Salute mentale: nuovi approcci dalla scienza

In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale 2023, tenutasi come ogni anno il 10 ottobre, Ipsos ha riassunto in un articolo i punti salienti di una rilevazione effettuata dall’Ipsos Global Health Service Monitor. Secondo questa ricerca, molti cittadini individuano la salute mentale come il primo problema di cui dovrebbe occuparsi la propria Nazione nell’ambito sanitario. In questo articolo ci domandiamo se il tema può essere guardato con occhio scientifico, evidenziando la connessione tra salute mentale e scienza.

I dati

Il numero di persone che ritengono prioritario il tema della salute mentale è in aumento del 17% in confronto alOpen Day Salute Mentale, il 10 ottobre 2023 visite gratuite negli ospedali della provincia di Pavia - Prima Pavia 2018. In effetti non è difficile rendersi conto del fatto che negli ultimi anni la sensibilizzazione nei confronti di questa tematica è aumentata esponenzialmente. L’Ipsos evidenzia che quasi l’80% degli intervistati ritiene, almeno a livello teorico, che benessere fisico e mentale abbiano la stessa importanza. Tuttavia, il sistema sanitario dei vari Paesi sembra non riuscire a rispecchiare questa visione. Molte persone si dichiarano infatti insoddisfatte della gestione di questo tema da parte del sistema nazionale.

La crescente sensibilità nei confronti del benessere psicologico sta sicuramente stimolando una continua ricerca nell’ambito delle psicoterapie. Queste, infatti, non sono un rigido complesso di tecniche immutabili ma uno strumento in costante rinnovamento. Si parla di “psicoterapie della terza onda” per fare riferimento a quell’insieme di nuove forme di terapia che hanno preso vita negli ultimi vent’anni.

Cognitivismo, comportamentismo e psicoterapie della terza onda

Come è facile intuire, le psicoterapie di terza generazione rappresentano l’evoluzione delle terapie di prima e seconda generazione. Le prime compaiono intorno alla metà del secolo scorso con lo scopo di curare alcune problematiche come fobie, disturbi d’ansia e schizofrenia. Le psicoterapie della seconda onda si inseriscono invece nel contesto del cognitivismo e rappresentano un vero e proprio capovolgimento di prospettiva nei confronti dei processi interni alla mente. Prima, infatti, si negava la possibilità di analizzare da un punto di vista scientifico la mente e le sue “regole”. La terapia cognitiva, che si afferma negli anni Settanta, ha invece ha lo scopo di studiare i “movimenti” psicologici e rimodellare attivamente quei pensieri negativi che conducono a disturbi come la depressione.

È quindi in questo senso che il comportamentismo, modello alla base delle tecniche di prima generazione, si differenzia profondamente dal cognitivismo. Le forme di psicoterapia oggi più accreditate sono quelle che hanno sviluppato un’integrazione sapiente di comportamentismo e cognitivismo e proprio per questo sono denominate terapie cognitivo-comportamentali (o CBT).

Ci stiamo tuttavia affacciando a un nuovo mondo nell’ambito delle “cure” psicologiche che è proprio quello delle tecniche di terza generazione. Il primo a utilizzare l’espressione “terza onda” è lo psicologo Steven Hayes nel 2004, che indica così quella serie di nuove forme di terapia accumunate da alcuni aspetti salienti, ad esempio la grande importanza data agli esercizi di mindfulness e immaginazione. All’interno del gruppo “terza generazione” vengono collocati diversi approcci innovativi; alcuni esempi sono: Acceptance and Commitment Therapy, Terapia metacognitiva, Schema Therapy.

Acceptance and Commitment Therapy (ACT)

L’ACT è una terapia che mira all’accettazione dei pensieri e delle emozioni negative piuttosto che rivolgersi direttamente verso la loro eliminazione. Il paziente viene infatti condotto nell’osservazione dei propri processi interiori sfavorevoli con l’obiettivo di comprenderli. Lo si fa attraverso un atteggiamento non giudicante, mettendo in pratica l’autocompassione e l’autoconsapevolezza. Questo atteggiamento di osservazione si chiama defusione, ovvero un distacco dai propri pensieri che consente di prendere la giusta distanza da essi, poiché spesso è proprio il processo di fusione persona-pensiero che genera sofferenza.

