3 buone ragioni per amare “I delitti del BarLume”

L’estate sta finendo e un anno se ne va
Sto diventando grande lo sai che non mi va
In spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più
È il solito rituale, ma ora manchi tu
L’estate sta finendo, Righeira, 1985

Non c’è definizione migliore di “rituale” per definire l’estate italiana. La stagione più importante per il popolo della penisola che seppur cerca di rimanere al passo coi tempi, rimane fedele nella sostanza delle proprie tradizioni. Ogni anno ragazzi e ragazze, col sopraggiungere di giugno, gridano al vento la propria voglia di libertà e annunciano il momento di svolta della propria vita. Ma è solo un’altra estate che arriva e se ne va.

Sotto il sole della toscana, in un luogo favolistico di nome Pineta, questo rituale ha assunto tratti mistici e, tra le chiacchiere di un piccolo bar di provincia con vista mare, ha cominciato a tingersi di giallo. Quando le temperature si alzano in questo piccolo angolo di paradiso gli umori della gente si scaldano in maniera vertiginosa e puntualmente ci scappa il morto. Una tragedia direte voi. Non per tutti. Non per quattro arzilli vecchietti che di farsi gli affaracci propri non ne hanno alcuna voglia e che si improvvisano detective tra una briscola e un tresette. D’altro canto in qualche modo dovranno pur ammazzare la noia. Nei guai in cui si vanno a cacciare tuttavia trascinano anche lo svogliatissimo barista del BarLume, loro ritrovo di fiducia, Massimo Viviani, che ben presto di quei quattro non riuscirà più a liberarsene.

Questo è I delitti del Barlume. Una serie dal pretesto semplice ma che nel corso di nove stagioni ha conquistato il pubblico con le proprie atmosfere ed il carisma dei suoi personaggi. Ad ogni modo se non avete mai visto un solo episodio delle avventure del Viviani oppure avete sempre guardato con sospetto alla serie perché temevate i possibili sviluppi narrativi “all’italiana”, inteso nel senso negativo che il termine ha purtroppo acquisito negli ultimi anni, eccovi tre ragioni per il quale avete commesso un grosso errore.

1) La toscanità

Sarà il fascino del vernacolo? Sarà il famoso sole della Toscana? Difficile a dirsi. Quello che è certo è che uno dei segreti de I delitti del BarLume è l’atmosfera. Basta vedere un episodio qualsiasi, senza nemmeno conoscere a pieno i personaggi, per sentirsi trasportati immediatamente nella assolata Pineta. Una città di fantasia, vicino Pisa eppure visivamente impossibile da non associare all’isola d’Elba, che racchiude al suo interno tanti stereotipi ben ricercati e quanto più veritieri possibili riguardo il modo di vivere dei toscani. La passione per ruzzare sempre a discapito spesso anche del buon gusto, il dialetto contagioso con la sua musicalità ed il suo ritmo incalzante che a suon di deh e di proverbi entra subito nel cuore e la sinergia tra la cittadina e i suoi abitanti che sono indissolubilmente legati dal concetto stesso di essere toscani. Uno status che basta a giustificare tutto e che crea nello spettatore un immaginario dal fascino quasi esotico.

2) I personaggi

Tocca partire dai “bimbi” deh.

I bimbi in questione sono i protagonisti assoluti della serie, con buona pace di Massimo Viviani, il proprietario del BarLume interpretato da Filippo Timi. Irriverenti, pettegoli, campanilisti e ficcanaso, questi quattro vecchietti, Emo, Gino, Pilade e Aldo, non ne vogliono sapere di farsi gli affaracci propri. Sono il motore dell’azione e il cuore pulsante della serie, visto che in un modo o nell’altro non riescono a non immischiarsi con ogni delitto dell’estate pinetina. Accanto a loro, tra i quali è giusto ricordare svetta il nome di Alessandro Benvenuti, col susseguirsi delle stagioni si aggiungono nuovi e pittoreschi comprimari che di volta in volta vengono approfonditi nelle dinamiche interpersonali e ai quali viene dedicato più di un momento al sole.

La Tizi, barista del BarLume e iniziale amore proibito di Massimo, e il commissario Fusco, interpretata da Lucia Mascino, sono la componente femminile della serie che forte del proprio carisma si impone nella vita professionale e non dello sfortunato Viviani, che anche a causa loro arriverà alle soglie della follia.
<span;>Tra gli altri nomi di peso del cast Stefano Fresi e l’immenso Corrado Guzzanti, questi nel ruolo dell’insopportabile perito assicurativo veneto Pasquali.

3) La semplicità

Non bisogna fraintendere questo concetto di semplicità. Non si parla di banalità o di produzione senza pretese, anzi, al contrario. La semplicità in questione è nel modo in cui si pone la serie nei confronti dello spettatore. Non ha l’aspirazione di essere un crime dagli intrecci mindblowing, bensì si concentra su delitti perfettamente contestualizzabili nel panorama di una piccola cittadina di mare toscana. Il focus è sempre sui personaggi, su come questi si mettono in gioco e sulle conseguenze che le storie hanno sulla macrotrama che unisce tutte le varie stagioni della serie. La qualità delle riprese e la sceneggiatura solida la discostano decisamente dalla giustamente bistrattata categoria della “fiction all’italiana” e le donano una sua nobiltà come prodotto di intrattenimento. Insomma una sana semplicità è la cifra stilistica de “I delitti del BarLume” che trova la sua forza nella simpatia dei personaggi, dovuta alle capacità del comparto attoriale e al lavoro di scrittura, e si impone tra il pubblico per il realismo magico delle sue atmosfere.

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