L’overtourism e la chiusura delle mete turistiche

Nel 2016 il magazine «Skift» rilascia un articolo coniando e utilizzando per la prima volta il termine overtourism, in italiano “sovraturismo”, per indicare i problemi causati dal turismo sul fragile ecosistema islandese.

Il neologismo overtourism è stato poi inserito nel 2018 nel dizionario «Oxford», definendolo così:

Un numero eccessivo di visite turistiche a una destinazione o a un’attrazione popolare, con conseguenti danni all’ambiente locale e ai siti storici e un peggioramento della qualità della vita per i residenti.

Per quanto riguarda i luoghi naturalistici, quali spiagge, oasi, montagne, parchi, il turismo deve rispettare l’ecosistema originale, la fauna, la flora e i vari microclimi. Per quanto riguarda le città, i siti storici e artistici, il turismo non deve intaccare negativamente la cultura locale e la vita quotidiana dei residenti. Quando tutto ciò non accade si parla di overtourism, cioè un turismo insostenibile dal punto di vista ambientale e sociale che porta nel tempo alla rovina della destinazione.

Come mai c’è troppo turismo?

Le persone che viaggiano crescono esponenzialmente: l’Organizzazione Mondiale del Turismo prevede movimenti di 3 miliardi di persone all’anno entro il 2030 mentre attualmente i dati mostrano spostamenti di circa 1,4 miliardi.  I viaggiatori si concentrano in pochi posti che possono essere universalmente famosi, come le città d’arte italiane, oppure diventano famosi grazie alla cultura di massa, ovvero ai film, ai social media, o ancora a causa del costo ridotto della vita o della facilità con cui si possono raggiungere con crociere o a voli low cost.

La responsabilità dei film…

Il cineturismo, ovvero il turismo generato e influenzato da film o serie tv, ha portato in alcuni casi a vere e proprie catastrofi. Emblematico in questo senso è il caso di Maya Bay in Thailandia dove è stato girato il film The Beach con Leonardo Di Caprio. La baia, costituita da rocce calcaree, spiagge bianche e acqua cristallina è stata presa d’assalto da circa 4000-5000 turisti al giorno e, secondo gli esperti, il 77% dei coralli è a serio rischio a causa dei danni causati dalle ancore delle barche.

Per un paese come la Thailandia, il cui PIL deriva quasi per il 30% dal turismo, non è facile bilanciare l’attività economica necessaria per lo sviluppo e il sostentamento del paese e la tutela ambientale di determinati luoghi chiave del suo territorio. In questo caso però il governo ha deciso di intervenire prima che fosse troppo tardi: da maggio a settembre 2018 la baia è stata chiusa completamente per consentire una tregua e riaprire con un limite giornaliero di 2mila turisti e il divieto di attraccare le barche in acque poco profonde. Dal 2018 le chiusure sono state sistematiche per periodi tra i due e i sei mesi.

… e dei social media

Anche i social media, in particolare Instagram, possono essere la scintilla da cui nasce un eccesso di turismo.

La Train Street di Hanoi, capitale del Vietnam, ne è un esempio: per decenni è stata solo una via della città in cui passava un treno diverse volte al giorno fino a che non è stata scoperta dagli influencer che hanno cominciato a postarla e ripostarla.

All’improvviso è stata presa d’assalto, diventando una delle mete più famose del paese e i locali hanno intuito il potenziale economico: sono stati aperti ristoranti e bar (spesso abusivi) in cui sostare in attesa del treno. Le autorità hanno optato per la chiusura a ottobre 2019 per risolvere il problema dell’inquinamento acustico, delle irregolarità delle attività e della sicurezza.

Overtourism italiano

Secondo un report rilasciato da «Responsible Travel», nel mondo le mete che hanno maggiori problemi di gestione del turismo sono novantotto in sessantatré paesi diversi e tre di queste si trovano in Italia: Firenze, Roma e soprattuto Venezia.

In Italia imporre un numero massimo di accesso a città o territori non è consentito dalla legge perché violerebbe l’articolo 16 della Costituzione che sancisce la libertà di movimento e circolazione in qualsiasi parte del territorio nazionale. Nonostante ciò il problema dell’eccesso di turismo è reale non solo nelle città d’arte ma anche nei luoghi naturalistici fragili e a soffrirne non è solo la natura ma anche i residenti.

Il coraggio turistico di Bolzano

La provincia autonoma di Bolzano, dopo la pandemia e il ritorno dei turisti, ha deciso di imporre un numero massimo di posti letto pari a 230mila perché con il grande afflusso turistico la popolazione residente ha sempre più difficoltà a trovare alloggi residenziali.

Il motto è “TourisMut“, coraggio turistico, un appello alla politica e agli operatori turistici affinché prendano scelte controcorrenti per favorire un turismo di qualità. Tra le varie azioni messe in programma dalla provincia di Bolzano ci sono nuovi criteri di classificazione delle attività, premiando con una stella verde chi sceglie di diventare più sostenibile e usare prodotti locali.

