“Senza Parlare”: lo spettacolo che parla dell’incomunicabili

Si può comunicare l’incomunicabilità? Senza Parlare è uno spettacolo prodotto dal Centro Benedetta D’Intino Onlus e ospitato in diversi teatri della città di Milano grazie a un tour itinerante. È approdato anche al Pacta, il teatro della periferia sud di Milano, nelle serate del 23 e 24 settembre 2021 a capo della stagione teatrale attualmente in corso. Senza Parlare racconta la storia di Sara e Marco, due fratelli separati dal muro della non comunicazione. Il racconto teatrale è tratto dall’omonimo libro Senza parlare, scritto a più mani dai genitori dei ragazzi che frequentano il Centro Benedetta D’Intino. Lo spettacolo è stato realizzato dal Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone, in particolare da SpkTeatro con il sostegno di Fondazione Friuli e Fondazione Paola Frassi.

Conosci il Centro Benedetta D’Intino Onlus?

Di cosa si occupa il Centro Benedetta D’Intino Onlus? La Fondazione, situata all’interno del territorio milanese, accoglie bambini con grosse difficoltà comunicative e disagio psicologico. Il target di riferimento consiste dunque in primo luogo in bambini e ragazzi da 0 a 18 anni, in secondo luogo nelle famiglie che li accompagnano. La Fondazione offre servizi per supportare minori bisognosi di supporti alla comunicazione: è il caso della Comunicazione Aumentata Alternativa o dei servizi per l’autismo. L’obiettivo formativo e professionale è rompere il muro che separa i bambini con disagio comunicativo dal resto della società.
Non esiste soltanto la comunicazione verbale. Il centro vuole dunque valorizzare ogni forma di comunicazione alternativa che veicoli messaggi non necessariamente attraverso le parole.

Senza Parlare: la messa in scena

Senza Parlare racconta la storia di due fratelli, Sara e Marco. Tra di loro una grossa barriera: la difficoltà di comunicazione. Sara infatti, sin dalla nascita, è affetta da una disabilità che le impedisce di parlare. Lo spettacolo vuole dunque evidenziare l’importanza dello sguardo e delle molteplici possibili forme di comunicazione che l’essere umano può sperimentare, pur non proferendo alcuna parola. Ciascuno è infatti in grado di provare e trasmettere emozioni. E quelle emozioni sono veicolo di comunicazione con l’altro. Unico requisito: mettersi in ascolto. Marco, all’inizio della storia, non ha ancora compreso fino in fondo il suo linguaggio. Così nel giorno del suo compleanno organizza una festa per lei non più adatta, ormai cresciuta e divenuta diciottenne. Sarà proprio la ragazza, con quei suoi occhi pieni di parole e quell’energia che ha il sapore della vita, a far scoprire a Marco la chiave per accedere al suo cuore.

In scena soltanto due personaggi, Marco e Sara per l’esattezza. Indossano abiti realistici e ben conformi all’ambientazione scenografica: una stanza di una casa contemporanea. I due fratelli sono infatti colti in un momento qualunque della loro vita quotidiana. La loro relazione, sin dalle prime battute, appare infatti naturale e perfettamente consona al clima famigliare.
La scelta registica utilizzata per riprodurre la disabilità comunicativa di Sara appare semplicemente geniale. In scena infatti avviene un processo di “sdoppiamento” del personaggio. Da una parte è infatti facile identificare la ragazza reale, disabile su una sedia a rotelle, costretta a utilizzare strumenti elettronici per produrre pochi suoni sintetici. Dall’altra tuttavia il regista sceglie di mostrare al pubblico l’anima di Sara, chiacchierona ed energica, che esprime con gioia le parole che il suo corpo non può esprimere. Ciò risolve diversi problemi scenici insiti nella scelta di portare sul palcoscenico un personaggio muto.

Senza Parlare in scena per un “teatro sociale”

Sara esprime tutte le parole che non può dire. Tale contrasto interno al personaggio produce un conflitto interessante e parecchio emozionante per lo spettatore. La scissione del personaggio stimola infatti osservazioni e riflessioni inevitabili. Attraverso il dialogo tra i due traspaiono le numerose difficoltà, e altrettante soddisfazioni, provate dalle famiglie che frequentano il Centro. Le tesi portate avanti dai personaggi, nella loro contraddittorietà, inducono dunque lo spettatore a non prendere parte in difesa dell’uno o dell’altro. Si limitano infatti a stimolare un pensiero critico ed emotivo nei confronti di una vicenda privata che, a pensarci bene, diventa facilmente fatto pubblico e sociale.

Portare in scena nei teatri milanesi Senza Parlare contribuisce alla diffusione tra i cittadini di un messaggio complesso e spesso criptico. Il teatro infatti è una forma di comunicazione popolare che consente di veicolare concetti complessi in modo semplice e chiaro. Sfruttare il linguaggio del corpo permette di comunicare emotivamente con lo spettatore e raggiungere in modo più diretto la mente e il cuore. Per questo si ritiene il teatro sociale uno dei metodi educativi più efficaci per istruire e sensibilizzare la cittadinanza più vasta.
Senza Parlare, in conformità con la stagione teatrale di Pacta, rappresenta dunque un invito alla riflessione, un percorso empatico dentro e fuori dal palcoscenico.

CREDITS

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