Emanuele Resce e l’archeologia dello spirito

Emanuele Resce, classe 1987, è originario di Casalbore, un piccolo paese in provincia di Avellino. Dopo aver concluso nel 2006 il suo percorso di studi presso il Liceo Artistico di Benevento, si trasferisce in Germania. Qui, precisamente prima a Monaco poi a Saarbruken, inizia ad approfondire i propri stimoli artistici parallelamente ad una militante attività politica di ispirazione marxista. Sono anni questi di grande studio e di ambientamento nel mondo, che Emanuele interpreterà e indagherà poi nelle sue opere. Resce, ormai trasferitosi a Milano, si distanzia dalla pratica artistica per abbracciare quella politica.

Il marxismo e le teorie internazionaliste, riguardanti il materialismo dello spirito, affascinano maggiormente il giovane Resce. Tuttavia, questo abbandono è solamente apparente, in quanto, come si vedrà più avanti, il meccanismo relazionale politico diventa strumento di ricerca e costruzione delle sue opere. Le fonti di studio sono due. Se da un lato gli interessi di Resce spaziano dall’archeologia preistorica alla letteratura antica, attraverso un attento studio della contemporaneità e della storia dell’arte del Novecento, dall’altro prediligono l’incontro con altri artisti.

Come lo stesso artista dichiara:

La mia principale fonte di formazione è stata la condivisione, costante negli anni, di studi di lavoro con altri giovani artisti che provenivano da esperienze e formazioni diverse. Una circostanza, quella della condivisione di uno spazio fisico come lo studio, che ha favorito un interscambio proficuo.

L’artista, proprio per questo motivo, ha co-fondato nel 2009 a Milano una comunità di artisti con sede in un grande studio di Porta Romana. Questo luogo vivo consente l’incontro e il confronto tra ricerche diverse, ma che hanno come unico scopo tracciare la storia dell’umanità, delle loro relazioni e delle influenze.

Proprio per la particolarità e l’intimità del suo studio e della sua produzione, Resce espone centellinando le occasioni. Tuttavia, egli vanta residenze e mostre in tutta Italia, Milano in primis, tenendosi però il suo Sud come luogo di elezione.

Fenomenologia dell’opera

Oggi ci troviamo davanti alla minaccia di una dissoluzione della società come conclusione di un corso storico in cui la caccia alla ricchezza e la proprietà rappresentano gli elementi della propria autodistruzione – Lewis Henry Morgan

Resce utilizza l’arte in qualità di linguaggio per scandagliare le ricerche creative del passato. Pittura, scultura e archeologia sono utilizzati per comprendere i sistemi del mondo. Grazie a questo sistema, la ricerca di Resce ha come obiettivo l’indagine del presente e delle sue influenze per arrivare all’atomo della conoscenza. Egli opera “per via di levare”, analizzando la realtà per giungere all’origine del mondo e delle cose. Centro della ricerca è l’uomo, sia in quanto essere vivente che relazionale. L’indagine sui rapporti, oggi modificati dai media, interessa l’artista al tal punto da ricercare un nuovo linguaggio di interpretazione.
Il reale, secondo Resce, è costituito dai piani del presente e del passato, i quali fluiscono e si influenzano a vicenda. Se il presente è costituito dalle relazioni umane e transumane, il passato è lo strumento indagatore. La ricerca di antiche civiltà, culture e costumi, aiutano quindi Resce per decifrare il presente e arrivare alla purezza. Come accade dunque nella genetica, egli prende questo paradigma e lo adatta al presente. Così facendo, la sua ricerca si determina del prodotto, eliminando l’alienazione teorizzata da Marx. Infatti, Resce non è ossessionato dal produrre, in quanto la sua ricerca è già completa nella fase concettuale che poi riversa nelle varie materie che utilizza. Ferro, acciaio, gomma e pittura sono semplicemente il risultato della sua visione e interpretazione dei meccanismi della realtà.

Emanuele Resce: le opere

La ricerca di Resce si determina plasticamente mantenendo comunque il lato spirituale che nasce dallo studio delle relazioni. L’artista preleva dalla realtà materiali che hanno terminato il loro ciclo produttivo, e che ormai sono determinati nella loro forma. Normalmente, per tutti noi, potrebbero essere lo sportello di una automobile, piuttosto che una chiave inglese: sono tali perché vengono determinati nominalmente, e non andiamo oltre la loro forma e la loro sostanza. Resce invece sì, scoprendo l’energia intrinseca dei suoi oggetti. Vi entra dentro e, poco a poco, indaga ogni particella che costituisce l’oggetto scelto in maniera volontaria.

Successivamente, cerca di comprendere come le particelle di questi oggetti possono relazionarsi con altre, di altri oggetti. Ma non solo. Perché Resce, rompendo la struttura data dal processo industriale, si intromette in questo e crea nuove relazioni tra le particelle anche del solo oggetto. In questo modo, crea un nuovo oggetto che si determina opera d’arte, dal momento che forma e sostanza sono guidate da un nuovo spirito. Questo è uno spirito indagatore e ricercatore, che trova negli oggetti industriali i modelli per un nuovo linguaggio puro e perpetuo.