Arnold Schuler, assessore al turismo, ha dichiarato come la politica intrapresa sia volta alla tutela della cittadinanza e alla destagionalizzazione per attrarre la stessa quantità di turisti in tutti i periodi dell’anno senza picchi eccessivi.

La gestione tecnologica delle Cinque Terre

I cinque pittoreschi borghi liguri sono da sempre meta turistica nonostante la fragilità dell’ecosistema. Nel 1999, per garantire una maggiore tutela, sono stati decretati Parco Nazionale e l’area, che conta cinquemila abitanti, accoglie annualmente due milioni di visitatori.

Negli anni i sentieri sono stati vittime dell’usura e dell’erosione delle coste, il percorso tra Manarola e Riomaggiore è stato chiuso nel 2012 a causa di una frana che ha ferito dei turisti australiani. Il dibattito sulla gestione sostenibile della zona è sempre attuale e per ora le autorità del parco stanno testando un’app per il controllo dei flussi. Tutti i turisti potrebbero monitorare in tempo reale la quantità di persone sul sentiero, quando compare un segnale rosso significa che la capacità massima è stata raggiunta e possono decidere se unirsi o meno, in questo caso facendo molto affidamento sul senso civico e di responsabilità del singolo. In futuro si pensa di sperimentare anche liste di attesa virtuali.

Venezia, l’emblema dell’overtourism

Almeno da un decennio si parla di sfruttamento intensivo della città di Venezia ma ancora non sono state prese delle posizioni severe e coraggiose come quelle di Bolzano. Venezia sta diventando la città dei “non luoghi” in cui alberghi, bed&breakfast e, recentemente, Airbnb stanno diventando padroni.

Il “non luogo” nasce dalla privazione di un centro storico della sua anima, ovvero gli abitanti con al loro storia, tradizione e tessuto sociale. Ogni anno vanno via 1200 abitanti, circa 100 al giorno, a causa della difficoltà di trovare alloggi con prezzi sostenibili oppure perché chi è proprietario preferisce spostarsi nella zone limitrofe per aumentare i guadagni passivi derivanti dalle piattaforme come Airbnb.

Venezia rischia più che mai di diventare vuota ed essere trasformata in dormitorio di lusso, ad uso e consumo del turismo di massa. I posti letto del settore alberghiero sono 32.562, mentre quelli delle locazioni extra alberghiere, Airbnb e simili, sono 49.270. Il rapporto 2:1 tra visitatori e residenti (49.362) sta per diventare realtà, ponendo maggiore attenzione e emergenza alla questione della sopravvivenza del capoluogo veneto.

La popolazione che resiste

I pochi residenti superstiti si organizzano in comitati civici per denunciare la mala gestione e l’erosione della città, non solo in termini umani.

Venezia sta sprofondando letteralmente, le fondamenta si abbassano poiché vengono erose dal moto ondoso causato da un traffico sempre più congestionato: i vaporetti dell’ACTV, azienda del trasporto pubblico veneziano, sono presi d’assalto da 90mila turisti al giorno, oltre a taxi privati e alle tipiche gondole. Non esiste più la differenza tra alta e bassa stagione da dopo il Covid-19 che dava un minimo di respiro alla città.

Oltre a ciò si aggiunge il tema del vandalismo e dei rifiuti. Ogni anno, a fronte dei 25 milioni di turisti, vengono vendute 50 milioni di bottigliette di plastica che finiscono per strada e nei canali. Le fontanelle non vengono incentivate né aumentate ma spesso sono sigillate per l’emergenza idrica.

Il turista medio è anche poco educato e inconsapevole, le visite sono superficiali e si limitano alle zone principali come Rialto e San Marco. Le regole ci sono ma non vengono rispettate; tra i comportamenti non consentiti, oltre a non mangiare né bere per terra, non sedersi né sdraiarsi su rive e fondamenta, monumenti, ponti, gradini, passerelle per l’acqua alta, ci sarebbe anche quello di non circolare a torso nudo né in costume da bagno e di non bagnarsi, tuffarsi o nuotare nei canali.

Possibili prese di posizione

Il Consiglio Comunale sta vagliando diverse opzioni per attenuare la situazione e avere maggiore controllo sul turismo. Da un lato ci sarebbe la proposta di un provvedimento che preveda in alcune giornate un sistema di prenotazione per accedere al centro storico e la richiesta di un contributo d’accesso. In questo modo sarebbe possibile conoscere i numeri e prevedere gli arrivi.

La seconda riflessione riguarda la regolamentazione degli affitti brevi per poter gestire la messa a disposizione di alloggi per turisti e tutelare la popolazione che desidera ancora vivere in città o che potrebbe essere incentivata a tornarci affinché Venezia resti dei veneziani prima che sia troppo tardi.

 

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