Celiachia: malattia e business

La celiachia in Italia può essere definita come un’epidemia silenziosa. Colpisce infatti l’1% della popolazione nazionale, creando allo stesso tempo un business di prodotti senza glutine che si aggira intorno ai 400 milioni di euro all’anno e vendite in aumento del 6% nel 2023. Un’occasione d’oro per ristoratori e venditori alimentari ma, forse, anche una moda accompagnata da alcuni falsi miti.

Che cos’è la celiachia?

La celiachia è una patologia autoimmune cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Il glutine è la frazione proteica di grano, orzo e segale e quindi si trova principalmente in prodotti quali pasta, pane, pizza, biscotti e snack dolci e salati.

La sua ingestione causa, nei soggetti affetti, un’infiammazione dell’intestino tenue che danneggia i tessuti e porta all’eliminazione dei villi intestinali, responsabili dell’assorbimento dei nutrienti. Quindi, oltre al danno diretto, ne esiste uno anche indiretto, ovvero una possibile malnutrizione dovuta alla mancata assimilazione di sostanze nutritive.

Sintomi e cura

I sintomi che la celiachia presenta sono molto variabili, sia per gravità che per gli organi colpiti. Nei casi più comuni i primi segni si manifestano attraverso dissenteria, gonfiore addominale, dolori addominali, perdita di peso, malassorbimento intestinale, rallentamento della crescita (nei bambini). Altri sintomi che possono esibirsi, anche se raramente, sono perdita dei capelli (alopecia), ulcere o lesioni ricorrenti alla bocca, vomito, disturbi del ciclo mestruale e della gravidanza, riduzione della massa ossea (osteoporosi) oppure stanchezza e affaticamento, dovuto a una carenza di ferro.

Non si può guarire da questa malattia; l’esclusione totale e rigorosa, per tutta la vita, degli alimenti contenenti glutine dalla dieta, è, al momento, l’unica terapia disponibile. Essa risulta efficace in quasi la totalità dei pazienti e determina la scomparsa dei sintomi e la normalizzazione dei valori sanguigni. Qualora il glutine dovesse essere reintrodotto nella dieta, anche dopo anni di benessere, i sintomi ricomparirebbero e potrebbero presentarsi delle complicanze, come l’anemia o l’infertilità.

I numeri in Italia

I dati sulla celiachia vengono raccolti tutti gli anni nella relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, l’ultima aggiornata nell’aprile del 2023 in riferimento al 2021.

In media in Italia vengono effettuate circa 9000 diagnosi all’anno. Nel 2021 i celiaci diagnosticati erano 241.729 celiaci di cui il 70% (168.385) di sesso femminile e il 30% (73.344) di sesso maschile. Tale patologia inoltre risulta concentrata nella popolazione di età compresa tra i 18 e i 59 anni.

Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio nazionale, la Lombardia risulta essere la regione con la percentuale più alta di celiaci (18,2%), seguita da Lazio (10,2%), Campania (9,7%) ed Emilia Romagna (8,1%). Invece le regioni con la percentuale di celiachia maggiore in rapporto alla popolazione sono la Toscana e la Provincia Autonoma di Trento.

Celiachia tra malattia e business

I celiaci sono un target molto ambiti per le aziende alimentari che stanno investendo sempre di più nei prodotti senza glutine, rendendo l’Italia uno dei primi Paesi in Europa per il loro consumo.

Secondo l’Aic, Associazione Italiana Celiaca, il mercato italiano del gluten free nel 2022 ha raggiunto i 400 milioni di euro mentre a livello globale esso muove 1,6 miliardi di dollari annui e dovrebbe espandersi dell’11% entro il 2030. Sempre nello stesso anno sono stati acquistati oltre 10mila tonnellate di pasta e 15mila tonnellate di sostituivi del pane in GDO (Grande distribuzione organizzata), un sistema di vendita al dettaglio tramite supermercati e intermediari di varia natura.

La risposta delle aziende

Il mercato cresce non solo perché è aumentato il numero di diagnosticati ma anche perché non esiste più il monopolio delle farmacie per la vendita di prodotti per celiaci, che si possono acquistare anche attraverso altri canali di distribuzione.

Dal momento che l’offerta si è spostata anche nella GDO, le aziende si stanno adattando: i brand come Agluten che prima rifornivano solo le farmacie, ora si stanno allargando anche supermercati e ipermercati mentre altri brand, in particolare i produttori di pasta come De Cecco, stanno investendo per ampliare la propria offerta a questa nuova allettante categoria di consumatori.

Il settore del senza glutine sta facendo un grande lavoro di innovazione e upgrading qualitativo per soddisfare la crescente domanda e cavalcare questa nuova tendenza, in particolare per diversificare le materie prime, selezionare ingredienti di qualità e migliorare il gusto e la tenuta in termini di cottura. Tra i vari prodotti, quelli che stanno avendo maggiore fortuna sono le paste di legumi, i pani morbidi e gli snack ai cereali.

Tra moda e falsi miti

La dieta senza glutine viene spesso associata a una dieta più salutare e dimagrante e, ad alimentare questa convinzione, contribuiscono a volte anche alcune star e influencer molto seguite. Un esempio è quello di Gwyneth Paltrow che, con il suo libro “The Clean Plate”, dà consigli, suggerisce ricette e racconta la sua dieta “pulita”: tra i vari cibi considerati da lei assolutamente da bandire compaiono anche tutti quelli contenenti il glutine. Ma davvero dobbiamo eliminare tutti i prodotti con glutine per mangiare più sano?

Il gluten free è più salutare?

In Italia sei milioni di persone seguono una dieta per celiaci senza essere intolleranti al glutine, mossi da falsi miti che non hanno nessun fondamento scientifico. La confusione ha creato una moda che sempre più italiani decidono di seguire.

Eventi come “La Settimana Nazionale della Celiachia” che quest’anno si è svolta dal 13 al 21 maggio 2023 hanno come obiettivo quello di sensibilizzare e fornire maggiori informazioni sul tema e quindi di combattere la disinformazione. Giuseppe di Fabio, vicepresidente di Aic, ha dichiarato:

«Nessuna ricerca  ha finora dimostrato qualsivoglia effetto benefico per i non celiaci nell’alimentarsi senza glutine, anzi. Gli studi scientifici stanno ampiamente dimostrando che in chi non è celiaco l’esclusione del glutine è inutile».

Mangiare senza glutine non ha nessun effetto benefico sulla salute né tanto meno sulla diminuzione del peso che dipende solo ed esclusivamente da quantità e qualità nutrizionale degli specifici alimenti abitualmente consumati, nell’ambito dello stile di vita condotto.

Al contrario, l’Istituto Zooprofilattico di Torino ha condotto uno studio per valutare composizione e valori nutrizionali di alimenti senza glutine e dai risultati è emerso che essi contengono una concentrazione maggiore di additivi, zuccheri e olii, smentendo quindi la credenza per cui gluten free significa più dietetico o salutare.

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