Tuttavia, le sperimentazioni di Resce si risolvono tutte in una ricerca materica. Come ad esempio accade con Di notte oscurava i cieli del 2022, dove la ceramica, il PVC e l’olio motore formano una creatura amorfa che invita ad interrogarsi sul tema del tempo. Oppure, Luogo dei Carri, sempre dell’ stesso anno, riproduce quello che resta sulle nostre strade, spesso nelle zone del sud Italia, dove si è soliti trovare pezzi di pneumatici dei camion abbandonati. L’artista, in questo modo, solleva anche una leggera critica all’ambiente. Il trasporto su gomma, secondo dati recenti, andrebbe ridotto, e Resce ce ne ricorda gli effetti del suo prolungato consumo. Si tratta di opere tautologiche e allo stesso tempo didascaliche, che possono rimandare altrove così come non è certo che esista nessuna relazione. In questo modo, Resce crea un’aura indefinita consentendo quindi di interpretare l’opera come un reperto archeologico tutto da scoprire.

Le opere site-specific

Altro strumento fondamentale per la sua ricerca è lo spazio. Resce, infatti, grazie anche ad alcune residenze d’artista, ha potuto indagare le relazioni temporali in termini orizzontali e verticali come, ad esempio, a Torino nel 2021. La ricerca dell’archetipo e dei sistemi relazionali e linguistici delle antiche civiltà, in questa occasione, ha portato l’artista a sviluppare la ricerca sui totem. View, per il progetto Storie di altre storie, ha visto Resce protagonista in piazza della Repubblica. Egli, ha basato la costruzione della sua opera principalmente su due concetti: la pazienza e il riuso. Riguardo al primo concetto, infatti, Resce ha atteso per ogni giorno la fine del mercato per raccogliere il materiale da modellare. Poi, è entrato in gioco il riuso di un materiale di scarto, che è stato utilizzato a fini creativi ed espressivi. Il progetto si presenta di forte impatto per la comunità torinese.

Emanuele Resce, View of Storie di altre storie, 2021, plastica, legno, pietra.

Infatti, in una piazza dove era solito svolgersi il mercato, in occasione dell’evento Paratissima, l’opera ha invaso lo spazio. Si tratta, quindi, di un intervento che supera il concetto di site-specific, ossia di opere nate appositamente per quel logo, andando oltre. Resce, con lo studio sul lavoro e sulla condizione sia ambientale che umana post attività, inserisce in queste opere il dato umano, di comunità. Con le dovute proporzioni, si può intendere l’intervento secondo i dettami dell’arte ambientale, una prassi avviata da Enrico Crispolti negli anni Settanta. L’arte, quindi, non è concepita come oggetto destinato alla comunità e da questa alienato, bensì come risultato dell’incontro tra l’artista e la comunità. In questo modo diventa un intervento di riflessione e di restituzione all’ambiente, che fa della memoria il suo punto di riferimento.

L’opera di Resce come meccanizzazione di forme archetipe

Anche se in breve, è possibile comprendere come le opere di Resce condensino nella materia filosofia antica, storia, arte e relazioni umane. L’artista, infatti, meccanicizza linguaggi e particelle di pensiero, solidifica e unisce materie di vario genere le cui sostanze cercano la forma archetipica, originale, atomica. Resce esce dalla forma, dalla sostanza attuale e artificiale per recuperare l’originale collocandosi in una fase successiva alla produzione industriale. Gran parte delle sue opere conservano un tracciato di pittura, data in maniera sempre chimica attraverso bombolette spray. La pittura non è un elemento di disturbo o di caos, ma un mezzo per creare equilibrio su oggetti che hanno appena raggiunto una loro essenza ed eternità.

Emanuele Resce, Unharmed to death rays, 2022, carrozzeria di auto, telaio di bici, ferro, pietra, spray.

In Resce, il titolo e l’opera percorrono vie parallele. L’artista è acritico nei confronti della sua produzione e non partecipa alla sua collocazione nel sistema artistico e nominale. Egli capta le necessità imprigionate nella materia e ne permette il suo naturale sviluppo nello spazio. La pittura, quindi, sostanzia, afferma e dà equilibrio alla forma atomizzata. Una forma data dall’uomo produttore e succube della produzione capitalista ma che ritrova la sua essenza e il suo spirito attraverso l’arte e i suoi processi. L’artista, quindi, non crea, ma asseconda, guida, modula e compone nello e con lo spazio la forma pura.

Tra un ready-made, poi analizzato, e la ricerca energica della materia, come avveniva per gli artisti poveri, Resce trova il suo linguaggio nella dissezione delle forme industriali andando a produrre criticamente e politicamente la sua arte.


FONTI

artribune.com

layoutmagazine.it

Portfolio dell’artista

CREDITS

Tutte le immagini pubblicate sono su autorizzazione dell’artista

 

 

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