“22.11.63”: fare i conti con il passato

22.11.63 è la miniserie, tratta dall’omonimo romanzo di Stephen King, che racconta la morte di John Fitzgerald Kennedy. Proprio come insegna il maestro King, racconta in maniera drammatica uno dei momenti più catastrofici della popolazione americana.

Il passato, tutti facciamo i conti con il nostro. Sarebbe bello tornare indietro, anche solo di cinque minuti, per poter cambiare il futuro. Riavere indietro un amore finito o una persona cara scomparsa, insomma cose che nel presente non abbiamo. Ma, purtroppo, questo nella vita vera non è possibile. Il grande orologio che pende sopra le nostre teste si muove solo in senso orario, è un efferato assassino dei sogni.

Tutto ha inizio con Jake Epping (interpretato da James Franco) che, mentre è seduto alla tavola calda di Al (interpretato da Chris Cooper), scopre dell’esistenza di un portale che riporta indietro nel tempo fino al 1958. C’è un progetto che Al porta avanti da anni e che non è mai riuscito a portare a termine: impedire l’omicidio di JF Kennedy, e quindi del fratello Bob, e di Martin Luther King, evitando gli scontri razziali e la guerra nel Vietnam. Al non ha più alcuna possibilità di tornare indietro nel tempo, il passato si è opposto ai suoi cambiamenti e il caso vuole che al ritorno dal suo ultimo viaggio indietro nel tempo si sia ritrovato malato di tumore. Proprio per questo motivo chiede a Jake di portare avanti la sua missione. Inizialmente Jake è un po’ restio a farlo ma si lascia trasportare dal progetto: l’obiettivo è fermare Lee Oswald.

All’altro lato del portale ci si trova dinanzi a una fabbrica tessile di Lisbon Falls alle 11:58 del 9 settembre 1958. Al suo ritorno nel presente sembrano essere passati solo due minuti. Inizia così la nuova vita di Jake nel 1958, con il nome di George Amberson. Quello che, però, non si aspettava di trovare negli anni Sessanta è proprio l’amore. Nel momento in cui Jake incontra Sadie (interpretata da Sarah Gadon) sembra quasi che preferisca vivere nel passato piuttosto che nel presente. 

Una serie e un libro in cui sono tante le corde che Stephen King vuole andare a toccare, a cominciare dalla possibilità di tornare indietro nel tempo, un segreto desiderio di tutti quanti. Se questa possibilità viene data a un americano (e si sa che gli americani sono molto patriottici), vederlo nel tentativo di salvare il mondo dalla morte di Kennedy, avvenuta proprio il 22 novembre del 1963, è il minimo.

Eppure, forse il mondo con Kennedy non è così roseo come ce lo immaginiamo, ma è una cosa che Jake non prende nemmeno in considerazione. Si lascia trascinare da questa nuova missione che la vita gli dà, dopo anni sterili passati a insegnare e a impiegare le sue energie in un matrimonio fallito. Forse, anche per questo motivo l’incontro con Sadie gli stravolgerà la vita, sarà una boccata d’aria fresca in un’esistenza che gli ha regalato la felicità ma solo con il contagocce. E il passato conosce esattamente il punto debole di Jake da colpire, quando vuole punirlo per ciò che ha fatto.

Lei mi prende per mano come una donna in un sogno. Ed è davvero in un sogno, e anch’io. Come tutti i dolci sogni, sarà breve… ma la brevità è la chiave della dolcezza, no?

(Frase dal libro)

Otto episodi trasmessi su Hulu e Infinity, i cui produttori esecutivi sono JJ Abrams e Stephen King. Fotografia e sceneggiatura si incastrano alla perfezione, regalando al pubblico il perfetto mix tra libro e film, un equilibrio. Ovviamente la serie non rispetta al cento per cento quella che è la trama del libro, ma è una necessità dettata dal limite temporale della serie tv.

Consigliato a chi ha voglia di farsi prendere dagli anni Sessanta e conoscere l’America di quel periodo, chi non può fare a meno del grande King e dei suoi toni un po’ macabri. Dedicato soprattutto a chi, in tutto questo viaggio, non può fare a meno dell’amore. E se lo dice Stephen King…
Perché sarebbe bello tornare mille volte indietro per cambiare anche solo una virgola o rifare proprio tutto alla stessa maniera. Fino a scoprire che, andando avanti, tutto sommato non è poi così male. E poteva andare peggio.

FONTI

wired.it

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