Sri Lanka: continue proteste scuotono il Paese

L’inizio delle proteste

Il 31 marzo in Sri Lanka sono scoppiate proteste, quando una grande folla si è radunata davanti alla residenza presidenziale, nell’ex capitale Colombo. La manifestazione è iniziata pacificamente, ma la situazione è velocemente diventata violenta. La polizia ha sparato gas lacrimogeni contro i cittadini e usato cannoni ad acqua. Alcune persone presenti hanno riportato che le forze dell’ordine hanno picchiato i manifestanti. I cittadini hanno reagito lanciando pietre e tentando di assaltare il palazzo del presidente. La BBC riporta che 45 persone sono state arrestate.

Perché si manifesta in Sri Lanka?

Le proteste sono iniziate, e continuano ancora, a causa della grave crisi che sta spingendo il paese sull’orlo del baratro. La Nazione affronta la sua peggiore crisi economica dal 1948, anno dell’indipendenza. La causa? L’esaurimento della valuta straniera nelle casse dello Stato. Le autorità sono così impedite nell’importazione di beni di prima necessità e nel rimborso del debito estero. La crisi ha portato a un generale rincaro dei prezzi e a un divieto a importare una vasta gamma di articoli, dalle automobili, ai telefoni, alle scarpe ad alcuni cibi. I prodotti disponibili sul mercato diminuiscono sempre di più, rendendo difficile trovare cibo e medicine. Molti beni sono diventati introvabili, se non al mercato nero.

Martedì 19 aprile la situazione è peggiorata ulteriormente. Il prezzo del petrolio è salito vertiginosamente (il principale rivenditore di carburante dello Sri Lanka ha aumentato i prezzi di quasi il 65%) e, così, anche il prezzo del trasporto pubblico. Il costo della vita è diventato inaccessibile: i cittadini pagano in media fino al 30% in più per il cibo rispetto all’anno scorso. Davanti ai negozi si creano lunghe code per per acquistare quei pochi beni essenziali (razionati) ancora in vendita, mentre numerosi lunghi black-out, fino a dieci ore al giorno, paralizzano anche le grandi città come Colombo. Chi può utilizza un generatore, ma la maggior parte dei cingalesi (maggior gruppo etnico dell’isola) e dei tamil (secondo gruppo etnico) subisce questa situazione. Gli abitanti della ex capitale raccontano delle ore passate in attesa nelle file, tanto che molti hanno dovuto smettere di lavorare per avere il tempo di approvvigionarsi. L’intero sistema produttivo è a rischio. Tutto è fermo. Gli abitanti (ventidue milioni), esausti e arrabbiati con il governo, hanno così iniziato a chiedere le dimissioni del presidente, Gotabaya Rajapaksa, e di suo fratello Mahinda Rajapaksa, Primo Ministro.

Manifestanti e Polizia

A causa della situazione diventata insostenibile, le proteste sono cresciute. Dopo il rincaro dei prezzi del carburante, a Rambukkana la folla ha protestato per circa quindici ore. Le autorità riferiscono che i manifestanti hanno lanciato pietre e altri oggetti contro la polizia e che pneumatici in fiamme hanno bloccato l’autostrada che collega la città a Colombo. La polizia ha risposto con armi da fuoco, uccidendo un manifestante e ferendone quattordici. Tre di questi sono in gravi condizioni. La polizia dice di aver sparato per disperdere i cittadini in protesta, ma sorgono dubbi sulla necessità di utilizzare “proiettili vivi” sulla folla come risposta. Julie Chung, ambasciatrice degli Stati Uniti in Sri Lanka, ha chiesto di indagare sulle violenze della polizia. Martedì 19 aprile, ha scritto su Twitter: 

Sono profondamente rattristata dalla notizia della perdita di vite umane nelle proteste a Rambukkana. Un’indagine indipendente e trasparente è essenziale. Condanno la violenza in tutte le forme e invito alla moderazione. Il diritto alla protesta pacifica deve essere protetto.

 

Intanto le numerose e continue proteste segnano una drastica inversione di tendenza nella popolarità per il presidente Rajapaksa, al potere dal 2019. 

Le cause della crisi (e del malcontento popolare)

Innegabilmente la situazione economica è stata influenzata in modo negativo dalla pandemia di Covid-19, che ha quasi decimato il turismo dello Sri Lanka (uno dei maggiori guadagni in valuta estera dell’isola). Il Paese ha anche risentito dell’aumento dei prezzi di energia e materie prime e delle conseguenze della guerra in Ucraina. Tuttavia, i critici dicono che la crisi è principalmente causata dalla politica corrotta dell’isola. Il presidente e il primo ministro fanno parte di una delle dinastie politiche più potenti dello Sri Lanka: sette fratelli con importanti ruoli politici o amministrativi. Tutti sono stati accusati in varie occasioni di corruzione e nepotismo.

A questo, secondo gli esperti, si aggiunge una cattiva gestione economica: il costo delle importazioni nella “lacrima dell’India” è molto più alto del costo delle sue esportazioni. Oggi, il Paese importa merci per tre miliardi di dollari, che corrispondono a una cifra molto più alta di quella che esporta ogni anno. Questa è la conseguenza della scelta del governo di concentrarsi maggiormente sui suoi mercati interni invece che sull’esportazione.

L’effetto è stato l’esaurimento delle riserve di valuta estera: alla fine del 2019, lo Sri Lanka aveva 7,6 miliardi di dollari di riserve in valuta straniera. A marzo 2020 queste erano scese a soli 1,93 miliardi di dollari. A questo si è aggiunto un drastico calo nell’agricoltura, devastata (forse con danni a lungo termine) da una svolta ecologica troppo repentina, che ha visto il passaggio dall’utilizzo dei prodotti chimici a pesticidi organici.

La reazione del governo

Dopo le violente proteste iniziate giovedì 31 marzo a Colombo, il presidente ha varato lo stato di emergenza, in vigore dal primo aprile. Le misure prevedevano un coprifuoco della durata di trentasei ore (dalle sei di sera di sabato alle sei di mattina di lunedì), l’impiego dell’esercito e permettevano alla polizia di arrestare i sospetti senza mandato giudiziario. Rajapaksa ha detto che la decisione di imporre lo stato di emergenza è stata presa ne “l’interesse della sicurezza pubblica, la protezione dell’ordine pubblico e il mantenimento delle forniture e dei servizi essenziali per la vita della comunità”. Ha poi attribuito la responsabilità per le manifestazioni a “gruppi estremisti“.

Tuttavia, quando le forze dell’ordine non sono riuscite a tenere i manifestanti lontani dalle strade, il Presidente ha ritirato le misure. Ha ammesso di aver fatto alcuni errori che hanno contribuito alla crisi e ha poi licenziato tutti i membri del suo gabinetto (tranne il Primo Ministro) e il Governatore della Banca Centrale. Rajapaksa non si è però dimesso, come chiedevano i manifestanti. Il Presidente ha chiesto ai deputati dell’opposizione di aiutare a formare un nuovo governo, ma hanno rifiutato. Al contrario, più di quaranta deputati allineati alla coalizione di governo in parlamento l’hanno lasciata.

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