Pantalone, storia di una maschera nata a Venezia

Naso a uncino, sopracciglia pronunciate, sguardo arcigno: è questo il perfetto identikit della maschera veneziana più conosciuta nella storia della commedia dell’arte e, successivamente, del carnevale. Pantalone compare a Venezia nel XVI secolo e ancora oggi è una maschera ampiamente utilizzata da grandi e piccini durante le celebrazioni carnevalesche. Nonostante le derive, l’origine della maschera è da individuare, come già anticipato, nella commedia dell’arte, il teatro comico di strada divenuto famoso per la sua capacità di attirare l’attenzione del popolo e per essere considerato una delle espressioni più autentiche della tradizione teatrale.
La maschera è molto antica, tanto da essere considerata uno dei capisaldi, insieme ad Arlecchino e al Dottore, della tradizione comica. Pantalone si incontra per la prima volta in un canovaccio del 1568, forse rappresentato presso la corte di Baviera.

Pantalone: la maschera di Venezia è un mercante

La maschera di Pantalone, e il carattere dell’intero personaggio, impersonano un ricco e avaro mercante veneziano, un capo famiglia spesso attirato dalla bellezza delle giovani donne. L’avarizia sembra infatti essere la cifra distintiva della maschera che, in origine, rappresentava più in generale emblematicamente l’avarizia della classe mercantile veneziana. L’attaccamento ai beni terreni, e in particolare al denaro, rende la maschera poco gioviale agli occhi dello spettatore. Inoltre, la lussuria che la caratterizza pone spesso Pantalone in conflitto con i personaggi giovani nella conquista della donna amata. Pantalone è spesso attirato dalle giovani serve, personaggi di rango sociale inferiore e tradizionalmente destinate in sposa alle maschere più umili, come Arlecchino o Brighella.

Nell’organigramma dei personaggi della commedia dell’arte, Pantalone si posiziona parallelamente alla maschera del Dottore in riferimento alla classe sociale. Entrambi sono personaggi autorevoli e capi famiglia: l’uno esperto della legge e dell’intelletto; l’altro del denaro e della vita mercantile. Inoltre, entrambi ricoprono la figura di “padroni” e sul palco sono spesso affiancati da servi furbi, con i quali si incontrano e scontrano in un dialogo comico e incalzante. Gli intrecci dei canovacci di commedia dell’arte vedono sempre come protagonista un vecchio arcigno, alle prese con l’organizzazione di un matrimonio o un affare di denaro: Pantalone, per l’appunto. Il servo, furbo e bizzarro, cerca strategicamente dei modi per imbrogliare il padrone e raggiungere i propri obiettivi, molto spesso umili e terreni.

Così, sul palcoscenico, Pantalone si distingue molto bene grazie al suo lungo mantello, che ricorda le ali di un grande rapace, alla sua andatura ricurva e al suo corpo raggomitolato in se stesso. Non soltanto il mantello, ma anche la stessa maschera evoca chiaramente i tratti di un uccello. Il naso, infatti, è a uncino e le sopracciglia sono contratte, evocando uno sguardo severo. La sua voce è gracchiante e le sue movenze (passi piccoli e veloci, quasi saltellanti) non lasciano ombra di dubbio. In effetti è noto come le maschere della commedia dell’arte ricordino le fattezze di alcuni animali: a titolo esemplificativo, Arlecchino presenta i tratti del gatto.

Goldoni e l’ammodernamento della maschera

La maschera di Pantalone si conserva nella tradizione teatrale di tutti i tempi, fino ad arrivare ai giorni nostri. Interessante, a tal proposito, l’ammodernamento della maschera realizzato da Goldoni. Pantalone diventa il personaggio “De’ Bisognosi“, cittadini poveri che, all’epoca della Serenissima, erano mantenuti dalla pubblica beneficienza. Come si può emblematicamente notare nel Arlecchino servitore di due padroni, ancora oggi rappresentato al Piccolo Teatro, Pantalone è un capo famiglia al pari del Dottore, e ha l’obiettivo di convolare a nozze la figlia. La maschera presenta pari rango sociale della cugina bolognese, mentre si trova in una posizione sopraelevata rispetto ai servi. Rispetto alla tradizione della commedia dell’arte, i suoi tratti sono più dolci e il suo carattere appare “più civile”. Insomma, il personaggio perde quelle caratteristiche più terrene che lo contraddistinguevano durante gli spettacoli comici per le strade.

Pur mantenendone le caratteristiche fisiche e caratteriali principali, la maschera che compare sul palcoscenico milanese è ingentilita e imborghesita. Del resto, l’adattamento e la tradizione sono due facce della stessa medaglia che da sempre vanno a braccetto nell’arte. Rispettare la tradizione non significa conservare, in modo immutabile e statico una conoscenza, ma adattarla nello spazio tempo rispettandone l’essenza.

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