I cantanti degli ultimi, da Dylan a De André

Il concetto di disuguaglianza

Nel mondo della musica sono spesso stati da ispirazione per gli artisti più impegnati temi sociali come le fratture tra ricchi o poveri, le gerarchie, la disuguaglianza, le ingiustizie.

Prendendo in analisi il corposo tema del razzismo, uno dei brani tra i più conosciuti è sicuramente Ebony and Ivory di Paul McCartney, del 1982. La canzone, dall’album Tug of War, affronta il tema relativo al colore della pelle. Il tutto toccato con estrema delicatezza poetica, sulla base della metafora dei tasti bianchi e neri del pianoforte che convivono a meraviglia.

Ebony and ivory live together in perfect harmony 

(Ebano e avorio vivono insieme in perfetta armonia)

Side by side on my piano keyboard, oh Lord, why don’t we?

(Uno di fianco all’altro sulla tastiera del mio piano, Signore, perché non noi?)

Un’altra canzone che non può mancare all’appello per la sua grande celebrità, è Imagine, di John Lennon. Forse per molti la prima canzone che viene in mente parlando di disuguaglianza.

John Lennon arriva addirittura a parlare di un mondo senza confini, senza Paesi. Si auspica un mondo senza religione, senza niente per cui morire o per cui uccidere. Un mondo dove tutti possano vivere insieme in pace e condividere il mondo. L’inno dell’uguaglianza e l’utopia della caduta delle istituzioni e dei concetti sociali.

Bob Dylan

Sul palcoscenico mondiale quello di Bob Dylan è l’esempio più importante di musica di protesta sociale. Senza dubbio uno degli artisti che più ha influenzato il modo di fare il cantautore in tutto il mondo.

Il focus di Dylan, premio Nobel per la letteratura, è spesso rivolto alla guerra e alla distruzione che essa provoca. Denunce all’America del Vietnam e canzoni provocatorie durante la Guerra Fredda; così Blowin’in the Wind e Knockin’ on Heaven’s Door  che segnano la storia musicale di tutti i tempi. 

Restando in tema, è imprescindibile la menzione di Hurricane. Il poeta-cantante americano si impegnò a raccontare la storia del famoso pugile di colore Rubin Carter, detto Hurricane, che fu processato, condannato e recluso per omicidio, seppur con insufficienza di prove. Dylan si schiera fortemente dalla parte del pugile innocente, e, senza figure retoriche o mezzi termini, accusa la giuria composta di soli membri bianchi di aver condotto un processo farsa, in cui Hurricane non aveva possibilità alcuna perché tutto era stato così designato.

All of Rubin’s cards were marked in advance

(Tutte le carte di Rubin erano già state scritte in anticipo)

The trial was a pig-circus, he never had a chance

(Il processo fu un “circo di maiali”, non ha mai avuto possibilità)

Intollerante nei confronti del pregiudizio razziale e della società americana, Dylan ha sempre difeso le minoranze confinate ai bordi. 

De Gregori

Come si diceva precedentemente, in Italia, come nel resto del mondo, Dylan è stato senza dubbio un modello ispiratore. 

De Gregori ad esempio ha tradotto in un album le canzoni dell’americano, e ha pubblicato De Gregori canta Bob Dylan- Amore e Futuro in 11 canzoni.

Il cantautore capitolino, nel 2016, insieme a Enzo Avitabile, canta Attraverso l’Acqua, una canzone che, mediante l’intreccio di italiano e dialetto di Lampedusa, tratta la situazione dei migranti e dei diritti civili. La canzone è stata tra le dieci selezionate per la vittoria della quindicesima edizione del Festival “Voci per la Libertà” di Amnesty International. De Gregori si conferma attento nel dipingere la diversità troppo spesso percepita. D’altronde non è una novità che nell’ultimo periodo i migranti sono spesso il centro di numerosi dibattiti politici. Troppo spesso considerati come i diversi da cui difendersi per salvaguardare il proprio Stato e le proprie tradizioni. Alcuni li vedono come una minaccia, e altri non li considerano affatto. De Gregori e Avitabile sottolineano il fatto che, europei, italiani o africani essi siano, sono pur sempre uomini.

Pecché m’addimane si songo italianoSi songo ‘e ll’Euròpa o songo africanoSi parlo cu ‘a vocca, respiro cu ‘o nasoSi tengo ‘na mamma, chi Dio m’ha criàto

L’asprezza della disuguaglianza e la condizione di emarginato, seppur in altre sfumature, appare anche in una delle canzoni più amate di De Gregori: La donna cannone. Il brano racconta di una donna usata e sfruttata solo nella sua funzione di essere la maggiore attrazione di un circo. Qui presumibilmente per via di un corpo rotondeggiante, svolge la parte di donna-cannone. Il suo numero, verosimilmente consiste nel lanciarsi da una specie di cannone come una palla. Per amore e per stanchezza, la donna cannone, decide di volare “oltre l’azzurro della tenda, nell’azzurro”. Una denuncia, uno schierarsi dalla parte di chi si è sentito diverso e ora “Senza passare dalla stazione l’ultimo treno prenderà”. Questo è il fallimento di una società che ha emarginato, una società di “superbi e maligni” alla faccia dei quali “il mio (della donna cannone) nome scintillerà”.

Un tratto caratteristico di De Gregori (ma anche di Dylan e De André) è la scrittura allegorica ed estraniante, la rappresentazione e la commistione di ogni tipo di essere umano senza dare giudizi di valore. Tutto ciò è riscontrabile in quella che è considerata la sua canzone più famosa: Alice. Lei è probabilmente una bambina, o forse una presenza non per forza realmente esistente.

