Informazioni più accessibili in italiano semplificato

Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite. La maggior parte delle persone ha la fortuna di approcciarsi a un testo, considerando almeno quelli di media comprensione, senza problemi di letture. Ma succede a tutti così? Possiamo considerarci come una massa indiscriminata di lettori? Purtroppo non è così, perché in Italia esistono migliaia di “lettori dimenticati”, ovvero tutte quelle persone che, per difficoltà di natura diversa, necessitano di una maggiore attenzione da parte di chi fa comunicazione. Esistono degli strumenti messi a loro disposizione?

Esiste una scrittura semplificata?

L’ITS (Italiano tecnico semplificato) è un metodo di scrittura riconosciuto, sia come denominazione di prodotto (la dicitura ITS) sia come prodotto vero e proprio (in formato cartaceo e digitale). L’ITS è un linguaggio naturale e controllato della lingua italiana. “Naturale” perché usa la lingua che naturalmente si è affermata e sviluppata nella lingua italiana e “controllato” perché pretende di controllare la lingua in fase di scrittura per semplificarne la lettura. È una scrittura che non si basa su dati empirici ma su un metodo consolidato, derivato da dati quantitativi e qualitativi. Non contiene niente al di fuori del patrimonio linguistico italiano e può essere usato in totale autonomia.

La storia dell’ITS

L’Italiano tecnico semplificato nasce dall’esigenza di snellire e semplificare il linguaggio utilizzato per descrivere qualsiasi tipo di prodotto, le cui istruzioni e contenuti devono sempre risultare sempre chiari e inequivocabili. Nonostante l’enorme documentazione che è stata prodotta negli anni, gran parte di essa continua a non rispondere alle linee e agli obiettivi di un linguaggio tecnico controllato e semplificato come l’ITS.

Fin da subito, infatti, l’ITS, portato avanti dalla COM&TEC (l’Associazione italiana per la comunicazione tecnica che dal 2003 opera per rappresentare i professionisti della Comunicazione e Documentazione tecnica) è risultato come uno dei  progetti più convincenti mai fatti prima di allora. Dopo essere stato sottoposto ad attente osservazioni da parte di esperti, l’ITS è giunto all’approvazione unanime, che ha validato il metodo.

Quali sono le applicazioni dell’ITS?

L’ITS è un ottimo strumento per scrivere un manuale, una guida o un testo tecnico in grado di fornire delle istruzioni su come utilizzare, montare e aggiustare un qualsiasi prodotto. È un metodo di scrittura molto versatile, e questo lo rende utile per la redazione e la revisione di qualsiasi altra tipologia di informazione e comunicazione. L’uso dell’ITS, infatti, permette la creazione di un testo che sia semplice, altamente comprensibile e inequivocabile.

Siccome la creazione di un testo richiede un’abilità non comune a tutti (soprattutto se l’obiettivo è quello di farsi comprendere) l’uso dell’ITS permette la realizzazione di testi liberi da parole di troppo e da tempi di scrittura eccessivi. La creazione di testi in ITS, però, richiede una formazione specifica da parte di esperti di comunicazione e lingua italiana. A questo proposito, esistono dei corsi appositi che permettono di acquisire le competenze necessarie per cimentarsi nella scrittura ITS.

Esistono applicazioni concrete?

Più in generale, l’ITS fa parte della categoria di forme di scrittura controllata il cui scopo è quello di ridurre ambiguità e complessità di una lingua naturale. Esistono applicazioni concrete di questi metodi di scrittura, che mettono in atto le indicazioni proprie di una scrittura controllata.

Tra gli esempi che spiccano maggiormente c’è il quotidiano «Dueparole», che è stato un giornale di informazione di facile lettura. Il quotidiano nacque in risposta all’esigenza di un certo tipo di lettori. Gli articoli erano scritti in una lingua molto chiara e con una strutturazione logico-concettuale inequivocabile. A scrivere i testi era un gruppo di linguisti, insegnanti e laureati in Lettere dell’Università di Roma “La Sapienza” che, dopo anni di esperienze, avevano saputo acquisire una vasta esperienza nella semplificazione del linguaggio della comunicazione pubblica.

Un mensile di facile lettura

L’esperienza di «Dueparole» era rivolta a tutti coloro che trovano difficoltà nella lettura, sia per questioni di lontananza con lingua parlata in quel contesto, sia per difficoltà congenite. Il quotidiano, infatti, poteva essere letto da persone straniere che vivevano in Italia e si stavano approcciando alla lingua; ragazzi della scuola dell’obbligo che avevano difficoltà di lettura o persone che, per diversi motivi, avevano poca dimestichezza con la lingua italiana.

La storia di «Dueparole» ha inizio nel 1983, quando un gruppo di genitori, bibliotecari e operatori sociopedagogici si rivolgono al linguista Tullio de Mauro per chiedergli di progettare degli strumenti che facilitassero la comprensione della lingua scritta a persone con difficoltà di lettura e comprensione. Da questo incontro ha origine «Dueparole», che durerà fino al 2006, anno che segnerà la sua ultima pubblicazione. Nonostante la triste fine del giornale, esso continua a rappresentare un virtuoso esempio del compito che spetta alla scrittura: deve “farsi capire” e non deve “essere capita”.

Come si strutturava «Dueparole»?

La grafica era oggetto di grande attenzione e tutto era in linea con i principi che guidavano la filosofia del quotidiano. Dato che immagini e titoli sono gli elementi che permettono ai lettori di capire la tematica di cui si vuole parlare, diventano centrali nella strutturazione della notizia. I titoli, infatti, dovevano contenere la notizia in sintesi e dovevano essere elaborati secondo precise regole: i verbi dovevano essere all’infinito e in forma attiva; le allusioni erano fortemente sconsigliate e così anche l’uso di parentesi, trattini e virgolette. La caratteristica più importante degli articoli di «Dueparole» era la loro brevità, con un limite massimo di sessanta righe.

Impegni per il futuro

I casi di «Dueparole» e dell’Italiano tecnico semplificato rappresentano due virtuosi esempi di come la comunicazione possa mettersi al servizio di chi la comunicazione la riceve. Se l’obiettivo di ogni medium, qualunque esso sia, è quello di diffondere delle informazioni e quindi farsi capire, diventa necessario che la comunicazione vada a buon fine e raggiunga l’obiettivo di interesse. Ma per far sì che ciò accada, l’interlocutore deve diventare il riferimento su cui si plasma il messaggio. Questo diventa fondamentale per tutte quelle forme di comunicazioni istituzionali, che da sempre sono note per la loro forma eccessivamente arzigogolata.

 

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