Giornalismo e letteratura: un legame antico?

Con il termine giornalismo si intende l’insieme delle attività e delle tecniche relative alla compilazione, redazione, pubblicazione e diffusione di notizie tramite giornali quotidiani o periodici.

Ma oltre alla mera definizione che troviamo facilmente su un qualsiasi vocabolario, c’è molto di più.

Il giornalista Tiziano Terzani disse, a questo proposito:

È un mestiere, ma non come tanti. Non è una cosa che fai andando a lavorare alle 9 del mattino e uscendone alle 5 del pomeriggio; è un atteggiamento verso la vita che muove dalla curiosità e finisce col diventare servizio pubblico: è missione.

Il giornalismo, infatti, è un qualcosa di più ampio di un semplice lavoro. Soprattutto, è un’attività che ci coinvolge ogni giorno (siamo sempre immersi nelle notizie e nell’attualità) e che, nel corso degli altri, si è evoluta e modificata, andando al passo con i cambiamenti che hanno travolto generazioni e generazioni.

Il metagiornalismo

Il modo di fare giornalismo è, infatti, cambiato radicalmente, migliorando sempre di più grazie a diversi fattori (che oggi conosceremo insieme), fino ad assumere svariate forme, tra cui quella del metagiornalismo.

Metagiornalismo: un’espressione complessa per indicare qualcosa di più semplice di quanto si potrebbe credere: è il giornalismo che riflette su se stesso e, più in generale, su tutto ciò che ruota intorno al giornalismo stesso. Il giornalismo, infatti, è un branca in continua evoluzione, con una storia che parte da molto lontano.  Forse anche più lontano di quanto ci aspetteremmo.

Breve storia del giornalismo

I primi tentativi

Il giornalismo è un’attività che ha come principale obiettivo la diffusione di informazioni, ma, attenzione, non dobbiamo fare l’errore di immaginare questa pratica come esclusiva dei giorni nostri: il giornalismo pone le sue prime radici già nel Medioevo, quando il tasso di alfabetizzazione era spaventosamente basso e, di conseguenza, la lettura e la scrittura erano un privilegio riservato a una piccola élite. Con queste condizioni, come poteva essere diffuso il sapere?

Nasce allora la figura del banditore: un uomo, con un grado di cultura maggiore rispetto al resto della popolazione, che ogni giorno era incaricato di urlare, per strada, le notizie più importanti. A questa figura si affiancava, inoltre, l’amanuense: l’addetto a copiare a mano manoscritti, atti e documenti, un processo molto lungo e faticoso.

Un grandissimo miglioramento viene apportato, nel 1455, da Gutenberg: l’uomo che inventò la stampa.

Naturalmente, la sua innovazione non fu veloce e immediata: ci furono svariati tentativi di miglioramento, precedenti alla stampa. Inizialmente venne inventata la xilografia: l’impressione di una tavola di legno imbevuta d’inchiostro tramite una pressa.

Successivamente, si passò ai caratteri mobili: ogni singola lettera veniva prodotta in serie, ogni carattere isolato e mobile diveniva intercambiabile, permettendo così di comporre e ricomporre qualunque combinazione o modello.

Tutte queste proposte, poi, presero parte di un mosaico più grande, proprio come fossero piccoli pezzi di puzzle, e si arrivò alla stampa. L’invenzione fece il giro del mondo: tutta l’Europa entrò in contatto con questa tecnica rivoluzionaria. Per la nascita dei primi giornali, però, dobbiamo aspettare ancora un po’: se ne riparla nel Settecento.

Il secolo dei lumi

Il Settecento passa alla storia con due denotazioni principali: Illuminismo o Secolo dei lumi. Sono due appellativi iconici, che esprimono perfettamente le le idee centrali degli intellettuali di quel periodo: secondo gli illuministi, il mondo doveva essere indagato attraverso l’osservazione razionale dei fatti. Lo scopo dell’osservazione è quello di conoscere la realtà per cambiarla e migliorarla, al fine di liberare l’uomo dalle restrizioni della civiltà. Non è, dunque, un caso che i primi giornali si scaglino sullo sfondo di questo periodo storico.

