Lanciare uova sulle pellicce

La pelliccia di visone è stato uno status symbol del secolo scorso, presente nel guardaroba di ogni moglie perbene, perfetto per essere sfoggiato nelle notti d’inverno all’ingresso dei teatri. Se oggi il capo è caduto in disuso la ragione è da riscontrarsi, oltre che nella normale caducità delle mode, nei giovani riottosi che dagli anni ‘60 la combattono in nome di un’etica ferrea e rigorosa che ancor oggi è perseguita.

Lanciare uova sulle pellicce

Dicembre 1968, la contestazione studentesca sembra esser finita, ma non è così. Un centinaio di studenti si raduna di fronte al sancta sanctorum della mondanità italiana, La Scala di Milano. È il giorno della prima. All’inizio urla e fischi quando passano signore imbellettate e impellicciate e uomini in smoking, poi, complice una coppia passata troppo vicino ai contestatori, parte l’attacco: uova, cachi e persino vernice rossa.

La Scala nel corso degli anni rimane bersaglio ideale per le proteste, il prestigio del luogo ne garantisce la copertura mediatica e, infatti, anche quelle più deboli sono amplificate.

Ciò che non dura è la lotta di classe, le grandi ideologie tramontano col finire degli anni ‘70 e ci si rifugia in un attivismo particolaristico, mirato a cambiare una parte e non il tutto, il sistema si accetta ma si chiede un cambiamento nelle regole.

L’animalismo diventa una vocazione e dunque le pellicce delle signore borghesi vengono messe al bando non più per il loro significato politico, ma per quello etico. Allo stigma per l’ostentazione si sostituisce quello per la crudeltà e le proteste cominciano a dilagare esplodendo in movimenti strutturati, appoggiati persino dai volti della moda. 

La pop-testa e la PETA

Negli anni ‘80 il visone spopola ancora. Persino la first lady Nancy Reagan sfoggia la pelliccia in occasioni pubbliche rappresentando degnamente le devote mogli occidentali; in Italia a Cortina d’Ampezzo nel mese di dicembre scendono dai Mercedes SEL finte bionde impellicciate pronte per soggiornare al Miramonti. La pelliccia è diventata ufficialmente il simbolo del benessere dell’età del riflusso, pertanto c’è chi si sta preparando per distruggerlo.

È negli Stati Uniti che nello stesso periodo sta nascendo una nuova etica animalista, tanto che nel 1980 viene fondata l’associazione “People’s for Ethical Treatment of Animals” (PETA) che si batte per i diritti degli animali contraddistinguendosi per un uso sapiente dei mezzi di comunicazione.

Nel 1992 viene lanciata a Tokyo la campagna contro le pellicce in cui una modella viene ritratta completamente nuda, la foto viene corredata dal payoff  “we’d rather go naked than wear fur”. Presto la campagna inizia a coinvolgere personalità pop, tanto che sia Naomi Campbell sia Christy Turlington si fanno ritrarre senza veli in nome della causa.

In Italia?

In Italia, tra i vip, Marina ripa di Meana nel 1996 ritorna alle origini e fa, o meglio mostra, una dichiarazione in occasione della prima della Scala: fa il suo ingresso con il coprispalla aperto, sotto niente, anzi una scritta: NO FUR.

Nello stesso anno la vincitrice di una puntata de La ruota della fortuna, riceve in palio una pelliccia, la donna la rifiuta dichiarandosi “obiettrice”.

Natalia Aspesi, giornalista di «Repubblica», negli anni ’90 documenta l’attività del movimento antifur, e scrive che c’era penuria di modelle disposte a calcare le passerelle con indosso un bel visone. Intanto le signore di un tempo, quelle che la pelliccia l’avevano desiderata, continuano a portarla indisturbate, resistendo agli sguardi, passando imperterrite tra le fila dei manifestanti che di tanto in tanto imbrattavano i visoni con vernice spray.

Il declino della protesta

L’interesse per la pelliccia nei 2000 è meno vivo, gli animalisti hanno iniziato a ottenere qualche vittoria ma non abbastanza: le manifestazioni continuano. Il 7 giugno 2007 la direttrice di Vogue USA e amante delle pellicce, viene colpita sul volto con una torta al tofu da alcuni attivisti anti-fur, commenta così: “wear more fur”. Anche il PETA continua la sua intensa campagna NO FUR coinvolgendo altre personalità pop: Pamela Anderson, Eva Mendes, Gillian Anderson e persino Elisabetta Canalis.

A febbraio 2020 una storica decisione: la PETA sospende definitivamente la campagna “meglio nudi che in pelliccia”, il vicepresidente Dan Matthews dichiara che la partita è terminata, il movimento antifur ha vinto e in alcuni stati americani, come la California, è persino sorto il divieto di commerciare pellicce.

In Italia la decisione cruciale viene presa un anno più tardi, a metà dicembre 2021 la Commissione di bilancio del Senato decreta la chiusura degli ultimi allevamenti di visone presenti nel Paese.

La mia pelliccia perde sangue

Nonostante ciò l’attivismo NO FUR continua. Hanno smesso di lanciare uova sulle pellicce, ma la protesta continua. Il 30 dicembre 2022 a Milano se ne organizza una, contenuta, ma decisamente scenografica: un gruppo di donne, le Iene Vegane, attiviste per la tutela degli animali, si aggira per Piazza Duomo con indosso una pelliccia aperta che lascia intravedere il corpo nudo pitturato di rosso a simulare il sangue degli animali scuoiati. Le Iene si spostano poi al Quadrilatero della Moda e fermano i passanti impellicciati provocandoli con la domanda: “la mia pelliccia perde sangue, come fate voi?”.

La pelliccia continua a dividere gli animi e le coscienze. Una società spaccata in due, chi desidera fare sfoggio della propria posizione sociale e chi osa lanciare uova sulle pellicce per cercare di perseguire un’etica ferrea.

CREDITI

Copertina

FONTI

www.vogue.com

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