vulnerabilità maschile

“L’animale che mi porto dentro”: sulla vulnerabilità maschile

Il tabù della vulnerabilità maschile

Era il  1979 quando  i The Cure facevano uscire  il loro  singolo Boys don’t cry (i ragazzi non piangono) alludendo ironicamente allo stereotipo dell’invulnerabilità maschile, della tendenza a nascondere le proprie emozioni e le proprie fragilità.

Per quanto negli anni questa rigidità sia andata  a smussarsi, la questione rimane vivida e attuale. Ce lo racconta Francesco Piccolo, nel suo libro “L’animale che mi porto dentro”, edito da Einaudi e pubblicato nel 2018.

L’autore ripercorre la sua vita riportandone alla luce svariati episodi ascrivibili alla dimensione emotiva, sentimentale, erotica; analizzandoli in maniera attenta, sincera e, a tratti, tragicomica. Il risultato  di questa operazione è un resoconto dell’odierna condizione maschile italiana, ricco di contraddizioni, sfumature e spunti di riflessione. Di recente questo tema ha cominciato a sdoganarsi, facendo sì che ci sia più apertura al racconto di questo tema.

Un esempio sono le vignette di Intimo Distacco, che portano alla luce la necessità di parlare di vulnerabilità maschile, cercando di essere un esempio anche per i tanti giovani che hanno bisogno di sapere che ciò che provano non è mai sbagliato, ma legittimato, e che esprimere i loro dissidi non farebbe altro che giovarli.

L’origine del titolo del libro

Il titolo del libro riprende quello del celebre brano di Franco Battiato, nel quale l’artista descrive il perenne tentativo di appagare i sensi, di seguire i propri bisogni più viscerali, a discapito di una condizione di serenità.

Ma l’animale che mi porto dentro,
non mi fa vivere felice mai.
Si prende tutto, anche il caffè
Mi rende schiavo delle mie passioni

La scrittura che mette a fuoco proprio quella vulnerabilità

L’intento dell’autore non è quello di compiacere il lettore, convincere o giustificarsi, si tratta piuttosto di un tentativo spassionato di descrivere la propria interiorità, indagando le cause alla base dei propri meccanismi mentali e dei propri comportamenti. In quest’ottica, lo scrittore si mette a nudo in maniera schietta, a tratti fastidiosa. Ma è proprio la scomodità che potrebbe generare la verità, a farci sentire più vicini allo scrittore e a noi stessi, a contatto con la nostra vulnerabilità.

Il dissidio interiore

Il fil rouge del libro, la costante nella quale si imbatte di continuo, con la quale si trova a fare i conti, a più riprese, nel corso della sua vita, è di fatto un dissidio interiore. Il dissidio tra due parti che coesistono in lui, stridendo tra loro e in continuo contrasto. Da un lato la parte civile, attenta, sentimentale, emotiva, affettiva e incline alla riflessione. Dall’altra, l’animale. L’animale è tante cose: è una sorta di pulsione viscerale che ha a che fare con la violenza, la rabbia, la voglia d’imporsi sugli altri, di prevalere. 

Quei fantasmi sono la tua ancestralità e tu non stai bene, non ti senti a posto anche se sai di essere una persona che si comporta come voleva comportarsi, e non sei violento, sei civile, e non pensi a desiderare qualcuno e sei una persona che costruisce un essere moderno dentro di te, anche se senti di avere il diritto, il potere, la libertà di fare quello che va di fare a te e solo a te.

 

Mente maschile alveare

L’Animale rievoca poi una dimensione plurale, quella del branco. Questa è una tematica riproposta in maniera sistemica, quasi ossessiva dall’autore. L’appartenenza al genere maschile è per lui un’arma a doppio taglio. È fonte di sicurezza, gli dà un marchio d’appartenenza, delle direttive, delle certezze – da un lato.
Dall’altro, egli stesso lo analizza come una sorta di brutale e animalesca mente alveare, spesso tronfia e violenta, coi suoi dogmi da rispettare per non dover subire il giudizio.

