Russia e Occidente: cancel culture o sanzioni?

Il mondo diviso in due e una guerra nel mezzo. Mentre gli scontri militari mettono l’Ucraina in ginocchio, Putin accusa l’Occidente di portare avanti un altro tipo di guerra verso la Russia: una guerra culturale. Per il Presidente russo, Usa e Ue stanno infatti portando avanti un fenomeno di cancel culture ai danni della Federazione Russa. Dall’altra parte, l’Occidente mette in atto una serie di sanzioni nei confronti di una guerra ingiustificata, che arrivano a investire tanto l’economia quanto la cultura russa.

25 Marzo

Il 25 marzo Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa, ha incontrato online diversi cittadini russi vincitori di premi letterari. In videoconferenza, il discorso del Presidente è stato molto duro e critico nei confronti dell’Occidente e del suo tentativo di cancellare la cultura del suo Paese. “Oggi stanno cercando di cancellare un Paese millenario“, ha detto.

Sto parlando della progressiva discriminazione nei confronti di tutto ciò che è legato alla Russia, di questa tendenza che si sta sviluppando in alcuni Stati occidentali, con la piena connivenza e talvolta con l’incoraggiamento delle élite occidentali.

Le parole del presidente sono arrivate a toccare una degli hot topics degli ultimi anni: la cancel culture. Putin ha infatti parlato di un “boicottaggio“:

Il boicottaggio dell’Occidente nei confronti di artisti e scrittori russi, una pratica che vuole cancellare noi, la nostra cultura e un Paese come il nostro che ha oltre un millennio di vita. È la loro proverbiale “cancel culture”.

“Questo è il suo fronte culturale”, ha detto Andrei Kolesnikov, senior fellow del Carnegie Moscow Center (think tank con sede a Mosca). “È in guerra anche lì”.

Il Presidente ha continuato il suo discorso paragonando la cancellazione della letteratura russa alla campagna condotta dai nazisti sulle opere indesiderate. “I nomi di Tchaikovsky, Shostakovich e Rachmaninoff vengono rimossi dalle locandine. Gli scrittori russi e i loro libri sono stati banditi“, ha detto. “L’ultima volta che è stata condotta una simile campagna di massa per distruggere la letteratura discutibile è stata dai nazisti in Germania quasi 90 anni fa“.

Poco dopo, Putin ha messo in atto un altro paragone, stavolta tra la  Russia e la cancel culture a cui è stata sottoposta J. K. Rowling, celebre scrittrice inglese. L’ex funzionario del KGB si riferiva, in effetti, alle critiche degli attivisti trans verso l’autrice, che in passato ha espresso più volte commenti controversi.

Cancel culture

Cosa s’intende per “cancel culture“?

Direttamente dagli Stati Uniti, la cultura della cancellazione ha attraversato l’Oceano. Il termine è arrivato anche nel dibattito italiano. Alla voce “cancel culture“, sull’enciclopedia Treccani si legge:

Atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualche cosa di offensivo o politicamente scorretto e ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento.

Si distingue dal fenomeno del politically correct, che invece rappresenta, secondo Treccani, “un orientamento ideologico e culturale di estremo rispetto verso tutti, nel quale cioè si evita ogni potenziale offesa verso determinate categorie di persone“.

Quello della cancel culture è dunque un neologismo che indica un sabotaggio messo in atto verso un individuo o un gruppo. Questo avviene soprattutto online, quando l’individuo è percepito come emotivamente e psicologicamente dannoso, a causa di qualcosa che ha detto o fatto in un passato o durante una discussione pubblica. Si è molto discusso di questo tema, soprattutto dopo la celebre lettera pubblicata a Luglio 2020 su Harper’s Magazine da diversi intellettuali, tra cui Margaret Atwood, Salman Rushdie e la stessa J. K. Rowling. La lettera ha espresso un certo disagio di questi letterati verso la cultura della cancellazione che vedono come una limitazione della loro possibilità di esprimersi.

Sanzioni culturali

Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Occidente sta portando avanti un fenomeno di limitazioni contro l’élite intellettuale russa. La Vancouver Recital Society ha annullato il concerto in programma del pianista russo Alexander Malofeev. Dopo questo avvenimento, la direttrice della società, Leila Getz, ha spiegato che non poteva accettare concerti di artisti russi, a meno che questi non fossero stati disposti a parlare pubblicamente contro la guerra in Ucraina.

Netflix (principale piattaforma mondo di streaming) ha sospeso tutte le sue operazioni in Russia a causa della suddetta guerra e, sebbene avesse già pianificato alcuni progetti originali in lingua russa, come la serie  “Anna K”, ha cancellato i programmi.

Cancel culture o punizioni?

All’inizio del mese di maggio, l’Istituto Italiano di Cultura di Mosca è stato eliminato (e poi riammesso) dalla partecipazione al premio Strega. Evgenij Solonovich, uno dei sei italianisti scelti come giurati del premio, intervistato da «La Repubblica», si chiede il perché delle sanzioni agli intellettuali.

Che cosa c’entriamo noi intellettuali con questa situazione pazza in Ucraina? Non capisco lo scopo. Questo tipo di sanzioni vanno a colpire la classe degli intellettuali, la più contraria a quanto sta accadendo. Né io, né i miei amici appoggiamo l’intervento. In tanti stanno espatriando, di nuovo l’esilio sta diventando una forma di protesta. Hanno lasciato la Russia personaggi famosi come il regista cinematografico e teatrale Kirill Serebrennikov e la cantante Alla Pugačëva. Sapendo dei miei rapporti con l’Italia, i miei amici mi dicono spesso “ma perché non te ne vai a stare lì?”.

Le sanzioni dell’Occidente verso la Russia a causa della guerra in Ucraina hanno oltrepassato le aspettative. Le misure punitive sono arrivate a colpire anche atleti, scrittori, musicisti, ballerini e il mondo della cultura in generale. Confusione, isteria, pena: quale sia la ragione della punizione alla cultura russa non è chiaro. Che legame c’è tra un letterato russo e i missili su Kiev? È innegabile, però, che qualcuno sia convinto che una relazione esista inevitabilmente.

Risale ai primi giorni di marzo la richiesta fatta a Dario Nardella, sindaco di Firenze, di demolire la statua di Dostoevskij nella sua città. Il primo cittadino, però, non si è dimostrato d’accordo:

Non facciamo confusione. Questa è la folle guerra di un dittatore e del suo Governo, non di un popolo contro un altro. Invece di cancellare secoli di cultura russa, pensiamo a fermare in fretta Putin.

 

 

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