Biennale Gherdëina, natura e arte nelle Dolomiti

In Val Gardena, dal 20 maggio al 25 settembre 2022 si è svolta l’ottava edizione della Biennale Gherdëina. La Biennale nasce nel 2008 per volere di Doris Ghetta con la volontà di realizzare una manifestazione culturale ad ampio raggio che mantenesse il rapporto con la realtà locale. Infatti, questa edizione, a cura di Lucia Pietroiusti e Filipa Ramos, presenta opere di venticinque artisti in dialogo con il paesaggio unico della valle, dal 2009 patrimonio Unesco.

Cosa è la Biennale Gherdëina

Scorcio della Vallunga in Val Gardena.

In quanto festival di arte contemporanea la Biennale alto-atesina ha come fondamento l’ambiente e il sociale. La natura e la cultura locale incontrano gli artisti e le loro poliedriche produzioni, dalla pittura alla video arte fino alla scultura. Fondamentale, quindi, risulta la tematica dell’incontro e dello scambio tra persone, flora, fauna, storia e tradizioni della valle, dove la comunità ladina da secoli difende le proprie origini. La prima particolarità che viene in mente è la scelta del luogo per un evento del genere che, tra i partner, vede anche il MAXXI di Roma, sempre attento a cogliere la varietà fluida dell’arte contemporanea. Oritsei, capoluogo della valle non è Venezia nè Firenze, tuttavia riesce a essere una cornice importante e di tutto rispetto.

La particolarità di essere un piccolo centro è data tutta dalla sua posizione geografica. Circondata dalle Odle, dal Gruppo del Sella, dal Sassolungo e dal Sassopiatto, la valle possiede una forte identità. Il suo paesaggio montano, la ruralità, la lingua e la sua storia hanno influenzato le scelte curatoriali della Biennale. La struttura e il contenuto si muovono insieme creando un prodotto unico. Il presidente della Associazione Zënza Sëida, Eduard Demetz, organizzatrice dell’evento, vede la nostra epoca centrale per lo sviluppo degli essere viventi.

Quindi, non più una visione antropocentrica, bensì una visione armonica tra uomo e natura. Dall’aria alle piante fino all’acqua e alle rocce, tutti questi elementi sono fondamentali per lo sviluppo della nostra società. Questa è la tematica dell’evento, dove un futuro sostenibile deve essere al centro dei programmi di governo. L’arte e la cultura sono stati sempre veicoli anticipatori di visioni e movimenti, l’auspicio è che la Biennale di quest’anno non resti nel dimenticatoio ma sia un esempio per la gestione del nostro ambiente.

Gli effetti della Biennale

Ovviamente, l’evento è di grande importanza per il sistema artistico della valle e di tutto l’Alto Adige. La valorizzazione delle associazioni e delle gallerie permette ogni anno di accrescere l’offerta culturale.  Ad esempio, la Galleria Doris Ghetta, di fama internazionale, il Museum Gherdëina e la Vijion Art Gallery fanno emergere nuovi orizzonti dell’arte locale, presentando nuove visioni del contemporaneo. La Biennale, inoltre, valorizza gli spazi pubblici, in quanto si è dimostrata capace di accogliere un pubblico di settore oltre a quello degli appassionati di montagna. Un esempio è l’installazione della precedente Biennale presso Piazza Sant’Antonio all’Hotel Ladinia, tutt’ora visibile e incrementata artisticamente.

Il dialogo tra le opere esposte e la storia dei paesi della valle è il punto forte dell’evento. Case dalla costruzione tirolese e nord Europea, convivono con interventi site-specific e installazioni temporanee. Questo offre alla valle un valore aggiunto sia dal punto di vista sociale che economico. Per anni queste zone hanno subito l’effetto dello spopolamento ma ora, grazie anche ad eventi del genere, molti stanno tornando per contribuire alla ricerca artistica. L’incremento turistico estivo, poi, non è da dimenticare. In quanto patrimonio Unesco, la valle ha già avuto un incremento durante la stagione invernale, che ha lanciato Ortisei tra i comuni più famosi del mondo. Il turismo estivo è più di nicchia ma, negli ultimi anni, gli albergatori gardenesi hanno avuto un netto aumento.