Attraverso l’occhio di Alice non vediamo nient’altro che gatti che guardano il sole, perché Alice è disinvolta, non sa nulla del mondo e di tutto quello che accade intorno a lei. C’è una Irene, che ha tutta l’aria di essere una stanca della vita. Poi c’è Lilì Marlene, una vecchia travestita da giovane. Alice non sa nulla di loro, non sa dello sposo che è costretto in un matrimonio per aver messo incinta lei. Non è a conoscenza di Cesare che aspetta invano la sua amata sotto la pioggia. Ignora l’esistenza del mendicante arabo malato di cancro (“ha qualcosa nel cappello”, nella versione originale è “ha un cancro nel cappello”) che fa le elemosina.

Tra le canzoni di Dylan cantate da De Gregori, Servire qualcuno tira in ballo un altro concetto: povero o ricco che tu sia, qualunque cosa tu faccia, sarai sempre costretto in un modo o nell’altro ad essere alla mercé di qualcuno. Denuncia esplicita verso il modo in cui gira il mondo, la canzone fa crollare la distinzione tra uomini basata sulla “casta” e sul rango sociale. 

De André

Sulla stessa linea della lotta all’indifferenza, e dell’occhio rivolto agli ultimi, forse in maniera anche più evidente, Fabrizio De André, è per antonomasia il poeta degli emarginati. 

Egli stesso ha ripreso Dylan più volte come ad esempio nella sua Avventura a Durango tratta da Romance in Durango.  Ad accomunare i due anche le canzoni ispirate ad antiche ballate spesso inglesi o francesi. 

De André è un cantante più “del singolo”. Racconta i fatti, di cronaca o d’immaginazione che siano, spesso con un personaggio principale che raffigura esattamente l’idea di emarginato sociale. Ubriaconi, prostitute, poverissimi, assassini, che nel finale trovano sempre conforto in una qualche frase di espiazione di De André che li rende persone vive e per questo dignitose. 

Se non sono gigli, son pur sempre figli, vittime di questo mondo. 

Al contrario, gli alti funzionari, i massimi rappresentanti della società politica o religiosa (quando essa scende nel bigottismo) spesso vengono abbassati e disprezzati.

In altri casi egli ritrae dei luoghi, come La Città Vecchia o Via del Campo. In questi posti si possono scorgere personaggi d’ogni tipo. I posti degli ultimi, popolati da ultimi; i “quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi”. Proprio in Via del Campo, sembra di percorrere quella strada a passo di musica e scorgere ad uno ad uno i personaggi citati. Si arriva così alla frase finale, che a mo’ di fulmen in clausula (come spesso in De André), prende in contropiede il lettore con una massima rimasta nella storia:

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior. 

Degna di nota è Andrea che racconta una storia d’amore omosessuale finita con il lutto a causa della guerra. In concerto, per presentare la canzone, De André usò queste parole:

Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo addirittura poetico, “figli della luna”. Quelle persone che noi continuiamo a chiamare “gay”, o per una strana forma di compiacimento “diversi”, se non addirittura “culi”. Mi fa piacere cantare questa canzone […] così a luci accese, a dimostrazione che oggi, almeno in Europa, si può essere semplicemente sé stessi senza bisogno di vergognarsene. 

Insomma un vero e proprio incitamento a lottare contro la falsità del concetto di diversità intesa come mancanza anziché come occasione di crescita.

La pochezza in Via della Povertà 

Un lavoro che accomuna questi tre grandi artisti è una lunga canzone che tocca proprio il tema della diversità e della povertà: Desolation Row, o Via della Povertà nella versione italiana.

Quella di De André e De Gregori, non è una semplice traduzione di Desolation Row, è un’interpretazione che si dà alla canzone. È un brano in pieno stile Dylan ma anche perfettamente coniugabile con gli autori italiani: testi molto allegorici, persone e personaggi che vanno sempre interpretati, temi profondi e non banali.

In Via della Povertà, possiamo trovare uomini e allegorie che fanno qualcosa che spesso è molto simile al non fare nulla. Non hanno niente di speciale, ma allo stesso tempo sembrano tutti dei diversi. A partire dai marinai al salone di bellezza, passando per Einstein travestito da ubriacone (in Dylan, travestito da Robin Hood) fino a coloro che a mezzanotte verranno catturati dall’Hitler di turno e non potranno sfuggire al loro destino.

Questa gente di cui mi vai parlando

è gente come tutti noi

non mi sembra che siano mostri

non mi sembra che siano eroi

Alla fine si capisce che la voce cantante ha ricevuto delle lettere da un abitante di Via della Povertà e sembra non rimanere affatto colpito dai personaggi. Nella via della pochezza (Povertà va inteso in questo senso) sono tutti vuoti, dunque poveri. Marcato è anche il tono di indifferenza attraverso i marinai che non hanno mai saputo in tutta la loro vita neanche l’orario (i marinai sono presenti solamente nella versione italiana, ndr).

Il monito finale anticonformista rivolto al mittente è quello di non inviare più lettere da Via della Povertà perché non avrà risposta. L’ultima strofa sembra così essere la risposta alla lettera, ovvero a tutto quello che si è appena ascoltato. Per questo motivo questa è separata dalle altre da un assolo di armonica molto lungo.

Quelli di Via della Povertà in un modo o nell’altro non possono sfuggire al potere rappresentato dai poliziotti e da Adolfo (Hitler). 

L’interpretazione del testo è da ricercare nell’assenza di giudizio nei confronti delle persone. Dalle più famose a quelle indistinte, tutti hanno parvenze di uomini vivi. Povertà è pochezza, desolation, e questa è anche la caratteristica di chi la vive. Non si condanna mai effettivamente nessuno di loro, ma la società che li rende tali.

 

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