalla società civile al mondo universitario e della ricerca fino al Governo e le associazioni di categoria tra i molteplici soggetti che dovrebbero essere presenti a questo tavolo, contribuendo a rendere più trasparente l’esecuzione del PNRR.

Prospettive per il futuro

Adesso il governo dell’ex presidente della BCE non c’è più, e al suo posto, in carica dal 22 ottobre, vi è il governo presieduto da Giorgia Meloni, sostenuto dalla coalizione di centro-destra, che avrà l’importante compito di continuare a  implementare e rendere concreti gli obiettivi del PNRR.

Abbiamo esposto solo brevemente la vicenda del PNRR, che da sola meriterebbe dozzine di pagine di analisi per avere un’idea sufficientemente chiara, tuttavia la vicenda qui presentata dimostra che non sempre c’è stata la chiarezza necessaria e la disponibilità di tutte le parti coinvolte per definire l’utilizzo dei fondi, dall’allocazione degli stessi fino alla loro governance. Con il tempo questo aspetto è migliorato, ma c’è ancora molta strada da percorrere, anche perché adesso bisogna dimostrare di saper utilizzare le risorse che sono state concesse; è necessario agli italiani per migliorare il loro benessere nel breve periodo, è necessario ai partner internazionali, per dimostrare la nostra affidabilità, ma, innanzitutto, è necessario a quelle che saranno le generazioni future, per non bruciar loro alcuna possibilità domani.

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