La Germania al centro. Tra alleanze e cambi di rotta

Dalla sua unificazione sotto il cancelliere Bismarck, lo stato tedesco ha dovuto sempre affrontare una questione geopolitica importante: la sua centralità.

Basta prendere una cartina per vedere che la Germania è geograficamente al centro dell’Europa e questo è stato spesso un problema di non poco conto. Non essendoci grandi difese naturali ai lati, storicamente è stato complesso combattere su due fronti, soprattutto nell’Ottocento e agli inizi del Novecento, quando da entrambi i lati vi erano delle potenze militari considerevoli: la Francia e l’Impero Russo. La sua posizione centrale l’ha posta anche inevitabilmente nel cuore delle questioni politiche europee, insieme a altri fattori, come la sua considerevole popolazione (tuttora la Germania è lo stato più popoloso dell’Unione Europea, con circa 80 milioni di abitanti) e la sua forte base industriale con una forte vocazione per l’esportazione.

La centralità della Germania, sia geografica che politica e economica, è ritornata alla ribalta in questo ultimo periodo con il conflitto in Ucraina. I tedeschi avevano stretto importanti relazioni commerciali con la Russia, con il fine da un lato di ottenere materie prime e risorse energetiche a basso costo (in questo quadro bisogna inserire i progetti del Nord Stream), necessarie per una potenza economica manifatturiera, e dall’altro di avvicinare sempre di più la Federazione Russa da un punto di vista politico, tentando di ottenere relazioni sempre più cordiali, magari con il fine ultimo di rendere la Russia più liberale.

Il 24 febbraio 2022 tutto questo è finito: le sanzioni anti-russe hanno reciso molti legami economici e la Germania si è trovata tra il dover scegliere tra i legami con Mosca e la sua posizione nell’Alleanza Atlantica, optando per la seconda e sostenendo in tal modo lo sforzo bellico ucraino.

Le relazioni russo-tedesche nella storia recente

La situazione in cui si è trovata la Germania all’inizio del conflitto russo-ucraino può essere fatta ricondurre alla fine degli anni ’60 del secolo scorso: in quel periodo l’allora ministro degli esteri, e in seguito cancelliere della Repubblica Federale Tedesca (c.d. “Germania dell’Ovest”), Willy Brandt avviò la politica estera nota come “Ostpolitik“, con lo scopo di riavvicinarsi ai paesi dell’est europeo e diminuire le tensioni acuitesi durante la Guerra Fredda. In particolar modo vennero conclusi trattati con l’Unione Sovietica, venne riconosciuto alla Polonia il territorio a est della linea Oder-Neisse, e, in particolar modo, il governo della confinante Repubblica Democratica Tedesca (c.d. “Germania dell’Est”).

L’ “Ostpolitik” è di fatto continuata fino ai cancellierati di Schroeder e Merkel, contribuendo da un lato a rafforzare i legami economici con la Federazione Russa  tramite l’importazione di risorse energetiche vitali per l’economia e l’industria tedesche (gas e petrolio in primis), e credendo, dall’altro lato, che relazioni economiche sempre più profonde avrebbero portato a altrettante profonde relazioni politiche, e che quindi la Russia, se non nel breve, almeno nel lungo periodo, si sarebbe allineata politicamente con il blocco occidentale in maniera graduale e “indolore” per entrambe le parti.

Il cambio di paradigma

La decisione russa di entrare in territorio ucraino con la forza ha cambiato drasticamente questo paradigma, che è stato un punto importante della politica estera tedesca dagli anni ’70, a volte anche in contrapposizione a alleati storici (in tale contesto bisogna ricordare le proteste statunitensi al progetto del Nordstream 2).

Inoltre le sanzioni anti-russe hanno, nei fatti, posto la Germania in una posizione politico-economica molto complessa: era necessario cambiare radicalmente in poco tempo un pilastro politico della recente storia tedesca, sostenuto da molteplici cancellieri (tra questi, ricordiamolo, niente poco di meno che Angela Merkel), inoltre le sanzioni contro le esportazioni energetiche russe hanno minacciato di impattare in maniera molto negativa il grande potere industriale tedesco.

La Germania si è trovato immediatamente nella necessità di dover sostituire un fornitore di importanza enorme e di dover diversificare i suoi approvvigionamenti: questo ha anche causato una reticenza iniziale nell’emettere sanzioni sempre più dure, un fatto che ha trovato in profondo disaccordo con Berlino gli Stati Uniti e i paesi dell’UE dell’Europa Orientale, in particolar modo le Repubbliche baltiche e la Polonia, accanite avversarie di Mosca.

