Non fate morire la poesia

Mentre il romanzo attraversa la sua epoca d’oro, la poesia rimane un genere letterario di nicchia. Oggi, chiunque si voglia approcciare alla letteratura lo fa nella maggior parte dei casi scegliendo un’opera in prosa. La poesia è spesso percepita come un genere elitario, riservato a poche menti elette in grado di penetrare versi oscuri e incomprensibili. L’idea che la poesia sia appannaggio solo di un manipolo di lettori si è radicata, forse, tra le mura scolastiche in cui – in anni di parafrasi, analisi del testo e minuziose indagini – si è innescato un meccanismo di repulsione da parte degli studenti diventati poi collettività di lettori. Forse anche gli stessi fruitori del genere, coloro che dovrebbero invogliare gli altri a leggere anche poesia, si impegnano sempre più a sopraelevare il genere, allontanando così il pubblico dalle raccolte poetiche. Soprattutto da quelle contemporanee.

Che la poesia sia – il più delle volte – più difficile rispetto alla prosa, è un dato di fatto. Ma che questo renda le opere in versi meno fruibili rispetto a quelle in prosa non è sempre vero. La poesia è certo un genere letterario che va affrontato con una certa predisposizione, diversa rispetto a come ci si pone verso un romanzo. Si possono tuttavia individuare due diverse modalità di lettura. Da una parte ci sono i cosiddetti lettori esperti, quelli che conoscono l’autore, il suo pensiero, il periodo storico in relazione al quale scrivono e l’idea che manifestano. Questi sono sicuramente in grado di penetrare il messaggio poetico nella sua essenza, poiché conoscono le motivazioni dello scrittore. D’altra parte, però, esiste anche un altro pubblico, forse potenzialmente più vasto ma attualmente scarso: quello composto da coloro che non conoscono approfonditamente la materia, ma che si dilettano ugualmente nella lettura di testi poetici.

L’idea infatti che la poesia sia da riservare solo a coloro che hanno le capacità e le conoscenze adeguate è erronea. È possibile leggere un testo poetico su diversi livelli, non sempre è necessario arrivare al messaggio profondo del testo. La poesia è forse la forma letteraria che esprime maggior soggettività in quanto manifesta l’interiorità di chi la scrive in modo più esplicito rispetto al romanzo. Proprio in quanto espressione soggettiva, tra le diverse possibilità di lettura non si può escludere anche da parte del lettore un atteggiamento fortemente personale. La poesia ha tra le sue prerogative quella di suscitare emozioni in chi la legge. E se questo avviene, un testo poetico può dirsi pienamente riuscito, anche se l’emozione che provoca non corrisponde propriamente all’intenzione iniziale dell’autore.

Ovviamente esistono diversi tipi di testi poetici, appartenenti a diverse epoche. Per questo è possibile operare due ulteriori distinzioni, una sul piano orizzontale e una sul piano verticale. A livello temporale ci sono testi più antichi e che quindi risultano di più difficile comprensione anche a causa della lingua usata. Sul piano contenutistico, invece, si potrebbe operare una distinzione tra testi impegnati e testi che lo sono meno. Se si prende per esempio la poesia a noi più vicina, ovvero quella del Novecento, emerge che questa duplicità è perfettamente rappresentata.

Nel secolo scorso troviamo esempi di poesia che parla di sentimenti, stati d’animo o condizioni esistenziali in cui ogni lettore, nell’arco della propria vita, può immedesimarsi. Chi non ha mai amato o non ha mai sentito su di sé il peso della vita? E chi non si è mai sentito vuoto, perso o insensatamente felice? La produzione poetica è talmente vasta che ciascuno, per ogni sfaccettatura della propria anima, per ogni momento della propria vita, può trovare almeno una poesia che racchiude la stessa sensazione provata da qualcun altro che l’ha resa immortale nei propri versi. In questo modo ci sentiamo meno soli, ci sentiamo comunità e possiamo allontanare almeno per un momento quella sensazione di incomprensione che sempre ci accompagna.

