Piccolo Teatro Strehler dall'esterno

“La Tempesta”: Alessandro Serra al Piccolo Teatro

Rivedere il Piccolo Teatro gremito di spettatori non può che rappresentare un segnale di speranza per il futuro del teatro. Le luci si spengono e dal quel momento inizia quel tempo sospeso fatto di silenzi e bisbigli: sta per iniziare lo spettacolo. Poi una musica di sottofondo, una luce soffusa e un telo enorme, grande come il palcoscenico, che volteggia nell’aria, avvolge il corpo danzante di una donna. È la tempesta evocata da Ariel, spirito dell’aria servo di Prospero, dotato di magici poteri. Così inizia La Tempesta, la regia di Alessandro Serra approdata al Piccolo Teatro. Un inizio d’impatto, visivamente ed emotivamente, che rappresenta il preludio dell’intero spettacolo.
Alessandro Serra sceglie di nuovo Shakespeare per portare in scena la sua idea di teatro, tanto essenziale quanto dirompente. Dopo il successo di Macbettu, è la volta dell’estremo capolavoro del Bardo, una commedia celeberrima che riflette sull’essenza del teatro.

“La Tempesta”: il dramma del perdono

Prospero, spodestato duca di Milano, vive su un’isola deserta in compagnia della figlia Miranda. Per vendicarsi del fratello e del re di Napoli, scatena una tempesta e fa naufragare i suoi nemici sull’isola. La magia di Prospero si incarna in Ariel, personaggio simbolicamente rappresentante la fedeltà e la grazia del perdono. Serra fa interpretare lo spirito dell’aria a una giovane e talentosa attrice e sceglie di portare in scena un personaggio leggero come un soffio di vento, agile ed estremamente versatile. Ariel rappresenta il braccio destro di Prospero e Serra cerca di metterne in risalto il rapporto paterno. Non solo infatti Miranda, anche Ariel è legato al re da un amore gerarchico e filiale. D’altro canto vi è Calibano, un mostro della terra irato con Prospero. In questo caso, il regista mette in risalto la complementarietà dei due personaggi: l’aria e la terra, la fede e il disprezzo.

La Tempesta è il dramma del perdono e l’isola rappresenta l’altare su cui i personaggi chiedono una redenzione. In prospettiva prettamente cristiana, si può dire che l’opera sia popolata quasi totalmente da personaggi positivi. Ciò non deve stupire se si considera il genere a cui genericamente è associato il dramma, la commedia. In effetti, ciascuno, a eccezione di Antonio e Sebastiano, nel corso della tragedia si pente. Tra tutti però, è Prospero a elevarsi maggiormente a livello spirituale. Lo spodestato re rinuncia alla vendetta e ai suoi poteri magici, preferendo la mortalità, la caducità delle cose e l’umanità.

Il sovrannaturale arriva quando Prospero vi rinuncia, rinuncia a usarlo come arma. Ma il potere supremo, pare dirci Shakespeare, è il potere del Teatro.

La Tempesta è lo spettacolo meta-teatrale per eccellenza, che parla e riflette sull’essenza del teatro. In effetti è nota la correlazione tra Prospero e il ruolo del regista all’interno della compagnia teatrale. Il regista, con la semplice bacchetta magica, è in grado di muovere gli attori-personaggi come burattini sulla scena. Alessandro Serra sceglie di esplicitare questo principio. Così, la scena del matrimonio diventa uno spettacolo di burattini al termine del quale, dietro le quinte, gli attori si cambiano spogliandosi dei loro personaggi. Il tema degli abiti torna più volte all’interno dello spettacolo: la vestizione in scena è resa evidente anche nella gag comica che vede protagonisti Calibano e i due viandanti. In quel contesto, indossare un abito nuovo significa interpretare un nuovo personaggio.

Alessandro Serra firma una scenografia “maestosa”

La scenografia, come precedentemente anticipato, è maestosa e ricca di simbologia. Interessante, a tal proposito, l’utilizzo della conchiglia da parte di Miranda all’inizio dello spettacolo: da una parte, rimanda alla tempesta in corso che condurrà al naufragio, dall’altra rappresenta un’evocazione della patria e della dimora perduta. I costumi sono essenziali ma estremamente evocativi dei personaggi. Interessante la scelta di utilizzare un sottile ramo per evocare l’imprigionamento di Calibano all’interno del tronco, oltre alla scelta di contrapporre, anche cromaticamente, i due servi di Prospero. Ariel è infatti contraddistinta dal colore bianco, mentre Calibano dal nero.

La recitazione è, generalmente, piuttosto realistica ed è caratterizzata dall’associazione tra diversi registri narrativi, coerentemente al testo shakespeariano. Serra sceglie di portare in scena una coppia comica che si ispira ai tratti caratteristici della commedia dell’arte: i personaggi sono popolari e appartengono a una classe sociale inferiore rispetto ai protagonisti. In questo modo lo spettacolo rende evidente una netta distinzione tra le due categorie di personaggi. Le scene “alte” sono ben separate da quelle “basse” grazie a un evidente cambiamento di ritmo, recitazione e regia.

Insomma, La Tempesta firmata da Alessandro Serra è una piccola perla teatrale che si approccia all’opera di Shakespeare in modo elegante e delicato. In punta di piedi ne conserva l’essenza, ma le scelte registiche ne esaltano la profondità. In conclusione, una chicca rara da non perdere.

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