La mascolinità è una trappola

La mascolinità è una trappola, non esiste più, perlomeno non come è stata raccontata nel Novecento. Vivono, invece, le sue declinazioni plurali e la moda milanese si è prestata a raccontarle durante la Fashion Week Uomo appena conclusa.

Sensuali e cool

Dolce e Gabbana ha deciso di dedicare questa collezione alla riscoperta della sensualità maschile, abbandonando le ridondanze barocche che spesso li accompagnano, decidono di riprendere l’estetica che ha attraversato l’ultima collezione donna e di portarla anche sull’uomo.

I tagli sono dritti e puliti, il colore d’elezione è il nero, la sensualità palpabile. Bluse in chiffon trasparente decorate con fiori di paillettes nere, completi aderenti sui quali sono apposti corsetti, crop top che lasciano il ventre scoperto: i codici della sensualità femminile declinati al maschile.

Minimal ma giocoso

Prada ha scelto una strada minimal e sembra che finalmente la anime della madre della maison e del designer tedesco si siano fuse in passerella, tanto che è arduo attribuire chi abbia pensato cosa. La stessa Miuccia commenta che la stampa sbaglia sempre: “quando [la stampa] parla dei nostri rispettivi apporti a una collezione, di solito attribuisce a me quello che in realtà ha fatto lui e viceversa”.

“I vestiti sono costruiti per essere messi”, dice la signora Prada, e continua parlando di “necessità di produrre abiti utili e portabili”. “Siamo un’azienda che fa soldi vendendo abiti costosi… Quindi perché fingere creando cose inutili? Credo sia meglio fare qualcosa che abbia un senso per le persone, che è poi il vero ruolo di noi designer”.

Ciò non significa che i nuovi abiti Prada manchino di guizzo creativo. Vengono portati in passerella elementi divertenti come i maxi colletti colorati anni ‘70, che spuntano dai completi attillati e seriosi. Si gioca con i colori dei cardigan, indossati aperti dai modelli. E infine, troviamo anche pantaloni capri attilatissimi che inglobano le camicie dal taglio rigoroso realizzate con lana pesante.

Classico

Armani, come Prada, comincia la sfilata con il classico completo, la sua primogenita giacca destrutturata. Man mano che la sfilata va avanti la narrazione si fa più intricata, meno rigorosa, addirittura si osa con pellicce leopardate. Dopo, lo sportivo secondo Armani, in cui propone la moda dopo-sci, il lusso maggiore di questi tempi, vista la mancanza di neve e i prezzi folli. E infine, le ultime cinque uscite: le coppie.

Armani sceglie di far sfilare cinque coppie di modelli, cinque uomini e cinque donne. Motiva questa scelta così: ”Facciamo vedere questa realtà che piace a tutti: poi ci sono le trasgressioni, le varianti, le modernità. Vanno bene, non dico nulla naturalmente, ma mi piaceva rivedere una coppia carina”. Le critiche suscitate non sono state poche, come ci si può immaginare.

Forse Giorgio, dopo quarant’anni di attività, ha esaurito la creatività e ricorre a strumenti retorici di dubbio gusto, e che tra l’altro, vista la sua biografia, poco gli appartengono? 

MSGM e l’università

Con MSGM si abbandonano le terre della sensualità per abbracciare quelle della contestazione e tutti gli elementi estetici sembrerebbero decretare un successo assicurato. Dalla scelta di una location simbolica, ovvero il patio del Politecnico di Milano, alla colonna sonora punk-rock, i CCCP, fino ad arrivare ad abiti che combinano l’estetica perbenista dei college americani allo streetwear dei suburbs.

Ma ha senso incentrare una collezione su giovani e università e non coinvolgere direttamente chi l’università la fa, ovvero gli studenti? La comunita studentesca ha protestato per il mancato avviso e l’assenza di un proprio coinvolgimento all’evento. A parlare sono stati proprio gli studenti di architettura, che il patio lo abitano tutto il giorno, anche a notte fonda.

Se l’intenzione di cambiamento esiste, allora la si renda totalizzante. Se si celebra il punk, allora lo si attui veramente e si sovvertano i dogmi modaioli, senza passare per l’estetizzazione di subculture ormai estinte e senza sfoderare un banale ricordo. Il solo citazionismo non serve, occorre agire, altrimenti si rimane incagliati nel ricordo di un passato che non ritornerà.

Ragazzi di vita

La nuova generazione italiana sta cercando lentamente di riscrivere le regole della moda, di ampliarne i confini e di inglobarne gli elementi periferici.

Federico Cina porta in città la sua terra d’origine: Rimini. Il tessuto fil coupé con cui realizza uno dei pezzi principali, ovvero una giacca pantalone sartoriale che presenta il motivo del vigneto, simbolo del marchio di Cina, evoca i suoi ricordi d’infanzia. Gli ricorda le coperte che trovava nella casa della nonna e che da piccolo usava per giocare e per costruire capanne.

Il resto della collezione è sintetizzabile nel segno del patchwork e del readymade: Cina attinge alla sua cultura visuale e alla sua autobiografia per realizzare una collezione che ha il sapore e le sembianze di una casa, quella dei nonni a Sarsina. Con i centrini che diventano camicie e le trapunte che avvolgono i modelli trasformandosi in cappotti, Cina apre le porte di casa sua e ci esorta a metterci comodi.

Da Rimini a Bologna

Luca Magliano sta cercando di fare la medesima cosa, forse in maniera ancora più radicale, è di Bologna e lì vuole restare. E nonostante la collezione sia stata presentata a Milano, la sua città d’origine è palpabile in ogni dettaglio. Vediamo Bologna nel cast quasi cinematografico, negli abiti con tessuti grezzi, persino nel retroscena composto di sedie accatastate.

I capi che portano l’etichetta “surplus”, negozi per acquistare articoli militari, molto in voga negli anni ‘70, sono maglioni in cachemire rigenerato e vestaglie realizzate da resti di coperte militari. Magliano rielabora il passato per portare nel presente una riflessione sul futuro.

Così, mentre oggi i membri della sinistra extraparlamentare continuano a mimare l’estetica anni ‘70 di Potere Operaio e Lotta Continua, Magliano prova a pensare per loro una nuova divisa: autentica nei valori ma costruita nel segno del domani.

La mascolinità è una trappola

La settimana della moda  maschile si chiude lasciando aperti molti dei quesiti posti sotto forma di abiti sulle passerelle. Chi è il “maschio” del futuro? Quale idea di mascolinità abbiamo?  Vogliamo l’innocua tradizione di Armani o la gentile rivoluzione di Magliano?

La moda non dà risposte, ma pone le domande adatte per iniziare un dibattito.   


FONTI

www.lastampa.it

www.linkiesta.it
www.mffashion.com



CREDITI
Immagini concesse a titolo gratuito dall’autrice dell’articolo

 

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