File:L'Hexaflex dell'ACT.png - Wikimedia CommonsIn quest’ottica è fondamentale la connessione con il momento presente ed è qui che si inserisce la mindfulness, una pratica di meditazione che ha origini orientali, centrata proprio sulla connessione con l’esperienza presente. Il paziente viene incoraggiato a mettere in atto dei cambiamenti concreti appellandosi ai propri valori personali, che nella terapia ACT vengono riscoperti e valorizzati, raggiungendo così una flessibilità psicologica in grado di migliorare davvero la salute mentale.

Il punto di forza di questa terapia di terza generazione sta proprio nella sua validazione empirica; infatti, ogni aspetto dei protocolli ACT è basato sulla ricerca di base e applicata. Questo evidenzia quanto le tecniche impiegate nell’ambito della psicologia siano messe a punto seguendo un vero e proprio metodo scientifico.

Terapia metacognitiva

Anche questa tipologia di psicoterapia della terza onda è un esempio significativo di “distacco” dalle terapie cognitive più tradizionali. Infatti, similmente all’ACT, la terapia metacognitiva si basa sulla defusione, con lo scopo di osservare i propri pensieri non per cambiarne il contenuto bensì per comprendere il modo in cui si pensa. Il termine “metacognitivo” significa infatti “oltre il pensiero”.

A mettere a punto la terapia metacognitiva è stato Adrian Wells, che ha intuito che molti disturbi psicologici hanno a che fare proprio con la metacognizione. Durante il percorso terapeutico il paziente è condotto nella modifica della propria CAS (Cognitive Attentional Syndrome), ovvero quell’insieme di modalità di elaborazione delle informazioni e delle emozioni che portano al rimuginio o all’eccessiva preoccupazione. Anche in questo caso si tratta di una tecnica psicoterapica già ampiamente validata da numerosi studi. Essi ne evidenziano l’efficacia nel trattamento dei disturbi depressivi, d’ansia o da stress post traumatico.

Schema Therapy

La schema therapy, ideata da Jeffrey Young, è un esempio di psicoterapia integrata, nel senso che riunisce diverse tecniche anche diverse tra loro.

Un concetto importante nella schema therapy è quello di “mode”, ovvero uno stato corrente, quindi osservabile e concreto, che sperimenta il paziente. Da qui si cerca di risalire alle cause che stanno dietro agli “schemi” che la persona mette in atto in automatico, soprattutto in risposta ad eventi precisi che richiamano in qualche modo un evento negativo del passato.

La fase di riconoscimento è quella iniziale della terapia, generalmente seguita da altre due fasi, ovvero il trattamento e l’autonomia del paziente. Lo step centrale è quello in cui vengono messe in atto le diverse strategie che dovrebbero aiutare a correggere gli schemi ripetitivi dannosi; in questo senso hanno molta rilevanza gli esercizi immaginali ed esperienziali. Ad esempio, il paziente potrebbe essere invitato a ripercorrere una situazione dolorosa vissuta nel passato, spesso caratteristica della sua infanzia, immaginando la presenza di una figura familiare che trasmetta sicurezza. Così si rafforza l’adulto sano presente nella persona, che diventerà in grado di relazionarsi con il suo bambino vulnerabile e la sua parte genitoriale interiori.

Salute mentale e scienza: il metodo scientifico

Tutte queste tecniche, oltre a essere accomunate da alcune metodologie operative, sono caratterizzate dal fatto cheCorpo Mente e Anima Immagine gratis - Public Domain Pictures sono validate da ricerche di tipo scientifico. Da molto tempo, infatti, la psicologia può essere considerata una scienza. Infatti, esiste una vera e propria branca della psicologia, la psicologia generale o sperimentale, che applica il metodo sperimentale scientifico alle funzioni di base della mente.

Un semplice esempio di test proveniente dalla psicologia sperimentale è l’esperimento di Stroop, in cui si chiede al soggetto di identificare il colore con cui sono scritte diverse parole indipendentemente dal loro significato. La conseguenza è che quando si deve leggere la parola “rosso” scritta in verde, la risposta sul colore effettivo usato per scrivere la parola è data molto più lentamente. Per questo l’esperimento di Stroop è un ottimo modo per studiare l’attenzione selettiva. Ancora una volta quindi, il rigore e la sistematicità tipici del metodo sperimentale si rivelano grandi alleati anche di discipline apparentemente lontane dal mondo della scienza.

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