D’altro canto esiste però anche una poesia più impegnata, una poesia “politica”, che riflette su tematiche civili, sociali e ideologiche, come quella del Pasolini de Le ceneri di Gramsci. In questa tipologia poetica è certo più difficile immedesimarsi ma è comunque possibile trarre delle importanti lezioni di vita o semplicemente affrontare la realtà e la storia con uno sguardo nuovo. Pasolini riflette sulla morte del comunismo, rappresentato metaforicamente dalla figura di Antonio Gramsci e riporta un ritratto approfondito dell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta.

A oggi, la situazione italiana riguardo la lettura dei testi poetici appare dunque in perdita. La diminuzione progressiva della rilevanza della poesia in Italia inizia a essere particolarmente significativa tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta. Viene naturale chiedersi il perché di questo repentino cambio di rotta rispetto al periodo precedente, in cui certo la poesia non era un genere maggioritario ma riscuoteva sicuramente più successo rispetto agli ultimi tempi.

Nel saggio Sulla poesia moderna Guido Mazzoni, professore presso l’Università di Siena, sostiene che la poesia degli ultimi secoli abbia assolto la funzione di mezzo volto all’espressione di vicende private e personali.

La poesia è il più soggettivo ed egocentrico dei generi letterari, quello che, nella sua forma più comune, parla di contenuti personali in uno stile che vuole essere personale, cioè lontano dal modo ordinario di dire le cose. Contiene un elemento narcisistico che, in una società monadica, gremita e divisa in nicchie, finisce per disturbare il narcisismo altrui, perché ignora i luoghi comuni grazie ai quali gli esseri umani comunicano, magari sostituendoli con altri luoghi comuni, più settoriali. Non a caso il poeta è il primo artista a perdere il mandato sociale.

Questa funzione, attualmente, è svolta in gran parte dai testi in musica e le vendite delle raccolte poetiche sono drasticamente in calo. Un fenomeno interessante riguarda le pubblicazioni: rispetto al passato i testi poetici pubblicati sono numericamente superiori, tenendo anche conto dell’importante contributo del web e dei social network, grazie ai quali si sono diffusi fenomeni come l’instapoetry.

Il poeta e scrittore Cesare Viviani ritiene che alla base di questa diminuzione progressiva della fruizione del testo poetico ci sia il potere esercitato dai media:

Dopo gli anni ’60 i giornali e la televisione hanno avuto uno sviluppo sempre più pervasivo. In seguito, con internet e la telefonia mobile il processo si è accentuato. In una società sempre più mediatica, il cui valore principale è quello della comunicazione, la poesia finisce per perdere spazio e rilevanza. Questo accade perché la poesia è in contrasto con il sistema dominante e ha come riferimento proprio ciò che sfugge alla comunicazione, i limiti della comunicazione stessa. La scrittura poetica si pone altre questioni, lavora sulla bellezza del linguaggio, sulla trasmissione dell’esperienza.

Si parla talvolta di “monopolio del romanzo” in quanto genere egemone. La preferenza nei confronti della narrativa è sicuramente sfavorevole alla poesia italiana. Questa, diversamente dalla lirica anglosassone, raramente si delinea in modo prosastico mentre spesso si esprime secondo una metrica più o meno rigida. Il narratore ha inoltre maggior rilievo, rappresenta pienamente l’élite culturale contemporanea e lo si può osservare dal fatto che oggi sono i narratori a scrivere nelle rubriche dei quotidiani, non più i poeti, come capitava negli anni Settanta.

L’analisi dell’attuale situazione italiana può essere sconfortante per gli amanti del genere, ma nulla è perduto. Leggete, leggete poesia. La poesia è bella, e la bellezza è un valore importante, senza tempo e senza spazio, che è nostro dovere preservare e tramandare.

Non fate morire la poesia.

 



 

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