Sport e violenza: un legame inscindibile?

Nina Corradini, ex ginnasta della Nazionale di ginnastica ritmica dal 2019 al 2021, è stata la prima in Italia, in un’intervista rilasciata a «Repubblica» a dicembre 2022, ad aprire il vaso di Pandora sul tema della violenza psicologica e fisica subita nel centro tecnico federale di Desio (MB). Lì dove si allenano le Farfalle azzurre, ovvero le atlete della squadra nazionale di ginnastica ritmica, Nadia ha subito abusi di potere, pressioni psicologiche e privazioni di cibo e, dal momento della sua denuncia, moltissimi altri hanno seguito il suo esempio e raccontato la propria storia.

Lo scandalo che ha travolto il mondo della ginnastica ritmica ha posto l’attenzione su una questione molto più ampia di quanto si fosse immaginato: la violenza nel mondo dello sport ad alto livello. Basandosi su inchieste, ricerche e testimonianze, il problema non riguarda solo la ginnastica ritmica e neanche solo l’Italia. Migliaia sono le storie che arrivano da altri sport e da altri Paesi e anche gli atleti olimpici più vincenti hanno dichiarato di essere stati vittime.

La normalizzazione degli abusi nello sport

Secondo i dati forniti dal Coni, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in Italia i tesserati alle Federazioni Sportive Nazionali sono 4,2 milioni: di questi il 28,2% sono donne e il 54,8% sono minori. Nonostante ciò, nei regolamenti federali non vi sono leggi che puniscano esplicitamente le violenze di genere e gli atti di pedofilia. Tra il 2017 e il 2020, oltre quaranta processi per abusi sessuali sono stati condotti contro tesserati nel mondo dello sport italiano ma nessuna federazione prevede l’obbligo di radiazione per chi è accusato di tali reati.

Dopo Corradini, anche le ex atlete Anna Basta e Giulia Galtarossa hanno denunciato le vicende vissute al centro di Desio, così come la campionessa di ginnastica artistica Vanessa Ferrari che non si è detta stupita da quanto emerso dalle colleghe. Storie di umiliazioni, attacchi di panico e ossessioni per il dimagrimento che le hanno spinte fino ad assumere lassativi e poi, in alcuni casi, anche al ricovero per disturbi alimentari.

Il fenomeno degli abusi a danni dei giovani atleti e atlete esiste e spazia dalla violenza psicologica e verbale a quella fisica e sessuale. I ragazzi possono diventare prede vulnerabili, specialmente durante le lunghe trasferte o a causa di un rapporto non sano con il proprio allenatore. Dati preoccupanti sono emersi dalla ricerca Cases, uno studio che indaga gli abusi sui bambini all’interno dei contesti sportivi in diversi Paesi europei: il 75% degli oltre diecimila minorenni intervistati ha affermato di essere stato vittima di abusi almeno una volta nell’ambito sportivo. Primeggia la violenza psicologica (65%), seguita da quella fisica (44%), quella sessuale senza contatto (35%) e sessuale con contatto (20%).

Gli scandali statunitensi e non solo

Eclatante è il caso Larry Nassar, medico della squadra nazionale di ginnastica artistica statunitense, che nel 2018 è stato condannato a 100 anni di carcere per aver abusato di oltre 500 atlete nel corso della sua carriera. Dall’indagine è emerso che il fenomeno non era circoscritto ad una sola persona ma anche ad altri membri dello staff, responsabili del quadro di maltrattamenti e abusi corporali ed emotivi. Nel documentario di Netflix del 2020, Atleta A, viene mostrato questo sistema di manipolazione della USA Gymnastics, la federazione statunitense di ginnastica artistica, che si approfitta dei sogni di giovanissime atlete e della loro condizione di vulnerabilità e nel quale il confine tra allenamento rigido ma rispettoso e comportamento abusante non è ben definito. Anche Simone Biles, pluricampionessa olimpica di ginnastica artistica, ha affermato di essere stato vittima di Nassar ma, nella sua testimonianza, ha anche specificato:“Io accuso Larry Nassar e accuso anche un intero sistema che ha permesso e perpetrato il suo abuso.”

A ottobre 2022 un rapporto pubblicato da Sally Q. Yates, ex procuratore generale della National womens’ soccer league (Nwsl), la federazione di calcio femminile degli Stati Uniti, ha messo in luce la cultura tossica e sessista di questa realtà, che normalizza, già dalle categorie più giovani, intimidazioni e insulti fino al controllo maniacale del peso e della forma fisica e che confonde i limiti tra atleta e allenatore.

La violenza come strumento per il successo

Da tutti i rapporti e le ricerche condotte in diversi sport e in diversi Paesi emerge sempre una “cultura della paura” e una “tirannia della bilancia”, ovvero una normalizzazione di comportamenti nocivi e aggressivi perpetrati da coloro che dovrebbero tutelare i ragazzi e una gestione del peso ossessiva che spesso conduce a disturbi alimentari seri. Il problema principale è che tali fenomeni sono considerati normali e, spesso, addirittura funzionali al raggiungimento di determinati successi sportivi. Geritt Beltman, ex allenatore della nazionale di ginnastica artistica olandese, credeva che la violenza fosse l’unico modo per sviluppare una mentalità vincente, come dichiara in un’intervista al giornale «Noordhollands Dagblad»:“Volevo vincere a tutti i costi, oggi me ne vergogno profondamente”.

Verso una maggiore tutela degli atleti

A fronte di una crisi del sistema sportivo internazionale così profonda, è necessario implementare dei cambiamenti in primis per tutelare i bambini e rendere le palestre posti davvero sicuri. Secondo la giornalista Daniela Simonetti, autrice del libro “Impunità di gregge: sesso, bugie e omertà nel mondo dello sport“, il primo passo da fare è approfondire la formazione di allenatori, assistenti e istruttori con percorsi dedicati al rapporto, al linguaggio e al comportamento da utilizzare con minori in età evolutiva.

I genitori devono essere coinvolti e devono avere il diritto di chiedere informazioni sull’allenatore e sulla presenza di codici di tutela di minori all’interno della palestra. Infine, servono enti esterni per le indagini ovvero una commissione indipendente di inchiesta che si occupi di tutti i casi di denuncia e che accerti la responsabilità di tali atti senza nessun componente federale, del CONI o del Governo al suo interno, in modo da essere imparziale e oggettiva.

Change the game

La stessa Simonetti nel 2017 ha fondato la prima associazione italiana contro gli abusi sessuali nello sport, chiamata Change The Game. L’associazione aiuta le vittime e le loro famiglie nel percorso di denuncia davanti a organi di giustizia ordinaria e sportiva. Dal 2018 a al 2021, l’associazione ha presentato, per conto di vittime di reati di abusi su minori, sei esposti alle Procure federali con conseguente sospensione di un istruttore e radiazione di altri due, come risultato delle misure adottate dagli organi di giustizia. Secondo la giornalista, lo scandalo nato dalla ginnastica ritmica italiana affonda le proprie radici in un clima di disattenzione e superficialità rispetto ad episodi che non sono mai stati trattati con la dovuta rigorosità e che, con il tempo, sono diventati così sistematici da diventare la normalità.

FONTI

Valigiablu.it

Noordhollands Dagblad

Repubblica.it

Coni.it

CASES Project Report

Altreconomia.it

USSoccer.com

ChangetheGame.it

Daniela Simonetti (2021), Impunità di gregge: sesso, bugie e omertà nel mondo dello sport, Chiarelettere, Milano

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