In Canada è facile morire? Il dilemma del fine vita

Nella vita di tutti i giorni non siamo solo individui, ma siamo anche parte della società, siamo collettività. Sarebbe ingenuo pensare che le azioni individuali non esercitino un’influenza più ampia, che non oltrepassino il nostro raggio d’azione, ma lo sarebbe altrettanto vietare a priori all’individuo il perseguimento delle proprie passioni, delle proprie pulsioni, in nome di un senso morale teoricamente collettivo e in realtà estremamente frammentato.  

Da quando le società occidentali hanno cominciato ad abbandonare i dogmi, prima incontestabili, sui quali erano state fondate civiltà e nazioni, la contraddizione tra libertà di scelta e agire collettivo è parsa sempre più evidente. David Brooks, giornalista statunitense, affronta il dilemma della libertà di scelta in un articolo pubblicato dal The Atlantic applicandolo a una questione contingente alla realtà: il fine vita.

La legge canadese

Il Canada è passato in pochi anni da non avere affatto una propria legge sull’eutanasia a diventare uno dei paesi più permissivi al mondo. La legge Canadese (MAID) è stata promulgata nel 2016 per assicurare a persone adulte di ricevere un’assistenza medica per morire qualora soddisfino i requisiti richiesti dallo Stato. Fino al 2021 i richiedenti MAID dovevano soddisfare tre richieste: avere una malattia o una disabilità, essere in uno stato di declino avanzato e in una condizione irreversibile; dal 2021 si è aggiunta un’ulteriore possibilità ovvero garantire la MAID a coloro i quali si trovino in condizioni di insopportabile sofferenza che non può essere in alcun modo alleviata. 

La situazione nel 2021

Ma, scrive Brooks nel saggio The Canadian Way of Death, sembra che i criteri espressi con tanta perizia siano stati applicati con maglie molto larghe da parte delle autorità canadesi. Brooks infatti riporta alcuni esempi di casi in cui la MAID è stata concessa anche per casi che non soddisfavano i criteri richiesti e il programma sembra essere fuoriuscito dai suoi argini molto in fretta. Nel 2021 sono state circa 10.000 le persone che hanno fatto ricorso alla MAID,  e anche se questo dato era composto prevalentemente da persone anziane e vicine alla morte la tendenza dimostra che quando si richiede la MAID di solito la si ottiene. Nel 2021 solo il 4% dei richiedenti è stato rifiutato perché le condizioni non sussistevano. 

La modifica del 2023

Ma se fino al 2021 la legge sull’eutanasia canadese, pur essendo più permissiva di quella di molti altri paesi, non aveva destato grande scalpore, quando una modifica è subentrata l’allarme è stato sentito in tutto il mondo, comunità scientifiche comprese. La modifica prevista per il marzo 2023  (ora l’entrata è prevista per l’anno venturo) avrebbe esteso la MAID a persone affette da disturbi mentali, che in Canada sono equiparati a quelli fisici. 

La proposta di legge ha suscitato parecchie perplessità poiché potrebbe diventare potenzialmente rischiosa per persone che si trovano, sì, in condizione di vulnerabilità, ma che potrebbero risolverla ricorrendo ad aiuti statali. Nel corso del 2022 i giornali di tutto il mondo avevano già riportato alcune storie controverse sulle modalità di applicazione della MAID in Canada; aveva destato scalpore il caso di alcune persone con disabilità che non essendo riuscite a ricevere assistenza statale avevano perseguito la MAID come opzione alternativa; o ancora, come riporta Rupa Subramanya su «The Free Press», il caso di una madre che dopo aver scoperto della morte programmata del figlio accedendo di nascosto al suo account sanitario, tenta di mettersi in contatto con il dottore previsto per eseguire l’operazione e, fingendosi un’altra persona e inventando dei sintomi, riesce a ottenere un appuntamento. “Gli incontri li facciamo spesso da remoto, spesso via FaceTime,  Zoom o simili”, le ha risposto il dottore.

Se le storture sono presenti a modifica non introdotta ci sono allora da porsi diverse domande sul cosa accadrà qualora la modifica dovesse entrare in vigore, come previsto, nel 2024.

La nuova questione morale

David Brooks nella sua ampia dissertazione riflette sui limiti che una simile modifica possa implicare sulla società civile, egli suggerisce che una tendenza liberalizzatrice in materia di suicidio assistito porterebbe a far sentire i malati colpevoli di voler vivere, di voler esser curati e dunque supportati. Li potrebbe far sentire un peso, un qualcosa da eliminare. Brooks ritiene che ora la domanda che si pone la comunità canadese non sia più se lo Stato dovrebbe aiutare o meno coloro che soffrono a morire, ma “se vedi qualcuno correre verso un ponte e saltare da lì sopra che cosa devi fare? Correre a tua volta e fermarlo o asserire che quella è una sua autonoma decisione, e dunque, dargli una vigorosa spinta?“.

Brooks ovviamente rischia di essere eccessivamente provocatorio con questa domanda, eppure, se le cose in Canada stanno veramente così, e dunque l’autodeterminazione individuale vince su tutto il resto, anche sulle controindicazioni, forse occorrerà iniziare a ragionare in questi termini e capire se l’individuo è veramente in grado di essere consapevolmente artefice del proprio destino.

FONTI

David Brooks, The Canadian Way of Death, in «The Atlantic», 2023

Raiplay.it/Il-dilemma-del-fine-vita

ilfoglio.it

open.online

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