C’era e c’è ancora e ci sarà sempre quel gruppo di maschi con me – il branco. Cercano di entrare in ogni luogo, si spargono nella mia casa di notte e dormono tutti con me. Mi guardano, mi giudicano, mi suggeriscono, si indignano se non agisco e si inorgogliscono  se agisco; mi pressano, spingono, giudicano. Sempre con aria complice.

Il rapporto col genere femminile

L'”animale”, inoltre,  si carica anche e soprattutto di una valenza erotico-sessuale che incide, spesso in maniera negativa, sul rapporto con l’altro sesso.

Il grado di evoluzione sessuale di un maschio si può dedurre dal rapporto tra la sua parte complessa e la sua parte semplice – che anche quando è relegata in percentuali molto basse, troverà il modo di sbucare fuori dappertutto. Abbiamo rapporti complessi, civili e di volta in volta diversi con gli esseri umani di sesso femminile. Ma poi, accanto a tutto ciò, c’è una costante semplicità che consiste in alcuni quesiti che riguardano le forme del corpo, il grado di desiderio che provocano, il grado di disponibilità


Il rapporto col genere femminile, per ammissione dell’autore stesso, assume una doppia valenza.
Egli – e per estensione il genere maschile, si muove su un doppio binario al contatto con una o più donne. Riecheggia in lui, in maniera più o meno marcata, una voce corale che parla di sesso, virilità, un “istinto predatorio


In questi passaggi, la sua scrittura diventa retorica e fastidiosa – in particolare per le lettrici, e Piccolo ne è perfettamente consapevole. Al contempo, cerca di lottare contro questa pulsione cercando invano di affrancarsene sia a livello morale, etico, sia a livello mentale.

Ho messo in scena il conflitto, a beneficio del pubblico che mi osservava, soprattutto del pubblico femminile – come mi rimprovererebbe Elaine Blair.

“L’animale” che non riesce ad esprimere la sua vulnerabilità

“L’animale” è, in sostanza, il risultato di una tradizione socioculturale incentrata su una visione patriarcale, intrisa di maschilismo tossico e di imperativi che impongono virilità e negazione della propria sensibilità.

Tutto questo ha a che fare col rapporto mio e di mio padre, che mi fa vergognare mentre assisto alla naturalezza rapace, al pensiero che ha sulle donne, tanto da cercare di organizzare la vita con l’intento di staccarmi da quel modello; e poi, pian piano, scopro che il sesso, le donne, la violenza e l’arroganza di mio padre, sono dentro di me.


Lo scrittore, dunque, ci presenta questa dicotomia come un qualcosa di irrisolto e irrisolvibile, che si trascina sin dagli albori della sua vita -e di quella di tanti uomini.

La verità è che non ci si libera né uccidendo l’animale, né facendolo risorgere.
La soluzione è quella specie di convivenza tra la persona che vuoi essere e la persona che la tua comunità di maschi ti ha chiesto di essere. Trovare un punto in cui queste due entità litigiose riescano a convivere e a superare la giornata, giorno dopo giorno. La soluzione è abituarsi a questa doppia personalità, allo stomaco stretto, ai denti che digrignano di notte, alle mascelle serrate, all’impossibilità di spiegarsi, all’impossibilità di essere solo.
C’è un centro di modernità e di non modernità. C’è un centro di forza dell’individuo: il modo di avere a che fare col sesso è solo mio; ma c’è anche la spinta della comunità: tu fai sesso perché noi ti abbiamo detto che è una cosa che si deve fare. Queste due strade non è possibile separarle, quindi bisogna vivere tenendole insieme.


FONTI


www.criticaletteraria.org
www.virginradio.it

Piccolo, F.“L’animale che mi porto dentro” Einaudi. (2018)

 



CREDITI

Copertina











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