L’utilizzo dello schwa nelle comunicazioni ufficiali come strumento inclusivo

In un post su Facebook del 5 aprile, un comune emiliano della provincia di Modena, Castelfranco Emilia, ha salutato la riapertura delle scuole utilizzando il simbolo fonetico schwa [ə] a chiusura di alcuni termini usati nel testo. “Moltǝ nostrǝ bambinǝ e ragazzǝ potranno tornare in classe!” Questa è la frase che si legge nel post del comune, invece di “molti nostri bambini e ragazzi”. La scelta dell’utilizzo di un particolare simbolo al posto di un altro ha destato fin da subito critiche e riflessioni da parte dei lettori, a riprova del fatto che la comunicazione e la lingua non è prima di tutto una questione di professionalità, ma è un atto politico.

Il comune emiliano ha risposto prontamente dando una spiegazione della propria scelta, giustificandola con la volontà di usare un linguaggio inclusivo e attento che rispecchi i principi della comunità stessa. “Ecco perché vogliamo fare maggiore attenzione a come ci esprimiamo: il linguaggio infatti non è solo uno strumento per comunicare, ma anche per plasmare il modo in cui pensiamo, agiamo e viviamo le relazioni”; dunque, nell’intento del comune, la sostituzione della desinenza neutra in “tuttə” al maschile universale “tutti” è il frutto di un tentativo di rendere l’italiano più rispettoso nei confronti di chi non si riconosce in una lingua strettamente binaria.

La schwa in Italia e all’estero

Lo schwa è un suono utilizzato da varie lingue, ma non dall’italiano; è invece riscontrabile nell’inglese, dove identifica per esempio la “a” di about, e anche in alcuni dialetti nostrani, come il napoletano.

L’argomentazione dei sostenitori è che nella lingua italiana non esista la possibilità di declinare nomi e pronomi al neutro, ma bisogna necessariamente scegliere tra maschile e femminile. Inoltre, al plurale si usa quasi sempre il maschile, e che dunque, con le parole della sociolinguista Vera Gheno questo maschile sovraesteso convenzionale ha il difetto di far scomparire le donne e le persone non binarie”.

Tuttavia, l’introduzione volontaria di un nuovo suono nell’italiano parlato incontra implicazioni linguistiche e ideologiche di cui è bene tenere conto. Questo è dovuto sia alle convenzioni linguistiche dei parlanti sia al fatto che il codice verbale è estremamente legato alle dinamiche storiche e sociali.

Si può infatti notare come la questione non sia un caso unico italiano e si sia già presentata all’estero, in particolare prendendo piede in ambiente statunitense, seppur con alcune variazioni. In inglese infatti pochissime parole hanno forme diverse a seconda del genere, quasi solo i pronomi e pochi sostantivi. Per questo motivo, negli ultimi anni sono state proposte diverse alternative per i pronomi inclusivi. Il pronome che si sta più diffondendo è il singular they, alternativo a he/she, versione accettata nel 2019 anche dal Merriam-Webster, uno dei più famosi dizionari di lingua inglese.

Un caso pratico interessante è quello della casa editrice EffeQu, che ha deciso di tradurre un saggio di una femminista brasiliana, Marcia Tiburi, intitolato in italiano Il contrario della solitudine. Nel testo l’autrice usa una ‘forma terza’, “todes” invece di todos todas, e i traduttori hanno deciso di rendere questa forma inedita con lo schwa, utilizzando “tuttə”.

Schwa: cognizione di causa

La proposta della già citata Vera Gheno, nel contesto del dibattito anche pubblico sulla lingua, è di prendere la questione per quello che dice di noi, della nostra società e soprattutto delle persone multiformi e multicolori che la compongono. “Saper vivere la complessità del presente” è una delle competenze che la linguista definisce essenziali per essere pienamente cittadini e in contrasto con la superficialità, e secondo il linguista Luca Serianni è importante tenere presente tutto ciò che è implicato nella lingua, che non è una cosa neutra, ma è lo strumento che sedimenta la cultura e ci aiuta a capire il mondo.

Anche per queste ragioni, la lingua è un organismo che muta e si adatta all’ambiente attraverso lunghi processi assieme all’uomo e alle sue esigenze; quindi l’importanza di capire da dove arriva ciò che abbiamo tra le mani è fondamentale per comprendere le possibilità, le variazioni e le implicazioni positive e negative che questo strumento ci offre.

Significativo in tal senso che le discussioni attorno allo schwa, come afferma Gheno, testimoniano che qualcosa attorno a noi si stia muovendo: “C’è una nuova esigenza sociale alla quale la lingua sta cercando di stare dietro”.

Proprio nel considerare il fattore sociale è sigificativo che nello scrivere il post non si sia privilegiata una forma politicamente neutra; infatti, l’introduzione dello schwa indica un’appartenenza politica marcata e non soltato una volontà inclusiva. Il fatto che tale forma sia stata utilizzata da un ente locale, e non da un privato, aggiunge poi un non sottile strato di complessità alla questione che non può quindi risolversi solamente in un dichiarato tentativo di essere più inclusivi, in quanto con l’utilizzo di quella determinata forma il post del comune ha compiuto un’operazione politica le cui implicazioni è bene sottolineare e portare alla luce, e l’ha compiuta sul linguaggio, quindi su un bene pubblico; a tale proposito, per chi volesse approfondire, si segnala un articolo di «Elzevirus» sul linguaggio politicizzato.

In conclusione, indipendentemente dal fatto che la proposta dell’utilizzo dello schwa possa imporsi o meno nella norma linguistica, questi accadimenti sono interessanti proprio in quanto consentono di monitorare non solo il cambiamento linguistico, ma anche identitario, sociale e politico.


FONTI

www.ilpost.it

thesubmarine.it

www.aliceorru.me

CREDITI

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