We Are Social e la disuguaglianza di genere sul posto di lavoro

We Are Social: il sessimo nel mondo della comunicazione

«We are social, a global socially-led creative agency» (trad. We are social, un’agenzia creativa globale orientata al sociale). È questa la prima frase che si legge all’interno del sito web dell’agenzia di comunicazione. Nelle ultime settimane però, la notorietà di We Are Social è aumentata per qualcosa di molto lontano dal concetto di socially-led.

We are (too much) social

Nelle scorse settimane è diventata virale una notizia che ha coinvolto oltre ottanta dipendenti dell’agenzia creativa We Are Social. La notizia riguardava il leak (fuoriuscita) di alcune chat tra colleghi, tutti uomini, contenenti foto e commenti sulle loro colleghe di lavoro. Il fatto, in realtà, è avvenuto più di sei anni fa, nel 2017 ma è tornato alla ribalta dopo un’intervista a Massimo Guastini. Il noto pubblicitario italiano, parlando di sessismo nell’ambiente della comunicazione, ha citato una «chat in cui numerosi uomini catalogavano le colleghe». La chat a cui si riferiva Guastini ora ha un nome ed è “Chat degli 80”, così chiamata proprio per il numero di partecipanti attivi al suo interno.

L’esistenza di questa chat è stata scoperta da una ex dipendente dell’agenzia creativa, Zahra Abdullahi, che, all’epoca ventiquattrenne, aveva scoperto questa chat parlando con un altro suo collega, che ne faceva parte. Nella maggior parte delle conversazioni i partecipanti – dai nuovi entrati a chi ricopriva posizioni di responsabilità – giudicavano le loro colleghe, ne valutavano alcune parti del corpo e si interrogavano sui loro gusti sessuali.

Dopo qualche settimana Zahra aveva deciso di confidarsi con alcune colleghe e, successivamente, si era rivolta all’area delle risorse umane. Il risultato? La chat è stata chiusa e non se ne è più parlato. Nessuno dei tre fondatori dell’agenzia era all’interno della chat e tutti hanno etichettato il comportamento dei dipendenti come irrispettoso e ignobile. Nonostante ciò, alla chiusura della chat non è seguito nessun richiamo formale, nessuna comunicazione ufficiale e, tantomeno, nessun licenziamento.

Ancora oggi, alcuni dei partecipanti dell’ormai ex “chat degli 80” lavorano per We Are Social, in posizioni sempre più di rilievo.

La disparità di genere nella società

Per superare discriminazioni di genere all’interno della società, è anzitutto necessario comprendere cosa si intenda per “genere” e, ad esso, applicare un approccio intersezionale. I gender studies, nati intorno agli anni Settanta, considerano il genere come un processo sociale – e non biologico – attraverso cui l’individuo assimila valori, modelli e norme. Per questo, il genere femminile e il genere maschile dovrebbero trovarsi in una posizione di dialettica e non di antagonismo. All’interno di quest’ultima, gli stereotipi di genere diffusi a livello socio-culturale dovrebbero essere abbattuti lasciando spazio a un mutuo arricchimento.

Per riuscire ad abbattere tali stereotipi è necessario accettare che il punto di vista maschile sulla realtà è solo parziale e che, in quanto tale, presuppone l’esistenza di numerosi altri punti di vista, che allargano la visuale. In questo modo è possibile realizzare che il punto di vista maschile non è unico né dominante e che, valorizzando le specificità di entrambi i generi, si potrà tendere all’uguaglianza.

Ad oggi la situazione, in Italia come in Europa, è ancora lontana dall’arrivare ad un punto di svolta e ad una conseguente, se non eliminazione quantomeno attenuazione, degli stereotipi di genere. Il caso di We Are Social ne è l’esempio: giovani donne commentate per il loro fisico, giudicate non in quanto donne ma in quanto corpi a disposizione degli uomini e le cui azioni erano tutte giudicate non come scelte personali ma unicamente come modo per attirare l’attenzione.

L’importanza della sensibilizzazione

La parola “sensibilizzazione” spesso spaventa: sembra portare con sé un gravoso onere cui tutte le persone dovrebbero rispondere. Non è così. Ogni giorno, in tutte le situazioni sociali, ognuno è in grado di sensibilizzare le persone con cui condivide alcuni momenti della propria vita. La sensibilizzazione sulla disparità di genere è uno degli argomenti in cui, pur partendo dal proprio piccolo, è possibile davvero fare la differenza.

Per quanto sembri scontato, fare attenzione al proprio vocabolario è il primo passo: riflettendo su numerose espressioni del vocabolario italiano non è difficile comprendere come la maggior parte di esse esistano, o si rivolgano, al genere femminile e più raramente a quello maschile. Questo avviene a causa di una rappresentazione socio-culturale per cui la donna viene spesso vista o giudicata secondo fattori estetici, più che intellettuali. Comportamento raramente destinato all’uomo.

Entrando ancor più nello specifico, anche l’associazione di determinati tipi di lavoro all’uomo o alla donna è una forma di sessismo che necessita di essere sradicata. Ad oggi, nel 2023, sono ancora poche le donne che ricoprono ruoli di responsabilità e non è raro vedere la donna associata alla famiglia e l’uomo alla carriera.

Gli esempi sarebbero numerosi ma non sarebbe utile elencarli tutti. Il sessimo e la disparità di genere non rispecchiano i valori di una società moderna come quella in cui viviamo, eppure sono ancora troppo frequenti. Agire nella propria sfera privata è di immensa utilità per portare a dei cambiamenti che, nel tempo, permetteranno di fare davvero la differenza.

La punta dell’iceberg

Ciò che va messo in luce è che il caso di We Are Social non è un caso isolato, ma è riflesso di una mentalità e di una cultura propria della società odierna. Questo non rende meno grave quanto accaduto ed è giusto condannare i comportamenti sessisti di chi ha alimentato queste discriminazioni sul posto di lavoro. Non sarà così però che il problema si risolverà e tutto ritornerà come prima. Il sessismo e le discriminazioni di genere affondano le radici molto più in profondità e questa è solo la punta dell’iceberg. Per portare avanti un cambiamento sono necessarie politiche anti-discriminazione e formazioni sul rispetto e l’uguaglianza di genere. Solo nel momento in cui il genere femminile non verrà considerato come subordinato e alle dipendenze di quello maschile, eventi come questi diventeranno sempre più rari, fino a scomparire.

 

Fonti

Il Post

YouGov

Crediti

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