Il confronto con i partner dell’Est

All’inizio di una nuova era per le relazioni internazionali tedesche, vi è la necessità di ricostruire i rapporti con i paesi dell’Unione Europea dell’Europa dell’Est. I nostri partner orientali (in particolare Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Repubblica Ceca) hanno visto nel corso degli ultimi anni le loro preoccupazioni ignorate da Berlino, che non è riuscita a prevedere l’invasione, anzi, nei fatti, secondo i paesi dell’Est, non ha mai pensato che fosse uno scenario lontanamente possibile.

Questo ha suscitato nei paesi est-europei l’impressione che la Germania fosse o troppo ingenua nel suo approccio con la Russia, oppure, addirittura, che non si preoccupasse delle opinioni dei suoi alleati pur di mantenere i lucrosi rapporti economici con i russi. Visto il concretizzarsi delle preoccupazioni dei suddetti paesi, ciò ha portato a una perdita di fiducia verso la capacità della Germania di presentarsi come una “guida” unificante per l’UE agli occhi orientali.

Bisogna inoltre sottolineare che, da un punto di vista storico, un avvicinamento tra Germania e Russia evoca molti fantasmi per i paesi dell’Europa orientale, dalla cancellazione dalle mappe della Polonia nel 1795, a opera di Prussia, Impero austriaco e Impero russo, fino al supporto sovietico nel riarmo tedesco e nella sperimentazione di nuove armi e, ovviamente, al patto Molotov-Ribbentrop; a tali fatti bisogna aggiungere che le guerre tra Germania e Russia sono state spesso combattute su territori est-europei, portando gravi devastazioni. Quindi l’ingenuità o la supposta malizia tedesche risultano per queste nazioni tutt’altro che rassicuranti e hanno portato storicamente a una naturale sfiducia verso una Germania troppo accomodante verso Mosca.

La posizione tedesca nella NATO

La Germania deve fare anche i conti adesso con una nuova posizione nell’Alleanza Atlantica. La sfiducia che le posizioni tedesche antecedenti il conflitto ha generato nei partner est-europei si è estesa anche in generale al resto della NATO. Secondo un sondaggio congiunto della German Marshal Foundation e della Bertelsman Foundation svolto in quattordici paesi facenti parte dell’Alleanza, con riferimento all’anno 2022, la Germania, rispetto al 2021, è vista come un partner meno affidabile: in particolare, la Germania è vista come affidabile dal 53% dei rispondenti polacchi (un calo di quindici punti) e dal 43% degli intervistati Turchi (con un calo di undici punti); una perdita di fiducia piuttosto rilevante si registra anche in Spagna e negli Stati Uniti (con un calo di nove punti in entrambi i paesi).

In generale la percezione della fiducia nella Germania di aiutare i suoi alleati in difficoltà si è ridotta di circa tre punti nel quadro generale dei paesi interrogati dal sondaggio. Lo sforzo diplomatico tedesco dovrà quindi essere mirato a presentarsi ai vari partner come un alleato politicamente e militarmente affidabile. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, la Germania dovrà inoltre invertire la sua rotta per quanto riguarda le sue forze armate; dovrà investire maggiori fondi, incrementare la produzione di materiale bellico (anche nella prospettiva di un supporto nel lungo periodo dello sforzo bellico ucraino) e dimostrarsi militarmente più capace se vuole essere considerata più seriamente dai suoi alleati.

La centralità della Germania

In conclusione, però, bisogna affermare che il cambio di rotta politico della Germania non riguarda solamente la politica tedesca, ma investe tutti i partner del blocco politico occidentale: esso deve essere inserito nella ricerca di una nuova unità di fronte alle sfide geopolitiche attuali e future, in Europa, come anche in Africa, America del Sud, Asia e Oceania. Sempre in quest’ottica bisogna inquadrare l’interesse di Svezia e Finlandia nella NATO, fatto che ha contribuito a rivitalizzare l’Alleanza.

La Germania, in quanto paese più importante dell’Unione Europea e al centro (non solo geografico) delle vicende politiche e economiche europee, risulta quanto mai importante per rinsaldare l’unità europea di fronte alle nuove sfide che la storia presenta al Vecchio Continente, e che, senza la presenza tedesca, risultano difficili sia da comprendere che da affrontare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.