Una scuola alternativa è possibile?

La decisione del liceo Morgagni di Roma (il liceo senza voti) di estendere il proprio sistema scolastico a un’intera sezione, ha riaperto il dibattito su quale sia il modo giusto di insegnare ed educare le future generazioni. È giusto valutare le capacità di una persona con il meccanismo di valutazione attualmente in vigore, o esistono altri metodi efficaci e più giusti?

Il contesto

L’Italia resta uno dei dodici paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) in cui la laurea non è ancora il titolo di studio più diffuso nella fascia d’età tra i giovani fra i 25 e i 34 anni. Inoltre, l’Italia conta una percentuale di dispersione scolastica del 12,7%, ponendoci tra i Paesi peggiori in Europa in fatto di istruzione.

I problemi relativi al mondo della scuola, però, non possono essere riconducibili a una sola causa e a una sola motivazione. Programmi obsoleti e troppo teorici, strutture inadeguate, dotazioni insufficienti, classi sovraffollate e scarsa preparazione dei docenti (per non parlare dei ritardi sui concorsi di assegnazione delle cattedre) sono solo alcuni dei problemi che presenta il percorso scolastico italiano. A peggiorare ulteriormente la situazione hanno contribuito la pandemia e il lockdown che, imponendo un isolamento di lungo periodo, non hanno permesso una frequentazione scolastica normale.

La pandemia ha inferto dei colpi in  un contesto in cui, appunto, vi erano delle ferite ben più antiche e difficili da estirpare. È per questo che risulta importante mantenere vivo il discorso sulla scuola e sui problemi che il sistema scolastico italiano presenta.

Il problema della meritocrazia a scuola

Il binomio scuola-merito è stato riportato al centro del dibattito pubblico a seguito della decisione del governo Meloni di cambiare la denominazione del Ministero dell’Istruzione in “Ministero dell’Istruzione e del Merito”. Questa decisione ha riacceso le polemiche di chi ritiene che il meccanismo di valutazione del merito scolastico attualmente in uso (ovvero quello dell’assegnazione dei voti) non sia adeguato e abbia anche qualcosa di ingiusto.

La logica del premiare chi è bravo e punire chi non lo è stato non è necessariamente sbagliata in un contesto scolastico, ma spesso non tiene conto di una serie di variabili che sono impossibili da ricondurre a una scala numerica. In un articolo de «Il Sole 24 ore» si legge che una possibile definizione della parola «merito» lo vede come la somma di “talento” e “impegno”, ovvero di variabili che non sono del tutto sotto il controllo dell’individuo a cui sono riferite. Il talento, infatti, è il risultato di una serie di caratteristiche che si dice siano ereditate dal nostro patrimonio genetico mentre l’impegno, che è giusto che vada premiato perché è frutto dello sforzo e della determinazione personale, ha a che fare con il carattere della persona.

Il merito, quindi, non ha nulla che non va, ma la presa in considerazione di questo unico fattore non fa che fomentare delle divisioni già presenti in partenza. Di conseguenza coloro che hanno la fortuna di crescere in un contesto più agiato avranno una vita ancora più semplificata, escludendo tutti coloro che non possono permettersi una serie di privilegi. Quello che è stato osservato è che in molti casi andamento scolastico e reddito economico vanno di pari passo. La meritocrazia, quindi, si oppone all’uguaglianza e fomenta le disparità di trattamento.

Un’educazione senza carota né bastone è possibile?

Sette anni fa, su iniziativa di Enzo Arte, un professore di matematica e fisica, il liceo Morgagni di Roma iniziò una sperimentazione innovativa nel sistema scolastico italiano. Poiché una simile presa di posizione è balzata agli occhi della cronaca, la sperimentazione di questo istituto è diventata il centro del dibattito.

