Islanda e letteratura: un paese di lettori forti

Avevamo già parlato di Islanda e letteratura in un vecchio articolo e, come allora scriveva Alberto Fumagalli, è giusto ribadire anche qui l’importanza dell’Islanda in particolare, e più in generale della Scandinavia, come paese che, tra le altre cose, è (soprattutto) letteratura. “Se dici Islanda dici anche letteratura”. Non c’è affermazione più vera: in proporzione ai suoi abitanti, la cui densità è molto esigua, la produzione letteraria islandese è tra le più feconde, nonché quella che conta il più alto numero di libri pubblicati pro capite. C’è da considerare sicuramente una serie di fattori che “obbligano” gli abitanti dell’isola dimenticata nell’oceano a dedicarsi ad attività al chiuso: vuoi per le condizioni climatiche avverse e selvagge, vuoi per il clima rigido o per i suoi paesaggi primigeni. L’Islanda è, dunque, un paese di lettori forti.

Siamo abituati a pensare all’Islanda come una nazione insulare tipicamente nordica: poco abitata (è uno dei Paesi meno popolati), definita perlopiù dal suo aspetto rigido e spigoloso che risalta per i suoi paesaggi montuosi e desertici colonizzati da ghiacciai e fiumi glaciali. Conosciuta anche per la presenza di una marcata attività vulcanica e geotermica: geyser, campi di lava, terme. Eppure, il clima di questa isola è più abitale di quel che si pensa; la maggior parte della popolazione si concentra poi nella parte sud-ovest dell’isola, a Reykjavík, la capitale, bagnata dall’oceano Atlantico dove più si sente il contrasto tra l’occidentalizzazione che ha subito l’Islanda, soprattutto a causa dell’influsso americano e britannico, e la reputazione mitica con cui siamo soliti ricordarla o immaginarla. Tuttavia, l’Islanda è celebre per la sua fecondissima letteratura medievale. In nessuna altra nazione, infatti, si è avuta una produzione letteraria così intensa come in quest’isola.

L’EDDA, LA POESIA SCALDICA E LE SAGHE

La storia della letteratura islandese nasce da una tradizione orale, così come la letteratura in sé nasce dalla gente: nelle sere invernali, gli abitanti islandesi erano soliti riunirsi nella così detta baðstofa, la stanza riscaldata della fattoria tradizionale dove ognuno prendeva parte alla semplice lettura o alla creazione stessa di storie. È curioso scoprire che il termine che significa “autore”, höfundur, è formato dalla radice del verbo hefja e significa non a caso “iniziatore”, “colui che inizia una storia”.

Quando parliamo di letteratura islandese, poi, ci riferiamo principalmente a tre generi letterari: l’Edda, la poesia scaldica, e le saghe. La poesia scaldica, di argomento cortese, ci fa così pensare a un possibile vicinanza con i lontanissimi poeti provenzali. Di questi componimenti si conosceva il nome e il periodo di attività dei loro autori, mentre i loro argomenti si distinguevano per complessità e artificiosità. Per quanto riguarda le saghe, è questo un genere che ha reso la letteratura islandese nota oltre i confini insulari. Chiamate Saghe degli islandesi, queste opere in prosa, di autori anonimi, furono trascritte perlopiù tra il dodicesimo e quindicesimo secolo. I loro temi sono ricorrenti, esse trattano cioè tutte episodi avvenuti all’epoca della colonizzazione dell’Islanda, descrivendo così le avventure dei primi viaggiatori e colonizzatori della nazione.

LETTERATURA MODERNA ISLANDESE

La letteratura moderna islandese porta con sé gli strascichi di una tradizione letteraria tra le più ricche e antiche. Vanta di un premio Nobel per la letteratura ricevuto nel 1955 da Halldor Kiljan Laxness  (1902- 1998) perché, come scritto nella motivazione, la sua opera epica ha rinnovato l’arte e la letteratura islandese. Insieme a lui, Gunnar Gunnarsson contribuì a proiettare la letteratura islandese al di là dei confini nazionali. Sebbene il tema della natura occupi uno spazio rilevante, la letteratura islandese contemporanea si discosta dai temi della lunga tradizione epica o da quelli religiosi legati al luteranesimo, ma include temi come la condizione femminile o la vita urbana della capitale Reykjavík.

Tra i giganti della letteratura contemporanea dell’isola, così come lo chiama Seba Pezzani nel suo articolo “Islanda, isola felice della letteratura”, Thor Vilhjamsson (1925) dice che l’isola è così pingue di autori perché ha “lo stesso numero di abitanti della Firenze dei tempi di Dante”.

ISLANDA E LETTERATURA PER IPERBOREA E GUANDA

A contribuire alla diffusione di autori e libri islandesi c’è sicuramente la passione di alcuni editori, in particolare in Italia dove la letteratura islandese ha sempre più seguaci grazie alla casa editrice Iperborea che, attorno al 1897, decise di “far conoscere la letteratura dell’area nord-europea in Italia”. Emilia Lodigiani, editrice di questa casa, così si esprime:

Le saghe sono state e restano il nostro punto di partenza. La saga di Odor l’Arciere, quella di Gautrekr e altre ancora continuano a legare autori tra loro diversissimi. Non so se ci sia un vero filo rosso che unisce tutti gli scrittori islandesi contemporanei, però alcuni elementi comuni esistono: l’insularità, la relativa vicinanza geografica con l’America e il legame culturale ancora forte con l’Europa. E poi, naturalmente, lo straordinario ambiente naturale, privo di alberi, caratterizzato da giochi di luce, con tanto di aurore boreali, ghiacci, lava e acqua. E poi la presenza di una democrazia vera in un paese in cui tutti si chiamano per nome, dove la cultura ha un posto di primo piano e un libro può vendere anche 30mila copie.

Una scelta editoriale, quindi, che si basa sulla pubblicazione di autori islandesi sulla base della loro provenienza.

Un discorso leggermente diverso, invece, si fa per un’altra casa editrice. Luigi Brioschi, presidente di Guanda, ha scelto di pubblicare autori come Hallgrímur Helgason e Arnaldur Indridason, non in quanto islandesi, ma in quanto autori e romanzieri stimabili. “Il fascino per l’Islanda è innegabile“, afferma Brioschi, poi continua: “Il romanzo assolve sempre il compito di strumento informativo sul mondo, però il successo di questi due autori dipende esclusivamente dalla loro bravura. Il loro è uno stile europeo, non islandese, nonostante le loro storie descrivano bene un paese molto diverso dal nostro“.

Se l’Islanda sente la necessità di raccontare storie lo deve al suo patrimonio genetico, tuttavia questa terra non è solo la culla delle saghe, ma si configura come la nicchia di storie moderne ed emancipate con l’intento di ammodernarsi ed emanciparsi. Un paese, quindi, che subisce l’influenza dell’occidente anche nel suo modo di raccontare storie, ma che ci insegna di un popolo diverso a cui dobbiamo prestare ascolto, perché la spinta letteraria dell’Islanda è anche la sua voglia, come scrive Saba Pezzani, di non rimanere un’isola dimenticata nell’oceano.

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