Nella prima metà del Settecento, infatti, il formato del giornale compie dei passi enormi. Esso si qualifica come uno strumento di comunicazione tra dotti, in cui erano segnalati libri particolarmente interessanti e si pubblicavano critiche e giudizi su idi essi, dando così spazio al ragionamento e alla conoscenza.  Il contenuto era principalmente letterario: il giornalismo del Settecento era, dunque, estremamente culturale.

Basti pensare alla rivista «Il caffè»: un periodico italiano, pubblicato dal giugno 1764 al maggio 1766. Nacque a Milano a opera dei fratelli Pietro e Alessandro Verri, con il contributo del filosofo e letterato Cesare Beccaria e di un vasto gruppo di intellettuali. Il giornale si fece portavoce delle istanze culturali, sociali e politiche delle classi emergenti che puntavano allo svecchiamento delle istituzioni e alla razionalizzazione dell’apparato statale e divenne, in questo modo, il principale strumento di diffusione del pensiero illuminista in Italia.

L’evoluzione

Stabilire una data precisa per la nascita del giornalismo è un’impresa difficile: convenzionalmente, si lega al Settecento per poi mutare nel tempo. Se il giornalismo illumInista è quasi esclusivamente letterario, dall’Ottocento comincia ad articolarsi in più settori: politica, cultura, cronaca, economia.

Soprattutto, nascono anche altri veicoli: il fine ultimo rimane sempre la trasmissione del sapere e, per velocizzarla, ci si stacca dal singolo giornale e si diffondono periodici, quotidiani e riviste di ogni tipo. Il giornalismo, infatti, diventa più mirato e si divide in settori: dando, in questo modo, una spinta a ogni sfumatura della cultura.

Le riviste

Tra Ottocento e Novecento compaiono in Europa le riviste. Esse nascono come luoghi di confronto tra letterati, filosofi, politici, scienziati e intellettuali vari. Una delle prime riviste che conosciamo è «Il conciliatore», fondata a Milano tra il 1818 e il 1819 da un gruppo di liberali capitanato da Silvio Pellico. Come ci suggerisce il titolo, questa rivista esprime la volontà di assumere posizioni non radicali né in politica né in letteratura. Di fatto, il loro orientamento prevedeva un indirizzo multidisciplinare, aperto tanto alla materie umanistiche quanto a quelle scientifiche. Andando cronologicamente più avanti, abbiamo la rivista «Poesia». Fondata a Milano nel 1905 da Filippo Tommaso Marinetti, in cui erano condensati gli ideali del Futurismo e si dava spazio a nuovi scrittori.

La fotografia

Ad ampliare il contesto del giornalismo partecipò anche la fotografia. Anche questo è un fenomeno dal calibro immenso ma, in questo caso, riconoscerne la genesi è più semplice. Infatti, lunedì 19 agosto 1839 è oggi riconosciuto come il giorno in cui è nata la fotografia. In questo giorno, questa nuova invenzione fu presentata ufficialmente ai parigini presso l’Accademia delle scienze e quella delle arti visive

Ovviamente, essa ha subito svariate modifiche ma c’è una cosa che, negli anni, non è mai cambiata: il suo peso nell’universo culturale. La fotografia ha accompagnato la diffusione del sapere, dandole un grande contributo: divenne un compagno fedele del giornalista, che la utilizzò per divulgare gli avvenimenti e i luoghi più difficili da tradurre in parole. Si presentò, quindi, come una possibilità  di ampliare il modo di raccontare e divenne elemento di supporto di studi geografici, sociologici, antropologici e, più in generale, culturali.

Si pensi a Pier Paolo Pasolini che, fin da subito, ha usato i suoi ritratti fotografici per definire la propria identità e il proprio pensiero al pari della scrittura e del cinema.