La Biennale porta un pubblico di appassionati e di settore ma la lungimirante organizzazione ha aperto ad ogni tipo di fruitore. Infatti, i workshop e le visite guidate sono state uno strumento giusto e fondamentale per portare l’arte anche al neofita e, soprattutto, per regalare una esperienza. Sicuramente, oltre ai soliti souvenir, chi ha partecipato alla Biennale ha portato nelle proprie città una maggiore consapevolezza del nostro ecosistema. Un obiettivo questo, che è stato prefissato dai due curatori che l’hanno posto come tema della Biennale di quest’anno.

Persones Persons

In quanto evento artistico, La Biennale si inserisce nell’ecosistema della valle. La Biennale è una persona che è allo stesso tempo ogni elemento naturale che costituisce il paesaggio.

In dialogo con le valli alpine, le montagne e i cieli della Ladinia e in celebrazione della moltitudine di forme di vita – umana, animale, vegetale, minerale, micrologica – che le popolano, le storie di Persones Person sono raccontate in modi diversi. Attraverso mostre, incontri, performance, canzoni, racconti, libri e altri flussi di scambio. E anche in molte lingue: l’inglese e gli idiomi della Ladinia: ladino, italiano, tedesco. 

La curatela della mostra si muove lungo due direttrici: la personalità giuridica dell’ambiente e la memoria dei suoi abitanti. La prima prende in considerazione il concetto di ecocidio, il quale ha fornito un quadro nel cui interno ci si difende dai delitti contro l’ambiente. Tutti gli effetti distruttivi sono considerati come azione in negativo sul sistema ambientale e, la scelta delle opere, vuole riportare in positivo questa azione antropica. Questo è un paradigma che muove la volontà di una giustizia sociale che passa anche dalla conservazione dell’ambiente e dalla relazione tra questo e l’uomo.

Proprio quest’ultima analisi porta alla memoria. Le singole opere incoraggiano il riconoscimento di intervento di miglioramento che viene dalla consapevolezza della propria storia. La Biennale, quindi, analizza le memorie antiche e future studiando le migrazioni, i movimenti stagionali e la transumanza. Queste, creano delle linee nel terreno indelebili che caratterizzano la zone, un tempo poverissima e oggi ricca grazie al turismo. Il recupero della tradizione passa anche da questa Biennale attraverso la riscoperta delle pratiche di pastorizia stagionale. Di conseguenza, sono state riscoperte leggende locali legate all’agricoltura, all’allevamento e alla formazione della valle. Come la leggenda di Gardeno e Selladilla oppure le storie femminili sul Regno di Fanis.

La Biennale ha messo insieme vita quotidiana e mitologia per cucire un rete di relazioni tra passato e futuro, essere umani e paesaggio, e anche tra l’arte ed ecologia. 

Gli artisti in mostra

Il lavoro dell’intaglio del legno.

Etel Adnan porta due dipinti di piccolo formato (Sunken Sun e 079 D13) dove riduce la presenza materica del sole a pura astrazione. La linea d’orizzonte fa da punto di rifermento ad una costruzione atmosferica che tende ad essere sempre più rarefatta. Entrambe le opere hanno dentro di sé un meccanismo di giocosità e ottimismo ma anche una vicinanza con la vitalità della natura. Adnan esprime, quindi, l’energia necessaria per vivere la vita partecipando alla sinergia dell’universo. Come scrive Simon Fattal:

Rispecchiano l’elogio dell’universo, l’esperienza di esso, l’immersione in esso, la partecipazione alla sua formazione. Nessun lamento, nessun’elegia. Amore. 

Chiara Camoni trasporta la sua Toscana in Alto Adige. Fa uso di argilla, foglie, rami, legno e lana per realizzare opere vicine, anche per pratica, all’artigianato. La sua capacità di lavorare con scale diverse le permette di modellare sia divinità femminili che grandi animali in legno, creando una armonia tra grande e piccolo. Il materiale si fonde con lo spirito e l’artigianale con l’intellettuale, come nell’opera Sorella, commissionata proprio dalla Biennale. Realizzata con la polvere bianca di dolomia della Vallunga in Gardena e fusa con l’argilla, la scultura rimanda ad una creatura del bosco. La Donna, a metà tra una divinità e una strega, è un omaggio alla mitologia ladina, al mito dei Krampus di San Nicolò e alle streghe dell’Alpe di Siusi.

