Voci di un lockdown senza fine

La politica zero-Omicron

Mentre l’Italia dice addio a mascherine e restrizioni, il governo cinese si vede “costretto” a portare avanti la strategia zero-Covid per contrastare la nuova ondata Omicron. “La perseveranza è vittoria” ha affermato il quotidiano «People’s Daily», portavoce del Partito. Ma dopo il paventato successo per essere stato uno dei primi paesi a uscire dall’emergenza sanitaria, ora la Cina sembra essere impreparata a gestire questa nuova variante. La colpa, secondo la propaganda, arriva dall’Occidente: un pacco proveniente dagli Stati Uniti ha causato il primo contagio.

Rispetto agli altri paesi, in Cina l’alta densità demografica, l’anzianità anagrafica e la bassa immunità di gregge (dovuta alla poca esposizione al virus e a un vaccino locale poco efficace) comportano ancora un forte rischio. Il sistema sanitario va in crisi: l’intera popolazione deve rimanere a casa. Il Partito si organizza e ispezione ogni angolo del Paese.

Le urla di Shangai

Dal 28 marzo la popolazione di Shanghai è barricata in casa. Senza alcun preavviso, con gli altoparlanti che martellano nuove istruzioni, ai residenti degli enormi palazzi popolari è stato intimato di non uscire e di aspettare pazientemente i rifornimenti di acqua e cibo da parte del governo. In pochi giorni finestre e balconi sono diventati pulpiti di protesta collettiva da cui dirompono lamenti e disperazione. La risposta capillare del governo prevede l’utilizzo di droni e altri mezzi robotici dotati di megafoni: “controlla il desiderio di libertà della tua anima”, ripete una voce registrata.  Solo lo scorso weekend nella capitale economica si sono registrati più di 1.700 casi positivi. I funzionari della città hanno affermato che i  nuovi casi sono stati trovati tutti tra gruppi in quarantena o sotto restrizioni, segnalando con ottimismo che le infezioni della comunità potrebbero rallentare presto.

Ma è attraverso le piattaforme web che viaggiano le immagini self-reporting di chi è costretto a scontare due settimane di quarantena assieme ad altri contagiati. Le storiesCovid Holidays” di Alessandro Pavanello, italiano residente in Cina da sei anni costretto all’isolamento forzato, mostrano le precarie condizioni di sopravvivenza in cui sono costrette centinaia di persone, talvolta in spazi ristretti e in posti letto realizzati con scatole di cartone. I contagiati fanno paura al governo e devono essere confinati.

E mentre in Italia ci si libera quasi completamente dalla mascherina, sotto i nostri occhi scorrono le immagini di chi, opponendosi alla normativa del Partito, viene trascinato via con la forza dalla propria abitazione, o umiliato pubblicamente, costretto a vivere in squallide strutture alveari, dove bambini vengono allontanati dai genitori, animali domestici soppressi, galline inseguite con megafoni, porte di ingresso sbarrate con enormi cancelli verdi. Infine, diversi casi di suicidio.

Dopo due anni, il Partito non può ritrattare la propria strategia, perché, banalmente, perderebbe di credibilità. Ma i metodi che sta utilizzando sembrano essere troppo invadenti, spesso a sacrificio di diritti civili e libertà di espressione.

Cyber censura

Sul web è più facile rintracciare i metodi repressivi del governo di Xi Jinping. Qualsiasi commento e lamentela vengono presto censurati, i post rimossi, gli utenti bannati. Sono migliaia i casi in cui la polizia si presenta a casa degli utenti per via di un tweet. In un video condiviso online, funzionari in tuta bianca anti-contagio entrano con la forza nell’appartamento di un uomo per chiedergli di rimuovere un post. Su Weibo è stata censurata l’espressione “acquisto di verdure a Shanghai” per nascondere la problematica, così come l’hashtag della prima riga dell’inno nazionale cinese “Alzatevi! Rifiutate di essere schiavi!”, un’espressione fin troppo chiara.

Del resto, sin dall’inizio della pandemia, gli utenti cinesi hanno sperimentato modi creativi per confondere i censori e mantenere in circolazione notizie e opinioni che il governo non approvava.

È il caso di un cortometraggio di sei minuti realizzato da un utente anonimo. Voices of Shangai mostra lo skyline della città in bianco e nero con una colonna sonora composta dai freddi annunci ufficiali dei funzionari del governo e le descrizioni sconcertanti di chi ha sofferto obblighi e restrizioni nelle ultime tre settimane. Il frame finale del video recita: “Guarisci presto, Shanghai”.

Nonostante il video non sia apertamente eversivo è stato comunque rimosso da Internet poco dopo la pubblicazione, continuando però a diffondersi su WeChat in modalità creative – come incorporare un codice QR nella locandina di un film. Nonostante la repressione sistematica, il digitale continua a offrire nuovi metodi per eludere i censori.

La sanità è politica

A dispetto dell’iniziale esultanza per la ripresa economica anticipata, in concorrenza con il resto del mondo che intende “convivere” con i contagi, la Cina adesso non può permettersi di mollare. Da ormai due anni la strategia zero-Covid è diventata il cavallo di battaglia del governo di Xi Jinping, che ora si prepara per le prossime elezioni e non vuole correre il rischio di ritrattare la propria autorità – non importa con quale mezzo e a quale prezzo.

La crisi sanitaria è un’opportunità politica: sfruttare l’emergenza per promuovere la propaganda nazionalista. “Cerchiamo di correre più velocemente del virus”, ha affermato in una tv locale Li Bin, vicedirettore della Commissione sanitaria nazionale. “Non importa come si evolve il virus, mettiamo sempre le persone e le loro vite al primo posto” assicura con affabilità. Sembra insomma che la strategia zero-Covid sia così profondamente legata alla legittimità politica del Partito Comunista Cinese e del suo leader Xi Jinping da scoraggiare qualsiasi altra possibile alternativa.

Entro la fine dell’anno si terrà il consueto congresso bidecennale del PCC, durante il quale Xi dovrebbe cercare di ottenere un terzo (inedito) mandato come leader. È una prospettiva inevitabile secondo i politologi, ma verosimilmente la crisi sanitaria e la guerra in Ucraina stanno sconvolgendo la stabilità del partito. Xi Jinping non può permettersi passi indietro.

 

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