Perché salvare una banca è un obbligo e non una scelta. Brevi cenni sulla storia del sistema bancario.

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Da parecchi anni – e sempre più di frequente – i paesi dell’Unione Europea si trovano ad affrontare situazioni di crisi bancarie, e spesso si sono trovati a iniettare, nel sistema finanziario, ingenti somme di denaro. Cosicché, il tema della necessità o meno di “salvare” con i soldi pubblici una banca ed evitarne il fallimento (rectius, la liquidazione coatta amministrativa) è diventato sempre più attuale, tanto da dividere fermamente le diverse fazioni politiche. Soprattutto in Italia, in questi giorni, il dibattito si è riacceso in relazione alla crisi delle banche venete per cui, con ogni probabilità, le casse pubbliche si troveranno nuovamente a iniettare nel sistema bancario più di dieci miliardi di Euro, con conseguenti aggravi sulla fiscalità generale. Purtroppo però, con buona pace di ogni oppositore, salvare una banca in crisi non è una scelta, ma un preciso obbligo del governo. E questo non tanto perché si andrebbero a perdere i depositi bancari dei piccoli risparmiatori (comunque tutelati, secondo l’attuale legislazione, fino a 100.000 €), quanto perché il fallimento di un operatore causerebbe un effetto a catena così importante da poter causare il collasso dell’intero sistema industriale. Ma andiamo con ordine.

La prima volta che lo Stato Unitario si trovò a fronteggiare una crisi bancaria – causata principalmente da una mancanza di liquidità – fu nel 1892. E sulle ceneri di questo evento si acquisì la consapevolezza della necessità di una regolamentazione dell’attività bancaria e di una tutela del sistema non in quanto a difesa di una singola industria, bensì nella sua veste di strumento di raccolta del denaro e di credito per le imprese. Così si arrivò a una prima legislazione in materia di banche nel 1926, che introdusse una prima forma di vigilanza da parte del Ministero della Finanza. In breve si arrivò, per esigenze di maggiore controllo, alla necessità di essere autorizzati per esercitare attività bancarie e all’attribuzione alla Banca d’Italia dei compiti di vigilanza. Da quel momento, e passando dall’entrata in vigore del testo costituzionale – che recepì, all’articolo 41, l’istituto dell’autorizzazione per l’esercizio di alcune attività – la disciplina bancaria diventò sempre più stringente e articolata, fino ad arrivare, nel 1993, alla promulgazione del Testo Unico Bancario, legge ancora oggi in vigore. Al tempo, peraltro, aleggiava la convinzione di essere ormai in grado di evitare crisi sistemiche e di non dover più finanziare con fondi pubblici il sostentamento del sistema bancario. La recente crisi del 2008 riportò però il Legislatore alla realtà, allorché il Governo fu costretto a destinare al sistema nuove risorse, per evitare che gli istituti fossero costretti a pretendere la restituzione dei prestiti concessi alle industrie – anche loro in difficoltà strutturale per via del calo dei consumi – e causarne il fallimento a catena. Ed è proprio questo il motivo per cui l’esecutivo di un paese non può scegliere se salvare o meno un istituto bancario, ma deve obbligatoriamente farlo, per evitare una crisi ben più grande, con conseguenze – facilmente individuabili – molto più gravi sulla collettività.

Banca d'Italia - Milano
Palazzo della Banca d’Italia – Milano

Il dibattito, quindi, dovrebbe essere spostato su un altro piano, diverso da quello decisionale o legislativo sul salvataggio di una banca in crisi e ad esso anteriore, e cioè se tale situazione si sarebbe potuta evitare con l’opportuna diligenza nei controlli: il nostro paese ha, ad oggi, tre organi di sorveglianza del sistema bancario (Ministero dell’Economia e delle Finanze, Banca d’Italia e Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, senza contare gli organismi a livello europeo) che richiedono costantemente informazioni e dettagli sulle attività bancarie. Come mai, quindi, è stato possibile che certe attività bancarie sospette siano sfuggite – o siano state ignorate – da questi organismi?

Per approfondire:
COSTI Renzo, L’ordinamento bancario, il Mulino, Bologna, ult. ed. (acquistabile qui)


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