Cancel culture e wokeism: la situazione in Europa

Da tempo capita di sentire parlare di ideologia woke e di cancel culture. La situazione in Italia, in merito, è più calma che altrove. In particolare, Francia e Germania sono all’incipit di uno scontro culturale che si prospetta forte e difficilmente risolvibile. Prima di affrontare la situazione dei due Paesi europei, è opportuno chiarire il concetto di wokeism e di cancel culture.

Il wokeism

Il wokeism è un movimento che nasce e si sviluppa principalmente negli USA. Etimologicamente, parte dal passato del verbo inglese “to wake”, che significa semplicemente “svegliarsi”. Ultimamente, il movimento ha preso forza dopo l’uccisione di George Floyd, l’afroamericano di cui tutti conosciamo la disumana scomparsa, con l’idea di risvegliare, appunto, le coscienze dei cittadini di fronte agli abusi e alla discriminazione. Fino a qui tutto sembra più che condivisibile, in fin dei conti si parla di tutela dei diritti umani. E allora perché il tema genera dibattito? Beh, perché la degenerazione del wokeism porta alla scomparsa della pluralità del pensiero, o meglio, questo è ciò che ritiene chi si oppone, in maniera più o meno schierata, al movimento. L’accusa che viene rivolta al wokeism è quella di mirare all’ottenimento di una società in cui un pensiero diverso da quello che viene reputato corretto vada soppresso e condannato.

Cancel culture

Il discorso in merito alla cancel culture è più o meno analogo, anche se presenta delle chiare differenze. Chi si fa portabandiera di questo pensiero sostiene che determinate figure storiche, ritenute politicamente scorrette, o avvenimenti controversi, debbano essere cancellati dalla memoria collettiva. Il caso più celebre nel nostro Paese è quello riguardo alla statua, situata a Milano, di Indro Montanelli, celebre giornalista. Ma, ancora, è notevole sottolineare il freschissimo abbattimento di una statua in Ucraina che simboleggiava l’unione del popolo locale con quello russo, ora, forse, compromessa dalla guerra in atto.

Il caso Indro Montanelli

La statua di Indro Montanelli venne, nel 2019, imbrattata, in occasione della Festa della Donna. La questione è tutt’altro che risolta, dato che ogni anno la scena si ripete. L’accusa rivolta al giornalista è quella di aver acquistato e sposato una ragazzina di dodici anni proveniente dall’Eritrea. Il fatto è certamente vero, lo stesso Montanelli ne parlò in più di un’occasione; tuttavia, esistono oggi due diverse posizioni in merito: c’è chi ritiene giusto condannare del tutto il gesto e chi propone un’analisi della situazione sociale del tempo. In ogni caso, ciò che è più rilevante riguarda la statua. È corretto cancellare, abbattendo una statua, la memoria di Indro Montanelli? La domanda non è banale, ma il dibattito che anima presente e futuro dell’Europa vive su situazioni come questa, occasioni in cui un personaggio viene condannato per delle prese di posizione o per azioni compiute nell’arco della sua vita.

La situazione francese

La posizione dei docenti

Il potere di questa ideologia, importata dagli Stati Uniti, non va né sopravvalutato né sottovalutato. Basti pensare che ora sta prendendo piede in tutti i settori della società“. Questa è la considerazione di alcuni docenti, da cui è interessante partire. È nell’Università più rinomata di Francia che tra il 7 e l’8 gennaio scorso si è tenuto un convegno, promosso da alcuni professori, che mirasse a ricostruire scienza e cultura. Da qui, sono scaturite subito accuse di aderenza a razzismo e fascismo per i professori, schieratisi implicitamente verso posizioni conservatrici. Arriva puntuale la prima presa di posizione dei docenti, in merito a questa nuova forma di pensiero: rappresenta una sfida per il mondo della formazione. Al di là di un legittimo dibattito intellettuale che non va evitato, e non certo proibito, introduce nell’ambito educativo e talvolta scolastico una forma di ordine morale incompatibile con lo spirito di apertura, di pluralismo e di laicità che ne costituisce l’essenza.” E ancora: “si sostituisce gradualmente la denuncia, l’opposizione frontale tra il male e il bene; poi, alla fine, la tentazione della cancellazione, cioè di una tabula rasa del passato, della storia, dell’arte, della letteratura e di tutto il patrimonio della civiltà occidentale, ormai condannato alla gogna”.