I giorni nostri

Fin ad ora, abbiamo parlato di evoluzione. Ma la vera trasformazione inizia nel Novecento e prosegue fino ai giorni nostri. Il Novecento, infatti, è per definizione un secolo movimentato e turbinoso, pieno di eventi straordinari e tragici. È stato attraversato da due guerre mondiali, da genocidi e da un olocausto, per non dimenticare la guerra fredda, l’invenzione e il timore della bomba atomica, il crollo del muro di Berlino. Al tempo stesso, però, è stato il secolo di un progresso scientifico e tecnologico immenso: nel 1925, infatti, nasce il la televisione, destinata a cambiare radicalmente il rapporto tra il grande pubblico e la diffusione del sapere.

La televisione

Inventata dall’ingegnere John Baird, la televisione diede vita a una vera e propria rivoluzione. Piano piano, prese piede in tutto il mondo creando, in questo modo, una circolazione di notizie e una diffusione culturale veloce, immediata e, soprattutto, contemporanea (perché migliaia di persone potevano vedere la stessa cosa nello stesso esatto momento).

Le prime trasmissioni televisive iniziano a circolare verso gli anni Cinquanta e toccano i settori più disparati. Ci si interessa, ad esempio, alla letteratura: molti romanzi diventano serie televisive, oppure si verifica il contrario (si pensi alla Signora in giallo: il primo episodio viene lanciato nell’ ’84 e, una volta visto il successo acquisito, non si è scelto solo di continuare la serie, ma anche di trasformarla in vari libri).

Con il passare del tempo, inoltre, sono stati molti i letterati a condurre la redazione dei programmi televisivi: un esempio lampante è Super Quark, il famoso programma condotto da Piero Angela che, altro non è che, un saggista e un giornalista.

Il metagiornalismo, dunque, si fa sempre più potente: i fatti di cronaca vengono diffusi attraverso serie televisive (si faccia riferimento alla serie tv, uscita su Netflix, che racconta la scomparsa di Emanuela Orlandi), ai più importanti avvenimenti storici sono dedicati dei programmi (lo storico Alessandro Barbero, con il suo programma La festa dello scarlo, ne è il caso rappresentativo) e i telegiornali ci informano in ogni momento delle ultime notizie.

Il boom dei social network

Il fatto che più di tutti ha, forse, modificato il giornalismo è l’avvento dei social. Si pensi a Facebook: nasce nel 2004 e, un anno dopo, era già tra i dieci siti più visitati al mondo. Se già la televisione aveva aiutato la diffusione immediata di notizie, adesso Facebook (e tutti i social che lo seguiranno) conferisce il colpo di grazia: nasce una piattaforma in cui tutti hanno la possibilità di scrivere, postare, condividere pensieri, foto o video. Siamo costantemente travolti da un uragano di notizie e sono stati creati, addirittura, nuovi veicoli per “fare giornalismo”. Il discorso non vale solo per Facebook, ma si allarga ad ogni social network: Facebook, Twitter, Instagram, Spotify.

Sono quasi le nuove frontiere del mestiere. Si pensi ai podcast: una novità assoluta, un vero e proprio media.

Il podcast

Con il termine “podcast“, intraducibile in italiano, si intende un file audio distribuito via internet. È uno strumento di comunicazione, esattamente come la stampa, il web o la televisione e molto altro ancora.

La comodità (e ciò che ne ha deciso la fama)? La sua fruibilità. Il podcast, infatti, è ascoltabile facilmente e spesso gratuitamente in ogni luogo ed occasione: chi li pubblica ha la possibilità di raggiungere un pubblico vastissimo. Si pensi che, solo in questo momento, su iTunes (uno dei tantissimi canali di distribuzione) ci sono circa 250mila podcast in 100 diverse lingue. Negli Stati Uniti, il numero arriva a cinquemila podcast nuovi ogni mese.

Nato nel 2004 (quindi relativamente poco tempo fa), si è allargato progressivamente fino a diventare  una piattaforma che raggiunge tutti gli angoli della cultura: dall’economia all’attualità, dal true crime all’intrattenimento.

