“Moon Knight”, la vendetta sa essere lunatica

Durante l’annuncio della Fase 4 del MCU in tanti hanno notato come gli Studios della Marvel avessero deciso di puntare, per quanto riguarda il panorama delle serie tv, su personaggi minori o secondari all’interno dello sconfinato universo narrativo supereroistico di Stan Lee e compagni.

Un nome che ha particolarmente colpito gli appassionati è stato quello di Moon Knight. A coloro che non avevano familiarità con il lato fumettistico del MCU questo non ha suscitato alcun che, ma chi conosceva le particolarità del personaggio ha da subito apprezzato la scelta di dedicare un piccolo posto al sole a un antieroe così speciale.

A far compagnia alla curiosità c’erano tuttavia innumerevoli timori, dati in primis dal tipo di storie vissute dal giustiziere della luna, decisamente più mature e violente rispetto a ciò che si è visto su schermo in questi anni, e dal suo carattere a dir poco singolare.

Occhio di Falco pensava che un sacco di cose fossero divertenti. “Fammi capire bene, Moony. Tu lavori di notte? E ti vesti tutto di bianco? Ah ah ah ah”. Credeva fosse buffo. Gli ho detto che non mi vesto di bianco per nascondermi. Mi vesto di bianco perchè mi vedano arrivare. Perchè sappiano chi sono.

Confusione di mezzanotte

Steven Grant è un uomo dalle abitudini alquanto bislacche. Fervido appassionato di egittologia, lavora come galoppino presso la National Gallery. La sua quotidianità è un rebus senza soluzione, poiché sconvolta a più riprese da improvvisi blackout cognitivi che gli impediscono di vivere una vita serena e normale. Tale disturbo lo ha portato persino ad auto-incatenarsi al letto la notte, prima di andare a dormire, per evitare inconsce e indesiderate avventure sonnambule. Eppure tutti i suoi ossessivi rituali sembrano non essere abbastanza per contenere il segreto che si cela dentro di lui. Così nel tempo di un battito di ciglia il povero Steven si ritrova come teletrasportato suo malgrado dall’uggiosa Londra alle verdi Alpi Austriache, al centro di una sinistra setta di seguaci della dea Ammit. Il pastore di questo tetro gregge è un uomo di nome Arthur Harrow il quale possiede il potere di giudicare le anime dei vivi tramite una bilancia, proprio come si narra fosse in grado di fare la divinità egizia dalla testa di coccodrillo.

La domanda sorge spontanea. Perché il povero Steven Grant si trova improvvisamente lì? Egli custodisce un amuleto a forma di scarabeo, oggetto delle brame del suddetto Harrow poiché chiave per la tomba di Ammit. Il legame con il mondo ancestrale dell’antico Egitto appare sempre più forte e un piccolo indizio riguardo i vuoti di memoria di Steven sembra emergere da uno specchio. Durante una rocambolesca fuga il suo riflesso gli parla. Nella mente dell’uomo risiede un’altra personalità, capace di prendere il sopravvento sull’indifeso commesso della National Gallery e di trasformarlo in un vigilante dalle capacità fisiche sovrumane. Si tratta di Marc Spector, un misterioso mercenario che ha stretto un patto con la divinità egizia del cielo notturno Khonshu al fine di portare vendetta e giustizia ai danni di colori che feriscono i viaggiatori della notte. È la genesi di Moon Knight, che ora dovrà fare i conti con la setta di Harrow e soprattutto con le domande che assillano la propria mente.

Mr. Knight e le sue notti turbolenti

Moon Knight, forte del proprio protagonista fuori dalle righe, si presenta come una serie non lineare. La storia è narrata, almeno nelle prime puntate, con un incedere straniante, fatto di balzi in avanti nel tempo senza soluzione di continuità, al fine di trasmettere l’ambiguità della condizione di Steven Grant. L’idea è interessante e funziona. Il mistero delle multiple personalità affascina lo spettatore, che senza alcun dubbio risulta più interessato a dipanare l’intricata matassa costituita dai ricordi e dal passato di Marc e Steven, piuttosto che a seguire il conflitto con la setta di Ammit. Ecco, questo è un punto debole della serie. L’Harrow di Ethan Hawk non manca di personalità, ma la sua crociata risulta a tratti scialba e perde colpevolmente di mordente nel suo apice, la battaglia finale tra Ammit e Khonshu che si risolve troppo in fretta e lascia interdetto chi guarda riguardo le dinamiche dello scontro.

Non è un caso che la puntata più acclamata della serie risulti essere la penultima, Asylum, dedicata interamente all’interiorità del protagonista che, alla ricerca di risposte riguardo il proprio disturbo dissociativo, si trova proiettato all’interno di un onirico centro di igiene mentale. Oscar Isaac regala una prestazione degna di nota nei panni di Moon Knight e di tutte le sue personalità, per quanto spesso decisamente sopra le righe nei panni di Steven Grant.

In attesa di vedere il mattino

È evidente che il progetto Moon Knight abbia diversi alti e bassi, che non minano la godibilità del prodotto Marvel, ma che sicuramente influiscono su un eventuale valutazione complessiva finale. Il personaggio di Layla, moglie di Marc, e la sua trasformazione in supereroina egizia, come gridato a gran voce nella serie casomai ci si fosse malauguratamente distratti, risultano lievemente forzati. Alcuni episodi non reggono l’andamento della storia e costituiscono un calo di dinamicità all’interno della narrazione. Le interazioni tra Khonshu e le altre divinità non mostrano con chiarezza quali siano i rapporti di forza nel pantheon divino egizio, suscitando confusione nello spettatore. Tuttavia al netto di queste e altre sbavature, Moon Knight fa il suo debutto con un voto positivo sui nostri schermi e lancia nel MCU un nuovo affascinante personaggio il cui futuro è ancora tutto da decifrare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.