Moda nella Belle époque. Le muse di Boldini

Chi è l’uomo che, per la strada, a teatro, al Bois, non ha goduto in maniera disinteressata di un abito sapientemente coordinato, fissando un’immagine inseparabile della bellezza di questo e di colei che lo indossa e facendo della donna e dell’abito una totalità inseparabile?

Charles Baudelaire

Nel 1947 Christian Dior riscrisse i canoni della moda per ridare alla donna uscita dal dopoguerra il lusso della femminilità. È passato alla storia come il New Look, perché era quanto di più lontano potesse esserci dagli abiti funzionali ed essenziali allora in voga.
Il New Look non era del tutto nuovo, come poteva sembrare. Dior dichiarò espressamente di essersi ispirato all’eleganza e alla femminilità delle donne della Belle époque. 

Per osservare la moda di quell’epoca ci si deve rivolgere all’opera del più richiesto ritrattista della Parigi di fine Ottocento, Giovanni Boldini. Arrivato nella capitale francese nel 1871 il giovane pittore ferrarese si afferma come l’artista più alla moda dei salotti dell’élite.
Ogni donna vuole essere ritratta da Boldini, perché la sua arte immortala la bellezza e l’eleganza come mai nessuno ha fatto prima, né farà dopo. 

Ritratto di Mademoiselle de Nemidoff, 1908

Ma Boldini non si limita a riprodurre la realtà, la plasma per rendere tangibile i sogni. Non c’è donna da lui ritratta, che sia giovane o anziana, nobile o borghese, che non emani un fascino irresistibile e un’eleganza unica.
Insieme alle sue dive (fu lui a coniare questo termine per riferirsi alle sue muse) crea la femme fatale, il simbolo di un’epoca.

La femme de Boldini, come la definisce il giornalista Albert Flament, è una donna dell’alta società, emancipata e seducente. Il fisico è slanciato, la pelle candida, gli occhi e i capelli scuri.
Le donne di Parigi sono disposte a sottoporsi a qualsiasi cura e privazione per raggiungere l’ideale di bellezza “à la Boldini”. 

Insieme alla donna, legato indissolubilmente per formare un’unica entità, c’è l’abito.
Boldini sceglie personalmente gli abiti con i quali le modelle devono posare e il paradigma è sempre lo stesso. Gli scolli ampi spesso lasciano scoperte le esili spalle.
Protagonista indiscusso è il corsetto che dona l’ambito vitino di vespa. 

Tra i colori pastello e i rossi intensi si fa strada il nero, che si stacca dalla tradizionale connotazione di lutto per diventare simbolo di sensualità e mistero.
Nero è l’abito con cui Boldini ritrae Lady Colin Campbell, famosa all’epoca per il più scandaloso caso di divorzio. La nobildonna irlandese accusò di adulterio il marito, che le aveva fatto contrarre la sifilide.

Ritratto di Lady Colin Campbell, 1894

Le braccia diafane sono spesso nude e dal collo scende l’immancabile filo di perle, come quello di sette metri con cui è rappresentata Franca Florio. Si racconta fosse composto di 365 perle, una per ogni giorno dell’anno, regalatole dal marito per farsi perdonare le molte infedeltà. 

Ritratto di donna Franca Florio, 1924

Sono tanti i nomi di questo ideale di donna. Quello datole dal dandy Robert de Montesquiou è Parisienne, che non descrive solo le abitanti della capitale francese, ma la “manifestazione dell’eterno femminino che potrebbe chiamarsi il femminile universale”.
La Parigina non è solo un essere vanitoso e superficiale, ma è l’aspirazione delle donne alla bellezza e alla libertà.
Sono queste stesse signore a muovere i fili dell’alta società, riunendo nei loro salotti i più grandi intellettuali e spesso dedicandosi loro stesse alla cultura. Si pensi alla già citata Lady Colin Campbell, scrittrice, drammaturga e giornalista, o a Martha Bibescu, scrittrice, poetessa e politica. 

Ritratto di Martha Bibescu, 1911

L’arrivo della prima guerra mondiale spazzerà via i pizzi, i corsetti, le perle e i lunghi abiti della Belle époque. Le gonne si accorceranno e tutto diverrà funzionale alla comodità. È l’ascesa di Coco Chanel, che veste la donna lavoratrice e attiva, contrapponendola a quelle che lei definisce “donne inutili, oziose, donne a cui le cameriere dovevano infilare le maniche”.
Si dovrà aspettare l’arrivo di Dior, che attingerà a piene mani dalla moda ottocentesca, per rivedere lo stile leggiadro delle dive boldiniane.
Il ritorno al busto e alle gonne lunghe farà inorridire Chanel e con lei le più radicali femministe di quegli anni.

Ritratto di Marthe Régnier, 1905

Ancora oggi si tende a vedere la moda della Belle époque come una meravigliosa costrizione del corpo femminile, identificando Chanel come la liberatrice della donna.
Non bisogna dimenticare che gli abiti accusati di essere torture e prigioni hanno ospitato i corpi delle più indipendenti donne di cultura dell’epoca. Determinate, libere e intelligenti hanno fatto la loro parte nel processo di emancipazione femminile.

Le linee sinuose e affusolate del New Look di Dior, accolte come minaccia per la libertà della donna, non sono che un altro modo per abbracciare la femminilità, valido quanto l’eleganza essenziale degli abiti Chanel.

 

 

 


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