La risposta

La risposta non si fa attendere e infuoca il dibattito: alcuni accademici accusano questa posizione definendola come una “strategia di eradicazione lessicale volta ad eliminare dal vocabolario delle scienze sociali termini come razzismo sistemico, privilegio bianco, intersezionalità, decolonialismo”.

Ognuno mantiene la propria posizione, il dato di fatto è che il convegno ha avuto una partecipazione molto alta, ma, chiaramente, un’alta partecipazione non conferisce uno statuto, per così dire, migliore a questa opinione.

La posizione del Ministro dell’Istruzione

Jean-Michel Blanquer non perde tempo ed entra a gamba tesa nel dibattito, dichiarando: “Questa visione del mondo è pericolosa. La cancel culture cerca di minare la nostra civiltà umanistica”. L’idea è quella di creare un pensatoio per il futuro della Francia in cui sia vivo il principio del dibattito, ma che non miri a rinunciare alla storia e alla cultura francese o occidentale. Su questo tema si gioca il futuro sociale della Francia, in un dibattito che, come visto, è molto acceso e partecipato, certo più che in Italia. Accade spesso nella storia che discussioni di carattere così importante e generazionale nascano in un luogo e si diffondano in un altro. Per questo è molto interessante informarsi in merito a quanto accade oggi in Francia, soprattutto in un’ottica europea.

La situazione in Germania

La situazione in Germania è leggermente diversa: il dibattito generale tra queste nuove ideologie e quelle più conservatrici è forse meno focoso che in Francia, ma sicuramente ha il suo peso, quindi vale la pena porvi attenzione. Infatti, è recente il caso che riguarda l’artista Jess de Wahls, accusata di transfobia, la quale ha dichiarato:

Sono cresciuta a Berlino Est. La cartella d’arte, a scuola, la possiedo ancora ed è piena di bandiere comuniste, colombe della pace e bandiere della Ddr. C’è un disegno di tre bambine che si tengono per mano: una bianca, una bruna, una gialla; perché sotto il comunismo ‘tutti sono uguali’. Ma di certo non eravamo liberi di pensare e fare ciò che volevamo. L’idea del ‘pensiero sbagliato’ è qualcosa che, in modo preoccupante, è tornata. E la sua crescente prevalenza mi spaventa a morte. Chi dimentica la storia è condannato a ripeterla.

È chiaro come la storia, relativamente recente, abbia ancora un forte peso nel Paese cuore dell’Europa contemporanea. Il politico Wolfgang Thierse è stato attaccato dalla comunità LGBT per un articolo scritto per la «Faz». L’esponente del partito socialista tedesco, che unanimemente si è dissociato dalle sue parole, ha dichiarato: “Solo perché sono bianco, perché vivo in Europa e in Germania, sono già colpevole.” 

Chiaramente l’affermazione suona provocatoria, ma è il sintomo di una forte polarità che sta prendendo campo in Germania. Il dibattito anche qui è molto vivo, infatti, particolarmente tra le nuove generazioni, come in Francia peraltro, il sentimento wokeista è forte. Nessuno si sottrarrà allo scontro ideologico e solo nel futuro si vedrà quale fazione avrà la meglio.

Il futuro

Nessuno ha una sfera di cristallo che possa permettergli di prevedere gli sviluppi futuri, ma si può tentare un azzardo: questo dibattito riguarderà sempre più da vicino le generazioni future, che dovranno trovare una soluzione, magari cercando la giusta sfumatura di grigio tra il nero e il bianco.

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FONTI

www.ilgiornale.it

www.ilfoglio.it

www.ilfoglio.it

www.ilpost.it

www.milano.repubblica.it

www.ilpost.it

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