I campi di rieducazione cinesi

Nella Repubblica Popolare Cinese esistono quelli che il governo di Pechino chiama “centri d’istruzione vocazionale e di addestramento al lavoro”. Questi “centri” sono stati creati per tutti i musulmani di etnia uigura che abitano nello stato cinese ed esistono già dal 2014. Infatti la Cina, soprattutto nella regione dello Xinjiang, è abitata da molti musulmani uiguri che praticano la loro religione, hanno le loro tradizioni, usi e costumi.

Il governo cinese pratica una vera e propria dittatura comunista e non può accettare che esistano nel territorio delle culture diverse da quella dominante. L’esistenza della cultura musulmana può in qualche modo influenzare il popolo cinese, che verrebbe così a contatto con modi di pensare completamente differenti da quelli prevalenti. Vivendo in Cina, i musulmani fanno conoscere un “mondo esterno” ai cinesi e questa è l’ultima cosa che il governo di Pechino vuole. Infatti, la dittatura ha come obiettivo quello di isolare i suoi cittadini dal resto del mondo, per riuscire a tenerli sempre sotto controllo: un popolo ignorante è più facile da governare.

Per riuscire nel suo intento, il governo, oltre a un sistema di censura efficace indirizzato ai mezzi di comunicazione, ha costruito e poi legalizzato nel 2017 campi dell’orrore. Il più famoso è quello dello Xinjiang.

I campi dell’orrore cinesi, dove la dignità e i diritti umani non esistono:

Il governo cinese attua una vera e propria persecuzione nei confronti dei musulmani uiguri, soprattutto nella regione dello Xinjiang dove ne vive la maggior parte. Ogni cittadino sospettato è controllato da telecamere di sicurezza, polizia, funzionari statali. Una barba troppo folta, un libro in mano sulla religione musulmana, un velo attorno alla testa, una preghiera recitata in un certo modo, non fumare e non bere alcool,  una maglietta riconducibile all’islam: sono tutti elementi “incriminanti”.

Una volta trovati, i funzionari portano donne, uomini e giovani musulmani al “centro d’istruzione” più vicino: da quel momento, inizia un processo di “brain washing“.

Il lavaggio del cervello che si attua in questi luoghi consiste nell’eliminare la cultura musulmana dai soggetti. L’obiettivo è infatti quello di educarli alla cultura cinese e fare così dimenticare loro l’identità d’origine. I “prigionieri” sono obbligati a cantare l’inno nazionale cinese, a bere alcolici, a magiare maiale, a studiare la storia comunista. Chi si rifiuta è soggetto a privazione del sonno, torture di ogni genere e digiuno.

Questo video è stato pubblicato il 17 settembre 2019 da un account anonimo di YouTube, chiamato “War on Fear“. É stato registrato sicuramente da un drone.

Il video mostra centinaia di persone bendate, rasate, incatenate e vestite con una divisa. La polizia li sta accompagnando a prendere il treno diretto ai campi di rieducazione cinesi. Secondo Nathan Ruser, ricercatore dell’Australian Strategic Policy Institute, il video risale all’Agosto 2019. La denuncia del filmato è forte e chiara: nel XXI secolo, questi orrori purtroppo esistono e devono essere conosciuti dal mondo per mettervi fine.

La difesa del governo cinese:

Le denunce contro i campi di rieducazione cinesi sono numerose: dall’ONU ad Amnesty International, che ha organizzato una petizione affinché siano in un futuro quanto più prossimo chiusi. Tuttavia, il governo di Pechino si difende e protegge con gelosia i suoi “centri d’istruzione”. La Cina ha infatti dichiarato che questi servono per eliminare l’estremismo religioso e quindi il terrorismo. I campi seguono il “regolamento di de-estremizzazione”, legalizzato nel 2017. In realtà, non c’è nulla che certifichi che le persone detenute nei campi siano terroristi, la loro unica colpa è di praticare una religione e una cultura differenti. Inoltre, Pechino ha dichiarato di rispettare totalmente i diritti e la dignità delle persone considerate “estremiste”, ma questo è smentito da numerose testimonianze. La situazione è drammatica e nessuno ha ancora salvato i musulmani detenuti.

Secondo alcune stime, il numero di persone incarcerate supera il milione. Il governo non ha mai dato informazioni a riguardo.

I campi di rieducazione non sono soltanto cinesi:

Questi campi dell’orrore esistono anche in Corea del Nord, che lotta contro le comunicazioni internazionali. Chiunque telefoni a un parente o a un amico all’estero, come in Cina o in Corea del Sud, viene subito arrestato e portato nei campi, dove è sottoposto a lavori forzati, pressione psicologica e torture. L’obiettivo? Bloccare la circolazione di qualunque tipo d’informazione: la censura è all’ordine del giorno e la dittatura non rispetta le esigenze e le libertà dei cittadini.

La libertà religiosa, come molti altri diritti riconosciuti, è fondamentale per gli individui: ognuno dev’essere libero di praticare o non praticare qualsiasi religione, senza che debba essere discriminato per questo o per le proprie origini.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.