Anche Giles Round con Il Mostro, si inserisce nella memoria mitologica della valle. Ispiratosi alla secolare tradizione dell’intaglio del legno gardenese, Round progetta degli interventi a Ortisei narrando una storia con un protagonista da lui inventato e realizzato. Il mostro si inserisce nella letteratura ladina per creare un nuovo mito e aprire la ricerca sui precedenti. Un lavoro, quindi, di memoria nella memoria, rispettando le tradizioni gardenesi cristallizzandone il passato e proponendone un futuro. Infine, la mitologia per Round costituisce la forma della memoria e l’arte il suo strumento di valorizzazione.

Ancora artisti, ancora Biennale

Con Thaddäus Salcher la Biennale esplora le potenzialità espressive della scultura. Salcher è interessato a realizzare forme semplici e archetipiche con fusioni in ferro e pietra. Egli esplora il costante dialogo tra figurazione e astrazione, natura e cultura, spirito e materia, trovando in Gardena una stretta relazione con il paesaggio. Infatti, Sas Viv, L salvan e Spiedl dl’ana sono tre grandi sculture realizzate in porfido, pietra calcarea tipica della zona. L’intervento dell’artista è volutamente minimale per dare alla pietra sia l’aura di opera d’arte che di mediatrice tra l’uomo e la montagna.

Martina Steckholzer è in grado di realizzare contemporaneamente pittura concreta, astratta e poetica. Alla Biennale presenta la serie Hemisphere and Planisphere, nella quale indaga la scienza astrologica a partire dalle carte celesti del XVIII secolo. Gli spazi sono abitati da creature che si liberano nell’aria e che danzano ad un ritmo ancestrale connesse l’una con l’altra. L’ambiente è eterno ma allo stesso tempo concreto e fa da sfondo a un movimento leggero e di relazione. Una relazione sostenuta dalle sfere celesti e dagli astri che si nascondono nella nostra galassia.

Infine la poesia e la narrazione fiabesca di Bruno Walpoth. Il suo Pinocchio di legno e noce giace seduto in bilico su una mensola di Castel Gardena, contribuendo a dare ancora più mistero a questa costruzione. Con quest’opera si torna all’origine del nome della rassegna, in quanto etimologicamente la parola “persona” in realtà rimanda alla maschera teatrale. Gli Etruschi consideravano la persona come un involucro che assume una vitalità per partecipare alle cose del mondo. Pinocchio è sia ricordo che futuro, sia gioco che introspezione. La scultura, con il suo andamento timido è sia arte che un monito di riflessione sulla condizione attuale del mondo.

Cosa resta di questa Biennale

Arte, natura e vita si sono incontrate tra le mitiche montagne della Val Gardena. Il visitatore non ha dovuto fare altro che vivere questa unione indissolubile che ha dato linfa creativa agli artisti in rassegna. Dalla mitologia fino alla creazione delle rocce e dei prati che da sempre caratterizzano questa zone di Italia. La Biennale ha proposto una lettura ambientale del fare arte insieme a una considerazione politica del sistema di conservazione e valorizzazione del territorio. Le opere d’arte, sparse nella valle, hanno permesso al fruitore di soffermarsi veramente sul significato di conservazione.

Conservazione della memoria ma soprattutto dell’ambiente, che ogni anno vede migliaia di turisti sul suo territorio. La comunità locale, da anni ormai, anche attraverso queste manifestazioni, ha compreso l’importanza di mantenere intatte certe tradizioni. Dalla costruzione di nuovi alberghi fino alla realizzazione di percorsi, a piedi, con gli sci oppure in bicicletta per scoraggiare l’uso dell’automobile. Il percorso artistico qui fa lo stesso. Sono opere in piena sintonia con l’ambiente e che sottolineano l’importanza della conservazione prima che della valorizzazione.

 


Fonti

archiportale.com

artribune.com

Biennale Gherdëina ∞. Persones Persons, a cura di Lucia Pietroiusti e Filipa Ramos, Associazione Zënza Sëida, Pontives 2022.

biennalegherdeina.it

internimagazine.it

 

 

 

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