Vaiolo delle Scimmie: una nuova epidemia?

Dal mese di maggio si sono registrarti in tutto il mondo diversi casi di pazienti affetti da vaiolo delle scimmie. In un momento storico ancora gravemente segnato dall’epidemia di Covid-19, la domanda sorge spontanea: i casi di vaiolo delle scimmie indicano che si è alle porte di una nuova epidemia?

I casi di vaiolo delle scimmie

L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) riferisce che, al 6 giugno, sono 780 i casi di vaiolo delle scimmie confermati in ventisette Paesi. I dati si riferiscono ai soli Paesi dove il virus non è considerato endemico. Sono esclusi quindi i contagi riportati nei Paesi africani, dove la malattia è diffusa. In Italia il primo caso si è registrato il 20 Maggio all’ospedale Spallanzani di Roma ed è stato subito seguito dalla conferma di altri due pazienti infetti. Il paziente zero è un uomo rientrato da un soggiorno alle Isole Canarie. Intanto si registrano contagi in tutta Europa. Sajid Javid, ministro della Salute del governo di Boris Johnson, ha dichiarato il 20 maggio che i casi di vaiolo delle scimmie sono saliti a venti nel Regno Unito. Casi si sono riscontrati anche in Francia, Germania, Spagna, Belgio, Portogallo e Svezia. L’Oms riporta anche la presenza di casi in Australia, Stati Uniti e Canada.

Cos’è il vaiolo delle scimmie

Il vaiolo delle scimmie (monkeypox) è un’infezione zoonotica (trasmessa dagli animali all’uomo) causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo. Il primo virus si differenzia dal secondo per una minore trasmissibilità e gravità. Il nome deriva dalla sua prima identificazione: la malattia è infatti stata scoperta nel 1958 nelle scimmie in un laboratorio danese. È diffuso in particolare tra primati e piccoli roditori, prevalentemente in Africa. Nelle aree endemiche è trasmesso all’uomo attraverso un morso o il contatto diretto con il sangue, la carne, i fluidi corporei o le lesioni cutanee di un animale infetto. Il virus è stato identificato per la prima volta come patogeno umano nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo. Dalla sua scoperta, casi umani sono stati riportati in diversi paesi africani. Attualmente la malattia è endemica in Benin, Camerun, Repubblica Centro Africana, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Ghana (solo casi in animali), Costa d’Avorio, Liberia, Nigeria, Repubblica del Congo, Sierra Leone, e Sud Sudan.


È importante sottolineare che il virus non si trasmette facilmente da persona a persona: il virus si trasmette tramite contatti con lesioni cutanee, oggetti contaminati o con un prolungato contatto faccia a faccia. Nell’uomo la malattia si presenta con febbre, dolori muscolari, mal di testa, stanchezza e lesioni cutanee (vescicole, pustole, croste). La malattia generalmente si risolve spontaneamente in due/quattro settimane con adeguato riposo e senza terapie specifiche. Anche se fino ad ora la maggior parte dei casi ha avuto sintomi lievi con un decorso benigno, il vaiolo delle scimmie può causare una sintomi più pericolosi, soprattutto in bambini, donne in gravidanza e persone immunosoppresse.

Il virus ha “differenze significative con il Covid”

L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha dichiarato che il vaiolo delle scimmie ha “differenze significative con il Covid“. L’Oms riporta:

Attualmente, il rischio per la sanità pubblica a livello globale è considerato moderato, considerando che questa è la prima volta che ci sono tanti casi di vaiolo delle scimmie. […] Tuttavia, il rischio potrebbe diventare alto se il virus sfruttasse l’opportunità di stabilirsi in Paesi non endemici come diffuso patogeno umano.

Per la sua difficile trasmissibilità tra umani, quindi, il virus non rappresenta attualmente un’emergenza sanitaria come quella di Covid-19. L’aumento dei casi è probabile ma non si prospetta per il momento un’epidemia, come ha rassicurato in Italia Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla salute. L’Oms sottolinea una seconda, fondamentale, differenza tra il vaiolo e il Covid:

La maggior parte delle persone che contraggono il vaiolo delle scimmie avrà una malattia lieve e che si autolimita ma spiacevole e potenzialmente dolorosa, che può durare fino a diverse settimane.

Le precauzioni

Nonostante per il momento una futura epidemia da vaiolo sia scongiurata, Stati e associazioni si stanno muovendo per monitorare la situazione e prevenire eventuali aumenti di casi. L’Oms dichiara infatti che il virus si è diffuso in concomitanza alla revoca delle restrizioni pandemiche. Il vaiolo si è diffuso in situazioni si raduni di massa, quali festival, e in una situazione di riapertura dei confini tra gli Stati. L’organizzazione avverte che “nei prossimi mesi, molte delle decine di festival e grandi feste in programma forniscono ulteriori contesti in cui potrebbe verificarsi un’amplificazione“.

In Italia, a questo proposito, l’Istituto Superiore di Sanità ha dichiarato di aver già creato una task force di esperti e contattato le “reti sentinella dei centri per le infezioni sessualmente trasmesse al fine di monitorare continuamente la situazione nazionale“. La direttrice del Dipartimento Malattie Infettive dell’Iss, Anna Teresa Palamara, ha dichiarato:

Il ministero della Salute sta monitorando attentamente i casi di vaiolo delle scimmie segnalati in Italia e ha allertato le Regioni per un tracciamento degli eventuali casi. […] Al momento nel nostro Paese non si registra una situazione di allarme ed il quadro è sotto controllo.

Roberto Speranza (ministro della Salute) e Pierpaolo Sileri hanno dichiarato, sulla stessa linea di Palamara, che il livello di attenzione è alto a livello italiano e europeo ma che, per il momento, la situazione non rappresenta uno stato di allarme.

Un nuovo confinamento?

Il virologo Fabrizio Pregliasco, docente all’università Statale di Milano, sottolinea che la situazione attuale non è di crisi ma invita ad un’azione rapida di contenimento:

Sul vaiolo delle scimmie sicuramente stiamo vedendo la punta dell’iceberg. In questo momento è fondamentale, senza allarmismi, parlarne e riuscire a circoscrivere l’incendio finché è piccolo. […] Bisogna far sì che ci possa essere un tracciamento efficace. Sarebbe opportuno predisporre una quarantena di ventuno giorni.

Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, è preoccupato per l’aumento dei casi di contagio da vaiolo delle scimmie e, come Pregliasco, parla di contenimento, ma precisa:

È importante l’isolamento fiduciario per quanto riguarda i contatti, non stiamo parlando di fare la quarantena obbligatoria come con il Covid, ma di non avere rapporti stretti con altre persone.

Anche Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, insiste sulla quarantena per i contatti stretti dei malati di vaiolo. Con queste precauzioni, secondo Pregliasco, “nell’arco di un mese o due in Italia potremmo avere un centinaio, massimo qualche centinaio di casi“.

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