Ad esempio il podcast di Menestrandise Audiolibri, un’etichetta in cui, periodicamente, viene pubblicata la lettura di un grande classico della letteratura: all’interno del canale, troviamo un’infinità di audiolibri: Sherlock Holmes, Orgoglio e Pregiudizio, 1984, i Promessi Sposi, Delitto e Castigo.

Un modo alternativo, sicuramente diverso dalla consueta lettura che ci propongono a scuola, per far avvicinare tante persone alla letteratura.

Youtube

In questo lungo elenco non può mancare Youtube. Nato  nel 2005 , è parte concreta della nostra quotidianità ed è un modo rapido per restare connessi. Il tempo che ci serve, infatti, per guardare un video che riassume gli eventi più importanti della nostra attualità è minimo e, anche qui, c’è una scelta molto ampia. Basti pensare al canale del professore di storia e filosofia Matteo Saudino che, quasi ogni giorno, pubblica video lezioni su diversi filosofi per aiutare gli studenti italiani. Il suo canale conta quasi 300 mila iscritti ed è diventato il rifugio di molti ragazzi, al punto tale che anche il suo profilo Instagram è seguito da ben 85mila persone.

Giornalismo e letteratura

Esiste un forte rapporto, infatti, tra il giornalismo e, ad esempio, la letteratura: un legame nato nel Medioevo e che, con il passare del tempo, si è rafforzato sempre di più.

Ad un certo punto della storia, il giornalismo è entrato quasi in conflitto con la letteratura: nel ‘900, infatti, si diffonde in tutta Europa la corrente del realismo letterario, con l’obiettivo di ricreare, nel modo più fedele possibile, la realtà. Al tempo stesso, però, questo è anche uno degli scopi principali del giornalismo: pur essendo lontano da lui, il romanzo realista lo incontrava spesso. Il medesimo discorso può essere fatto con il romanzo storico: affronta temi ancora trattati dal giornalismo, in modo del tutto neutro e puramente informativo.

Ma quanti sono stati gli scrittori che, per mantenersi, lavoravano anche come giornalisti? Tantissimi: da Beccaria nel Settecento fino ad arrivare a Montale nel Novecento, passando per Dino Buzzati o Goffredo Parise.

La stretta relazione giornalismo-letteratura è tutt’ora visibile nella nostra contemporaneità: si pensi a Roberto Saviano. Fa il suo ingresso nel mondo del giornalismo come scrittore (e, infatti, nel 2006 pubblica il suo celebre libro Gomorra) e ha condotto, insieme a Fabio Fazio, il suo programma televisivo Vieni via con me, finalizzato all’approfondimento culturale. Si pensi anche al fatto che dal suo libro La paranza dei bambini è stato tratto un film, debuttato su Netflix nel 2019, dimostrando ancora una volta la grande fluidità del suo lavoro in termini di informazione, genere, tipo di comunicazione e intrattenimento.

Questi sono solo dei piccoli esempi che, però, ci possono fare riflettere sulla trasformazione del panorama giornalistico e su quanto esso si sia allargato, fino ad inglobare in sé anche altre forme artistiche, dalla fotografia al cinema.

Passato e presente

La differenza tra passato e presente è innegabilmente immensa: se il punto cardine rimane sempre la trasmissione di informazioni, i modi per farlo sono mutati radicalmente.

Il giornalismo ha subito una trasformazione enorme e inarrestabile: la crescente digitalizzazione ha travolto la nostra vita, giornalismo compreso, ed esso si è modificato fino ad entrare in una viva relazione con tutti i settori della conoscenza.

Il giornalismo si è ampliato al punto tale da avere un suo festival. Nel 2006, infatti, è stata indetta la prima edizione del Festival internazionale del giornalismo: un evento culturale dedicato al giornalismo, che si svolge a Perugia, ad aprile di ogni anno. Si concretizza in un programma di incontri, dibattiti, interviste, presentazioni di libri, mostre, e workshop con il medesimo fine: una maggiore diffusione culturale.

Interessante, a questo proposito, leggere cosa disse il famoso giornalista Enzo Biagi:

Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata.

 

 

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