Schiller, Goethe e la morale kantiana

Gerne dien ich den Freunden, doch tu ich es leider mit Neigung,

und so wurmt mir oft, dass ich nicht tugendhaft bin.

Da ist kein anderer Rat, du muss suchen, sie zu verachten,

und mit Abscheu alsdann tun, was die Pflicht dir gebeut.

Da Xenien, questo doppio distico risulta agli studiosi ancora critico: che cosa volevano comunicare Schiller e Goethe con queste parole? Può essere considerata una poesia satirica? Se sì, che cosa mirava o mira a criticare?

I due artisti tedeschi del tardo Settecento scrivevano qui che, al fine di essere (o apparire?) virtuosi, bisogna aiutare l’altro e bisogna aiutarlo con disprezzo, ossia senza piacere e senza avere l’inclinazione a farlo, seguendo con dispiacere o disgusto ciò che il dovere morale ti ordina di fare.

Le parole chiave di questo componimento risultano quindi essere: Neigung, Tugend e Pflichtovverosia inclinazione, virtù e dovere. Ed essi rappresentano tre fra termini fondamentali della filosofia morale kantiana.

I due versi potrebbero dunque essere letti come una satira all’opposizione kantiana fra dovere e inclinazione: se si agisce con inclinazione, o con simpatia, non si agisce virtuosamente; allora, per essere virtuosi, bisogna adempiere al dovere morale “senza piacere”. Si tratta del riconoscimento dell’importanza e della priorità del dovere morale sul piacere.

La vera domanda, quella che tormenta da anni diversi studiosi è: Schiller e Goethe stanno criticando davvero Kant e la sua filosofia oppure stanno facendo satira sulla ricezione kantiana o, ancora, non hanno in realtà colto nel pieno il significato della morale kantiana?

Se una risposta a questa domanda ancora non è stata trovata da dei critici professionisti, questo articolo non ha la pretesa di farlo. L’obiettivo semplicemente è mostrare il confronto fra diverse posizioni in ambito etico, con il fine di eccitare la critica contemporanea.

Schöne Seele

Partendo dal pensiero di Schiller e dalla sua morale, a cui qui si fa riferimento precisamente, ecco che questa può essere condensata in ciò che l’autore stesso chiamava Schöne Seele, o anima bella. Con questa espressione, il filosofo di Jena intendeva un accordo armonioso fra le due parti costitutive dell’uomo: il dovere morale e l’inclinazione. L’armonia è data da un accordo spontaneo dell’istinto con la legge morale.

L’anima bella, dunque, appartiene a colui che compie il suo dovere senza interesse e senza condizioni (come vorrebbe Kant), ma si completa con uno stile segnato dall’immediatezza e dall’istinto. L’anima bella salva così il dovere, ma lo preserva dalla fredda ragione con un’aria di grazia e di spontaneità. Schiller usa quindi l’aggettivo “bello” per descrivere un’anima ispirata dal dovere, ma con le inclinazioni che coincidono spontaneamente con la legge morale.

La legge morale dentro di me

Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.

Conclusione della Critica della ragion pratica di Kant. Kant scrisse tre critiche: La critica della ragion pura, della ragion pratica e del giudizio. La seconda, La critica della ragion pratica, rappresenta il contributo maggiore del filosofo in ambito morale ed etico, pratico appunto.

Con questa frase si suole riassumere – riduttivamente – il pensiero morale del filosofo di Königsberg. Perciò: “Il cielo stellato sopra di me” rappresenta il mondo sensibile, dove vivono gli uomini e inclinazioni che li caratterizzano; con “legge morale dentro di me” si intende la Persönlichkeit (si può tradurre con “personalità”; termine che dovrebbe essere ulteriormente approfondito). In questo modo, la legge morale è indipendente dal sensibile, sono due cose separate, ovverosia la legislazione morale non presenta alcun tipo di limite, ma va verso l’Infinito, il sopra-sensibile.

Dovere morale

Schiller prendeva perciò in prestito due dei termini fondamentali e costitutivi della morale kantiana – dovere (della legge morale) e inclinazione – e li declinava in una forma non conflittuale, ma armoniosa. La domanda vera è: chi ha articolato secondo una prospettiva oppositiva inclinazione e dovere?

Nel suo saggio intitolato Sulla grazia e dignità, Schiller chiamava rigoristi coloro i quali rifiutavano le pretese del sensibile nel campo della ragione pura e nella legislazione morale così come nel campo dell’apparenza. Ma che cos’è allora esattamente la legge morale e il dovere morale?

Dalla citazione kantiana soprariportata, si deduce che ogni uomo ha a che fare con due “mondi”: quello sopra sensibile e quello sensibile. Nel primo mondo vige la legislazione morale, mentre nel secondo mondo gli istinti umani.

La legge morale kantiana si esprimere tramite l’imperativo categorico, cioè sotto forma di un dover essere. Si deve agire – e Kant sottolineava attentamente questa distinzione – secondo ciò che comanda il Muss e lo si può fare in due maniere: da una parte si adempie ad esso perché esso è il dovere, ma le ragioni per cui lo si fa sono egoistiche; dall’altra parte si esegue il dovere poiché farlo significa semplicemente seguire la massima attraverso cui questo dovere si esprime. La differenza è nell’intenzione.

Non risulta essere dunque così evidente quella rigoristica denegazione dell’istinto a favore della legge morale.

L’intenzione

Per Kant sembra dunque che l’intenzione di rendere la volontà moralmente buona debba corrispondere al puro rispetto del dovere e non al fine di ottenere qualcos’altro, per esempio la speranza di una ricompensa o la paura di una punizione. Questo non significa che si debba compiere il proprio dovere annullando ogni naturale inclinazione umana. L’esistenza dell’uomo ha a che fare con entrambi questi aspetti; non solo con il sensibile e non solo con la legge morale. Quello che Kant dichiarava è che un’azione morale è un’azione che segue l’imperativo categorico, con l’intenzione di seguire puramente il dovere, indipendentemente dal fatto che gli istinti naturali siano inclini o sfavorevoli al dovere richiesto dalla morale.

Una risposta?

Sulla base di questa speculazione filosofica, si può notare che le concezioni di Kant del dovere e dell’inclinazione sono diverse, ma non opposte o antagoniste nel senso della legge morale. Il pensiero filosofico e morale di Kant è ampio, articolato e complesso. Si suole dire che nemmeno Kant stesso sia mai riuscito a capirsi del tutto.  Affermare che Schiller e Goethe avessero frainteso la morale kantiana è difficile; sembra più plausibile che criticassero i rigoristi, ma essi consideravano anche Kant un rigorista?

FONTI

Schiller, Friedrich; von Goethe, Johann Wolfgang: Xenien. Insel Verlag, Frankfurt am Main, 1986

Schiller, Friedrich: Kallias Grazia e Dignità. Davide di Maio, Salvatore Tedesco, Milano, 2016

Kant, Immanuel: Critica della ragion pratica. A cura di Pietro Chiodi, UTET, 2013

CREDITI 

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