Immigrazione: il confine tra Polonia e Bielorussia

Spesso l’idea che si ha di immigrazione è legata al Mediterraneo, ma la realtà è ben diversa. Uno sguardo poco più attento permette di scoprire situazioni problematiche in tutta Europa. In questi giorni suscita particolare interesse la questione che si pone al confine tra Bielorussia e Polonia. La prima, pur formalmente Repubblica, è governata dal dittatore – così lo definisce Pierre Haski a «France Inter», una delle più importanti radio pubbliche francesi, in un discorso riportato anche da «Internazionale» – Aleksander Lukašenko. Lukašenko è accusato di colpire l’Unione europea proprio in merito a una delle questioni più spinose che la stessa UE si trova ad affrontare: quella relativa ai migranti.

In passato si erano registrati episodi di questo tipo su un’altra frontiera: al confine tra Bielorussia, Lituania e Lettonia. A essere coinvolti sono sempre forze armate e migranti, questi ultimi perlopiù provenienti da Nigeria e Sri Lanka. Tuttavia, la situazione su cui sembra opportuno porre l’accento è quella, già citata, tra Polonia e Russia Bianca.

La situazione al fronte

Il Governo populista polacco non è certo favorevole all’immigrazione, da qui le assurde conseguenze di un gioco politico, che ha come uniche vittime le persone più in difficoltà in questa complicata situazione.

I migranti giungono in Bielorussia, in particolare a Minsk, tramite aerei, con la promessa di un facile e felice trasferimento in un Paese membro dell’UE; appena atterrati vengono addestrati dall’esercito bielorusso ad attraversare il confine, sfuggendo al controllo dei militari polacchi, prontamente inviati al fronte da Varsavia, per fitti e rigidi controlli.

Come se non bastasse, il Governo polacco invia un SMS a tutti i telefoni cellulari attivi nelle zone limitrofe alla frontiera, sia in territorio polacco che bielorusso. Il testo del messaggio, scritto in inglese, comunica che l’attraversamento della frontiera non è consentito, che le promesse bielorusse sono false e impone un immediato ritorno a Minsk.

L’accusa di drogare i migranti

Sorprendente, al giorno d’oggi, come nel testo del messaggio sia consigliato di non prendere nessuna pillola offerta dai soldati bielorussi. Ecco che la Polonia accusa la dittatura di drogare i migranti per spingerli ad attraversare il confine. L’accusa mossa è molto importante e spesso taciuta, forse perché non ritenuta determinante. Eppure è un particolare da tenere ben presente, poiché evidenzia perfettamente il modo in cui vengono trattati i migranti: vere e proprie pedine controllate da un volere superiore che mira a vincere un gioco prettamente politico, cercando di destabilizzare gli Stati limitrofi.

La pericolosità delle frontiere

La questione sembra aver qui un esito, se non fosse per un piccolo particolare, che ovviamente tutto è tranne che piccolo: anche i soldati polacchi pare abbiano scordato princìpi quali il diritto d’asilo e la tutela dei diritti umani, di conseguenza i migranti che vengono fermati, sono spinti, anche con violenze, verso le zone boschive al confine. Questi luoghi sono impervi e pericolosi per persone poche esperte. Basti pensare che una troupe della «BBC» ha trovato, pochi giorni fa, dei migranti quasi congelati in una di queste pericolose aree. Portati in salvo, sono stati tra i primi testimoni della situazione che si sta verificando, qualcosa di assurdo, in cui la sicurezza di queste persone è ultima nella piramide delle priorità.

Le posizioni internazionali

L’Unione europea ha preso posizione dichiarandosi a fianco della Polonia nella protezione del suo territorio, ma invitando Varsavia al rispetto dei diritti umani. Ha inoltre imposto pesanti sanzioni nei confronti della Bielorussia che però non ha nessuna intenzione di fare retromarcia, o quanto meno fermarsi, minacciando di bloccare le forniture di gas che, per giungere in UE, attraversano il Paese.

Anche Joe Biden, presidente americano, ha espresso la sua opinione in merito, dichiarandosi preoccupato. Lukašenko, sostenuto da Vladimir Putin, presidente russo, non perde forza, e così alle vittime del suo regime cominciano a sommarsi quelle dell’immigrazione, colpevoli di aver accettato la prospettiva di un futuro più agiato.

Semplici interrogativi

Tra propaganda, manifestazioni e annunci in grande stile, non si ha la cognizione di ciò che avviene accanto a sé. Si è abituati a fuggire da una realtà che non si sente propria, ma che, a dire il vero, appartiene a tutti. E l’UE? È troppo occupata per pensare a questo? Qualche sanzione salverà vite incolpevoli? Qualche annuncio ripristinerà il rispetto dei diritti fattualmente? A volte gli interrogativi sono le risposte. Come nel lancio di una moneta ciò che si desidera è capito mentre essa è ancora in volo, con dei semplici interrogativi vengono rivelati i responsi. Non si banalizzi, la situazione è complessa, non risolvibile in breve tempo, ma bisogna iniziare ad agire.

E il popolo polacco? Si è forse scordato di essere figlio di Lech Wałęsa?

Regolamentare l’immigrazione

Di certo c’è che il destino del migrante pare destinato a non cambiare mai nel corso della storia di un mondo così avaro. Un mondo in cui la preoccupazione è sempre più riferita ai propri interessi, che erroneamente si limitano all’individuo stesso, senza tener conto di quel con-esserci che, riconosciuto, nobilita l’animo. In fin dei conti, auspicare una migrazione senza limiti sarebbe, ovviamente, utopistico, ma anche pensare di bloccare un flusso umano lo sarebbe.

La chiave deve essere una regolamentazione dell’immigrazione, che cancelli, o per lo meno riduca, gli interessi politici e economici che gravitano attorno alla stessa. È molto complicato intervenire in una situazione del genere, eppure è altrettanto necessario farlo. Di certo le soluzioni populiste, per definizione osannate dal popolo, si sono dimostrate spesso inefficienti, così come una scarsa attenzione nei controlli si è rivelata pericolosa e non sostenibile.

In conclusione

Una grande sfida aspetta le nuove generazioni, che, sicuramente, dovranno trovare soluzioni per fermare le continue stragi che ogni giorno avvengono, anche se spesso non raccontate. Regolamentazione, programmazione e cancellazione degli interessi sono le vie da percorrere per permettere un’immigrazione sicura e vantaggiosa per tutti; un impegno ambizioso che richiederà sforzi, trattative e compromessi, ma che dovrà porre i diritti umani davanti a tutto, perché il rispetto di questi ultimi non è oggetto di un’opinione, è necessario. Accogliere e conoscere è vantaggioso, non lo si dimentichi. La paura dello sconosciuto va sconfitta. I giochi di potere vanno annientati, perché moltissime vite non possono essere ridotte a essere pedine, vittime di un gioco a cui non hanno voluto giocare.

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