Riflessione sul libro di Ilaria Gaspari: “Vita segreta delle emozioni”

Vita segreta delle emozioni

Nel bene o nel male, quando le emozioni prendono il sopravvento, l’intelligenza può non essere di alcun aiuto

Ilaria Gaspari è stata definita “l’astro nascente della filosofia italiana”, il suo modo di esprimersi incanta e irretisce. La sua ultima opera, edita da Einaudi, Vita segreta delle emozioni è dedicata “A tutti gli sconvolti, gli sperduti, gli agitati, i frammentati”.

In questo romanzo Ilaria Gaspari ci delinea un’interessante e mai banale panoramica sulle principali emozioni umane, ricordandoci il ruolo fondamentale che esse svolgono all’interno della nostra vita e l’importanza cruciale di dar loro la giusta valenza, legittimandole e tentando di conoscerle il più possibile. Il modo in cui l’autrice compie questo processo è incredibilmente affascinante e maestoso: attingendo sapientemente all’enorme patrimonio culturale umanistico e creando suggestivi ponti col passato.

Il sapere umanistico come specchio di se stessi

Di fatto, la gestione dell’emotività di un individuo è strettamente collegata alla sua cultura di appartenenza, con tutto ciò che ne deriva in termini di gestualità, convenzioni sociali, linguaggio non verbale; oltre che dalle caratteristiche del singolo individuo

Eppure le somiglianze esistono, ci aiutano a comprenderci e a riconoscere noi stessi negli altri, ed è forse, come ci ricorda la Gaspari, una delle caratteristiche più affascinanti del ramo umanistico del sapere:

In quel racconto di sé così appassionato, profondo, così vivido e vivente, ci parla il segreto più magnifico dell’Umanesimo: per quanto diversi, e distanti, per ragioni di storia, di cultura, di vita, il fatto di essere umani ci permette di parlarci da lontananze di secoli, di essere  contemporanei anche se separati dagli abissi del tempo.

A tal proposito basti pensare, tra i tanti esempi, al ruolo chiave che Dante attribuisce alla letteratura lungo tutta la Divina Commedia, la cui funzione varia a seconda delle situazioni, e in particolare al ruolo che essa svolge nel V canto dell’Inferno, dove Paolo e Francesca raccontano di essersi innamorati leggendo la storia d’amore tra Lancillotto e Ginevra:”Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:quel giorno più non vi leggemmo avante”.

Le emozioni oggi

Soffermando l’attenzione sul momento presente, l’autrice esprime un concetto indiscutibilmente vero riguardo quella che è l’ambigua e fuorviante narrativa con cui, nella nostra società, siamo soliti trattare le emozioni:

Sulle emozioni vige un bando ambiguo: da una parte sono scoraggiate, perché segno di debolezza, perché vergognose, perché aprono uno squarcio che forse somiglia troppo a una ferita sulla vita più profonda di chi le prova; dall’altra, le si ostenta con sapiente esibizionismo, come medaglie, per la curiosità malandrina di chi guarda.

Ed è innegabile il riscontro con la realtà: possiamo notare infatti un forte stigma che attanaglia chiunque non sia in grado di affrontare la vita in maniera impeccabilmente disinvolta e controllata. Stigma diffuso e ben radicato all’interno della nostra società, dove “emotivo” è sinonimo di “debole”, “vulnerabile”; dove reprimere le emozioni ci aiuta a sentirci accettati.
Questo corollario di pregiudizi infondati, al contrario di altri, nuoce a ognuno di noi anziché a una minoranza ristretta, e rischia di non avere margini di miglioramento, anzi di peggiorare sulla scia del mondo dei social che ci impone performance strabilianti, un aspetto smagliante e un tono dell’umore sempre alto e stabile.

Al contempo, paradossalmente, la spettacolarizzazione delle emozioni è all’ordine del giorno, rivelando tratti tossici, allontanandoci dalla spontaneità e indirizzandoci ancora una volta verso un canone prestabilito, spesso eccentrico o smielato, nel quale solo in pochi si riescono a riconoscere. Due approcci diametralmente opposti, dunque, entrambi incapaci di farci sentire a nostro agio con la nostra natura e impedendoci di vivere la sfera emotiva in modo sano e autentico. Infatti, il meccanismo di repressione delle emozioni si declina il più delle volte in un disagio emotivo che, esacerbato dall’incapacità di guardarsi dentro, cresce dentro di noi sempre più caotico e indecifrabile.

L’importanza di “sentirsi”

Nel capitolo riguardante l’ansia, Ilaria Gaspari scrive:

Mi è stato detto che dovrei vincerla, cercare di estirparla, curarla, che dovrei liberarmene. Ma io, ormai, non ne ho più voglia.
Voglio solo imparare a vivere con lei, riconoscere i segni del suo linguaggio, che sì, è piuttosto brusco, coercitivo; eppure, da quando ho cominciato, a modo mio, a starla a sentire, mi sono accorta che aveva delle cose da dirmi. Cose che, in qualche circostanza, mi hanno persino un po’ salvata.

Da queste parole trapela una consapevolezza che è propria di chi, a più riprese, ha combattuto con questo “terrore senza nome” ed ha imparato ad accettarlo come un segnale dall’interno che, seppur spaventosamente angosciante, spesso ci strattona per un motivo. Ed è in virtù di questo che la capacità di riconoscere le proprie emozioni diventa imprescindibile per noi essere umani. Saperci ascoltare, smettere di nasconderci, si rivela non solo liberatorio, rivoluzionario, nello scostarci dalla dicotomia tra “atrofia e spettacolarizzazione”, ma anche e soprattutto il presupposto per vivere in un buono stato di salute (fisica e mentale).

Mente e corpo

Solo ansia, come mi sono sentita ripetere tante volte, di fronte al mio sgomento per il cuore che mi balzava in gola, che batteva troppo forte e troppo presto; per il respiro che non sembrava capace di scendere né di salire, né su né giù – eppure respiravo, malgrado il nodo in gola. Perché non era un nodo vero, era un’illusione: era ansia.

La questione del legame indissolubile tra la mente e il corpo è contorta sin dai primi studi al riguardo, d’altro molti meccanismi del nostro cervello rimangono tutt’ora un mistero per noi (e forse lo rimarranno per sempre, come sostiene la corrente filosofica del neomisterianesimo). Nonostante la poca nitidezza, rimane il dato di fatto che, all’occorrenza, la sfera emotiva, così spesso declassata dal genere umano, è in grado di piegare il corpo e la mente. Daniel Goleman, celebre psicologo statunitense, nella sua opera “Intelligenza emotiva” si muove appunto in questa direzione già da decenni, affermando che

una concezione della natura umana che ignorasse il potere delle emozioni si dimostrerebbe deplorevolmente limitata. La stessa denominazione della nostra specie, Homo sapiens – la specie in grado di pensare – è fuorviante quando la si consideri alla luce delle nuove prospettive che la scienza ci offre per valutare  il ruolo delle emozioni nella nostra vita.
Come tutti sappiamo per esperienza personale, quando è il momento che decisioni e azioni prendano forma, i sentimenti contano almeno quanto il pensiero razionale, e spesso anche di più.

FONTI
Gaspari I, “Vita segreta delle emozioni“, Einaudi, 2020.
Goleman D, “Intelligenza emotiva”, Rizzoli, 2021

CREDITS
copertina

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