fallimento

Il fallimento: dall’averne paura al riderci su

/fal·li·mén·to/: esito negativo, clamoroso insuccesso.
Sbaglio, errore.
Dal punto di vista giuridico: una procedura concorsuale finalizzata alla soddisfazione dei creditori, mediante il liquidamento del patrimonio dell’imprenditore.
Un termine, dunque, con un significato completamente negativo.

Eppure, delle volte, è proprio all’interno di una catastrofe che si nascondono le più grandi opportunità.

Perché, come diceva De André:
dai diamanti non nasce niente…dal letame nascono i fiori. 

Chelsea Banning

Questo è proprio il caso di Chelsea Banning: una giovanissima scrittrice statunitense che si è tuffata nell’universo fantasy, pubblicando nello scorso agosto un romanzo intitolato Of Crown and Legends.

Tuttavia, il suo duro lavoro non fu affatto premiato: quando venne organizzato il primo firmacopie, soltanto una quarantina di persone si iscrissero all’evento.

Questo fu, già di per sé, un brutto colpo per la ragazza, ma quello che successe dopo fu anche peggio.

Infatti, alla fine, al firmacopie non si presentò nessuno se non due ospiti.

Ciò fu la fonte di una forte amarezza che sfociò in un post su Twitter, in cui Chelsea Banning sfogava tutta la sua frustazione.

Questo fallimento fu, però, un nuovo inizio.

Il tweet, infatti, divenne velocemente virale (tant’è che è arrivato, tradotto, anche in Italia) e ricevette svariati repost.

La diffusione fu così ampia che arrivò anche a dei grandi autori del panorama letterario contemporaneo, che non tardarono a reagire.

Stephen King, Margaret Atwood e Jonathan Col

La prima risposta fu quella di Stephen King.

Forse è proprio quella che mai ci saremmo aspettati, considerato il peso che ricopre nella scena attuale.

Ciononostante, King non si è tirato indietro e ha raccontato di quando, in uno dei primi firmacopie, non c’era assolutamente nessuno ad attenderlo fatta eccezione per un ragazzino.

Stephen King, condividendo la sua storia, ha aperto le danze: subito dopo di lui, Margaret Atwood – stiamo parlando di una delle scrittrici più premiate del pianeta – ha riferito di quando ha aspettato per ore che qualcuno prendesse parte al suo firmacopie, ma senza ottenere risultati.

Jonathan Coe, invece, ha descritto quel giorno in cui fu invitato a una conferenza sul crime ma, oltre al presentatore, non partecipò nessun’altro.

Edgar Allan Poe

Le descrizioni del fallimento di questi grandi autori ci insegnano quanto è normale fallire e conseguentemente, quanto è inutile averne paura.

Non cominciare una cosa per evitare la sconfitta, che senso ha?

Così facendo, si rischia solo di perdere occasioni e di far nascere in noi una serie infinita di rimpianti.

Una situazione che, lontanamente, ci ricorda la storia editoriale di un racconto del celeberrimo Edgar Allan Poe.

Nel 1837, infatti, Poe fa uscire, in 2 puntate, Le avventure di Gordon Pym.

Si tratta di una storia incentrata sul protagonista Gordon Pym e sul suo terranova Tiger, con cui decide di partire per il mare in cerca di avventure.

È un racconto interessante e accattivante, ma comunque semplice: Poe non fa altro che inventare un personaggio e le sue peripezie.

Quando, però, l’anno dopo, l’opera appare in volume completo, assistiamo a un improvviso sconvolgimento.

Nella prefazione, infatti, ci viene detto che, in realtà, Poe non è l’autore del testo.

L’autore è ed è sempre stato Pym: è lui la mano che scrive e sono realmente le sue tutte le vicende che, fino a quel momento, i lettori hanno seguito con tanta attenzione.

Ma se questo è vero, se davvero la penna è di Pym, perché nascondersi dietro la maestosa figura di Poe?

Proprio per la paura di un possibile fallimento.

La prefazione

Infatti, nella prefazione viene spiegato che Poe era sempre rimasto affascinato dai racconti del suo amico Pym e lo aveva più volte incoraggiato a raccoglierle in un libro: poco importava della forma o della tecnica, Poe era sicuro che il contenuto sarebbe stato sufficiente a catturare il lettore.

Eppure Pym non si è mai deciso: sempre troppo insicuro, troppo spaventato, troppo incerto.

Di conseguenza, si è rifugiato dietro al nome di Poe per conferire alla storia una maggiore credibilità e quando si è trovato davanti al successo che le sue avventure stavano ottenendo, ha cercato di tornare indietro.

Ed ecco come è nata la prefazione e lo sconvolgimento di cui stiamo parlando: dal timore di sbagliare.

Una paura che ha generato un’interferenza tra il piano dell’autore e il piano del protagonista e ha creato una forte confusione nell’ambito della critica letteraria: è difficile, infatti, stabilire chi sia davvero lo scrittore.

L’umorismo di Pelham Grenville Wodehouse

Non è un caso che Wayne Gretzky (ex campione di hockey, sul ghiaccio attualmente allenatore e dirigente sportivo canadese), per incoraggiare i suoi ragazzi, una volta disse:

tu sbagli il 100 percento dei tiri che non fai.

 

Un concetto simile lo rivediamo proposto anche in letteratura: si pensi a L’amore tra i polli di Pelham Grenville Wodehouse.

Un romanzo umoristico che ci dimostra che è possibile (e bellissimo) ridere dei propri errori.

Il protagonista di questa storia, a tratti assurda, è Stanley Ukridge: si tratta di un uomo grosso nel senso fisico e morale della parola, che niente può fermare.

Quest’uomo, infatti, a differenza di Gordon Pym, non conosce la paura: non c’è, per lui, niente di rischioso o di difficile.

Inguaribilmente ottimista, entusiasta, coinvolgente: entra come un ciclone nella vita dell’amico Jeremy Garnet, pronto a sconvolgergliela e a trascinarlo nel suo ennesimo progetto.

Questa volta si tratta di allevare polli, ma senza aver alcun tipo di conoscenza teorica o capacità pratica.

Spoiler: alla fine del romanzo, i due non avranno assolutamente raggiunto il loro obiettivo.

Anzi, il lettore si troverà davanti a un vero e proprio fallimento.

In compenso, però, hanno riso e vissuto tantissimo ma, soprattutto, hanno provato a tirare quel tiro vincente.

Se ce l’hanno fatta o no, poi, quello è un altro discorso.

E sinceramente, non ci interessa neanche più di tanto.


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