Il liceo Morgagni, infatti, è l’unico liceo d’Italia a non assegnare i voti ai propri studenti, ma a valutarli con altri metodi. Il voto compare alle fine dei quadrimestri solo per dovere istituzionale e vien prima discusso e motivato insieme agli studenti, di modo che nessuno “ci rimanga male”. Gli studenti affrontano un percorso scolastico simile a quello di tutti gli altri istituti d’Italia: fanno verifiche, interrogazioni e controlli, ma i professori non esprimono un giudizio numerico sulle loro prestazioni e lasciano che siano gli studenti stessi a capire il valore del lavoro fatto. Togliere il voto, infatti, non significa eliminare l’obiettivo finale dell’assegnazione di un compito ma induce una responsabilizzazione maggiore nello studente, che impara a rendersi conto delle proprie capacità e, là dove presenta delle lacune, a migliorarsi.

Il percorso intrapreso non è stato facile e ha trovato l’opposizione di molti, tra insegnanti e genitori, che non hanno creduto nell’idea di un’alternativa possibile. Coloro che ci hanno creduto, invece, hanno dovuto intraprendere un percorso di formazione che gli consentisse di gestire la nuova classe nel miglior modo possibile. Tra coloro che hanno sostenuto il progetto c’è stata anche Daniela Lucangeli, professoressa di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova ed esperta di psicologia dell’apprendimento.

Quali sono i benefici di questo metodo?

I ragazzi che studiano senza il timore dei voti sono più liberi dallo stress emotivo che un giudizio del genere comporta. Essi sono più liberi di approcciarsi al percorso scolastico in maniera più serena e di instaurare con i professori un rapporto più leggero. I ragazzi del liceo Morgagni riescono a sviluppare delle competenze trasversali molto utili per il lavoro o per un percorso scolastico universitario, come il lavoro di gruppo e l’autonomia.

Questo lungo percorso, iniziato ben sette anni fa, ha già portato al diploma due classi.  L’iniziativa è valsa anche un premio al Festival dell’Innovazione scolastica di Valdobbiaddene ed è diventata oggetto di studio dell’Università La Sapienza di Roma. Visti i grandiosi risultati raggiunti da quest’anno l’iniziativa, che prima si rifaceva a una sola classe, è stata ampliata a una sezione intera.

È davvero possibile una simile iniziativa?

Come detto in precedenza, la decisione del liceo Morgagni ha suscitato molte polemiche. Contro questa organizzazione si sono scagliati coloro che ritengono che, in un contesto pieno di difficoltà come la scuola pubblica italiana, i voti rimangano l’unico metodo per tenere in vita questo grande “elefante”. Attraverso l’assegnazione dei voti gli studenti meritevoli riescono a emergere dalla massa e intraprendere un percorso più valorizzante per le proprie scelte.

Un altro problema relativo a questo sistema è la confusione che si rischia di creare. Poiché esistono già notevoli differenze tra istituti dovute alla collocazione, alla preparazione dei docenti, alla fisionomia dell’utenza e ad altri fattori fisiologici, concedere un margine di libertà così ampio rischierebbe di aggiungere “caos al caos”. Certo è che l’assegnazione dei voti non è sempre obiettiva e viene influenzata dai rapporti che il docente crea con la classe e i singoli studenti. Tuttavia, sotto molto aspetti, l’estensione di questa iniziativa a tutto il sistema scolastico italiano appare impossibile. Non tutti i ragazzi, infatti, hanno una maturità tale per giudicare il proprio lavoro. Allo stesso modo la mancanza di una valutazione finale potrebbe indurre qualcuno a perdere la motivazione che lo spinge a studiare, anche se l’ideale sarebbe che alla conoscenza ci si approcci per interesse e non per obbligo.

Forse, più che dibattere su quale delle due impostazioni sia la migliore, si potrebbe giungere a un compromesso che le consideri entrambi. Tutti e due i metodi  di valutazione presentano infatti dei pregi innegabili e inducono una consapevolezza utile per la crescita scolastica e culturale di ogni studenti.

FONTI

ww.agi.it

www.corriere.it

www.ilfattoquotidiano.it

www.ilfattoquotidiano.it

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