I conflitti di interessi del governo Meloni

Daniela Santanchè, Guido Crosetto, Gennaro Sangiuliano e Claudio Durigon. Tre ministri e un sottosegretario. Il denominatore comune? Un potenziale conflitto di interessi.

Una premessa fondamentale

La normativa attualmente vigente che regola il tema del conflitto di interessi per i titolari di cariche di governo è la legge del 20 luglio 2004 n.215. Essa impone di dedicarsi in modo esclusivo alla cura degli interessi pubblici  e, di conseguenza, di astenersi da altre attività in ambito pubblico e privato. Si specifica inoltre la sussistenza di incompatibilità nell’esercitare attività in materie connesse con la carica di governo per i dodici mesi successivi alla cessazione del ruolo istituzionale. Questo dovrebbe aiutare i governanti a non cadere nella tentazione di approfittare della loro posizione per ottenere un vantaggio personale. Entro trenta giorni dalla nomina gli interessati devono presentare le dichiarazioni sulle situazioni di incompatibilità, sui propri dati patrimoniali e sulle attività relative ai tre mesi precedenti. Vengono inoltre forniti i dati dei propri parenti fino al secondo grado per scongiurare derive nepotistiche. L’ammissibilità della situazione viene valutata da una commissione dell’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) che monitora il conflitto di interessi.

Crosetto e Santanchè

Le vicende, ormai note, legate al presente esecutivo sono state oggetto di diversi articoli e discussioni politiche. In breve, da un lato la questione verteva sull’ammissibilità a guida del Ministero del Turismo di Daniela Santanchè, politica e imprenditrice in vari settori tra cui quello balneare. Dall’altro si trovava la nomina di Guido Crosetto a ministro della Difesa, dopo che per anni ha lavorato come consulente per le più importanti aziende con cui ora ha a che fare. I due casi, per quanto diversi, hanno molto in comune. Innanzitutto, il fatto che entrambi, come prevede la normativa sopracitata, si siano dimessi dai loro ruoli e abbiano ceduto o liquidato le loro quote accedendo senza problemi ai rispettivi ministeri nel governo Meloni.

L’altro punto di tangenza tra le loro posizioni riguarda il fatto che entrambi potrebbero essere un’ottima scelta per l’amministrazione (sono in quota FdI), proprio in virtù del loro profilo professionale potenzialmente in conflitto di interessi. Infatti, chi potrebbe essere più esperto in materia di difesa del Presidente della Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (AIAD), nonché già consulente di prim’ordine di altre aziende compartecipate dallo Stato? E lo stesso, chi meglio di un’imprenditrice con uno stabilimento che fattura quattro milioni può conoscere le vere esigenze del settore e i problemi tecnici e burocratici con cui ogni giorno chi lavora deve fare i conti? Due domande non retoriche, per ora, da lasciare aperte.

Claudio Durigon e i conflitti di interessi

Per parlare di Claudio Durigon, sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dell’attuale governo, si deve parlare di conflitti di interessi al plurale. Non è, infatti, la sua prima esperienza come sottosegretario (nel Conte I con lo stesso ruolo, con Draghi al ministero dell’Economia e delle Finanze). E non è nemmeno la prima volta che rimane invischiato in questioni in cui la sua posizione istituzionale risulta poco nitida. Da ultima la questione sull’acquisto di un appartamento a Roma precedentemente posseduto da Enpaia (Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura). Articoli del quotidiano «Domani» evidenziano il prezzo di favore a cui l’immobile è stato ceduto a Durigon, a maggior ragione dal momento in cui il contratto di locazione non era a suo nome, ma in capo al sindacato UGL di cui nel 2017 era vicesegretario. Ad aver pagato l’affitto in questi anni, stando alle dichiarazioni dell’Enpaia, non è stato il politico leghista, ma il sindacato. Altri consistenti dubbi sulla figura di Durigon sono emersi in passato nel corso dell’inchiesta di «Fanpage» sui 49 milioni della Lega.

L’insospettabile direttore del Tg2

Se Crosetto e Santanchè, in quanto esponenti politici del partito di maggioranza ed esperti in materia, svicolano dal problema del conflitto di interessi (e se la posizione di Durigon non è ancora chiarita e, forse, non è imputabile a un esplicito conflitto di interessi rispetto al suo ruolo istituzionale) allora verrebbe da chiedersi: dove potrebbe essere il problema?

Curiosamente, ma soprattutto silenziosamente, a farlo emergere in tutta la sua chiarezza è Gennaro Sangiuliano. Il ministro della Cultura è stato direttore del TG2 dal 2018 e ha alle sue spalle una ventennale carriera giornalistica in Rai.

Gennaro Sangiuliano, Ministro della Cultura

Candidato perfetto per essere ministro in quota “tecnica”, cioè come specialista nell’ambito non necessariamente affiliato da un punto di vista politico. Eppure Gennaro Sangiuliano è tutto fuorché estraneo all’ambiente politico di Fratelli d’Italia. Da giovane militò nel Movimento Sociale Italiano, arrivando addirittura alla candidatura con la coalizione di destra “Casa delle Libertà” nel 2001. Nella storia più recente lo ritroviamo non solo presente alla conferenza programmatica di FdI della primavera 2022, ma anche fautore di un’introduzione sul tema del conservatorismo italiano. Niente di male, si intende, che un giornalista, anche in Rai, abbia le proprie idee politiche e la propria appartenenza ben radicata. Il problema sta nella compatibilità dei ruoli e nella marcatura dell’espressione di questo credo politico. 

Il conflitto di interessi a posteriori

Per rimanere sul caso Sangiuliano, un episodio su tutti può fungere da faro per affrontare la questione. È il 21 luglio 2022 ed è appena successo quello che nessuno, per davvero, credeva possibile. Mario Draghi ha rassegnato le dimissioni. La situazione politica è molto incerta, o per lo meno più del solito. Dopo il Tg2 delle 20:30 ha inizio la puntata in diretta di approfondimento, il Tg2 Post. Gli ospiti della serata sono Giorgia Meloni e il direttore Sangiuliano.

Quella che dovrebbe essere un’intervista o un dibattito tra i due diventa la prima puntata della campagna elettorale della leader di Fratelli d’Italia. Nessun contraddittorio o domanda scomoda, nessuna interruzione. In una serata di confusione della politica italiana Meloni, unica voce dell’opposizione, si propone come panacea ai mali del Paese. E fa bene, è in campagna elettorale. A non fare bene è chi dovrebbe moderare, riaggiustare il tiro, cercare di fare informazione e non propaganda. Dopo tre mesi da questo comizio in diretta, Sangiuliano diventerà ministro della cultura. Come si può non pensare a un conflitto di interessi nel suo modo di gestire il Tg2? Forse i problemi rispetto al conflitto di interessi non dovrebbero sorgere unicamente nel momento in cui qualcuno si avvicina ai ruoli previsti attualmente dalla normativa. Forse sarebbe il momento di definire a priori dei criteri di compatibilità, dei prerequisiti da rispettare prima di accedere alle istituzioni e al servizio pubblico in generale. Il conflitto di interessi è qualcosa che, ora, è giudicato e riconosciuto solo a posteriori, quindi, eventualmente, a danno fatto.

 

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