Il ritardo che sventò l’attentato mafioso a Costanzo

Il biennio 1992-1993 ha visto l’Italia tingersi del sangue delle vittime degli attentati organizzati da Cosa Nostra per affermare la propria egemonia sullo Stato italiano. A essere colpiti furono rappresentanti politici, illustri magistrati, ma anche tesori artistico-culturali: a ridosso dello scandalo Tangentopoli, l’Italia sembrava sull’orlo del caos. Carlo Azeglio Ciampi, allora alla guida di un governo tecnico, confessò addirittura di aver temuto il Colpo di Stato. E forse proprio la sua nomina determinò un ulteriore inasprimento delle manovre mafiose: il fatto di cui vi raccontiamo avvenne esattamente due giorni dopo il voto di fiducia del Senato al governo Ciampi.

Roma, 14 maggio 1993. Alle 21:35, mentre una Mercedes blu, con a bordo il giornalista Maurizio Costanzo e la compagna Maria De Filippi, transitava su via Fauro, esplose un’autobomba piazzata da affiliati mafiosi.

Perché Cosa Nostra si preoccupò di colpire Costanzo? Secondo le testimonianze dei collaboratori di giustizia, già nell’autunno del 1991 Totò Riina progettava di eliminare i propri oppositori, grandi e piccoli che fossero: l’impegno antimafioso di certi giornalisti non poteva essere tollerato. Alcuni sodali vennero inviati a Roma e, non potendo raggiungere il giudice Falcone o il ministro Martelli, che stavano lavorando al progetto di una Superprocura antimafia, si concentrarono su Maurizio Costanzo, il cui Show dava ampia risonanza a temi scottanti.

Il 26 settembre 1991, in particolare, il giornalista aveva organizzato una maratona in collaborazione con Michele Santoro per ricordare Libero Grassi, il commerciante ucciso quello stesso agosto per aver rifiutato di pagare il pizzo e aver anzi denunciato pubblicamente il racket mafioso. La diretta univa le reti concorrenti di Canale 5 e Rai 3: una staffetta tra il teatro Biondo di Palermo e il Parioli di Roma, dove tra gli altri erano ospiti proprio Falcone e Martelli, durante la quale Costanzo bruciò una maglietta con la scritta “Mafia made in Italy”.

Nel maggio 1993 si era quindi arrivati alla resa dei conti. Dopo tre giorni di pedinamento, circa 110 kg di esplosivo vennero nascosti in un Fiat Uno bianca rubata e parcheggiata poco lontana dal teatro Parioli, ma il primo agguato fallì per un malfunzionamento del congegno. I sicari tentarono nuovamente la sera successiva, il 14 maggio appunto, ma mancarono ancora l’obiettivo: l’esplosione vi fu, ma arrecò danni sostanziali solo agli edifici e alle autovetture parcheggiate lungo la via.

Questo episodio fu la dimostrazione di come a volte la Storia sia questione di secondi. Al processo gli attentatori confessarono di essere stati presi in contropiede da un imprevista sostituzione di automobili: “La sera dell’esplosione praticamente hanno sbagliato perché si aspettava un 164 che ci doveva stare il dottor Costanzo dentro. E invece è uscita una Mercedes. Però Benigno ha perso un po’ di tempo nel senso di ‘è lui? Non è lui?’ Allora ha schiacciato il bottone diciamo con qualche secondo, diciamo, o millesimo di secondo, in ritardo.” Quanto bastò a Costanzo e alle sue guardie del corpo per allontanarsi dal cuore della detonazione.


FONTI

Repubblica1

Wikimafia

Mafie.blogautore.repubblica

Repubblica2

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