Distopia, il suo fascino nel Novecento

“La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza.” (1984, George Orwell). Era il 1948 quando Orwell pubblicando queste parole diede visibilità a un genere che sarebbe stato sempre più apprezzato con il passare degli anni. In verità, il termine distopia è un neologismo coniato un secolo prima dal filosofo ed economista britannico
John Stuart Mill come contrario del termine utopia. Mentre il romanzo utopico è la descrizione di una immaginaria società ideale, il romanzo distopico è la prefigurazione di un sistema sociale e politico del futuro percepito come indesiderabile e spaventoso.

Viviamo in un mondo in cui è più facile immaginare una distopia piuttosto che un’utopia; un mondo dove, ormai, è semplice immedesimarsi in un personaggio di una società che va incontro a un destino catastrofico; e diventa difficile invece prefigurarsi scenari rosei, sereni e perfetti. La verità è che noi tutti siamo divenuti scettici abitanti di una realtà tragica.

4 libri distopici consigliati

1. Il signore delle mosche (1954)

La celebre distopia disegnata da William Golding, premio Nobel per la Letteratura nel 1983, ha come protagonisti un gruppo di adolescenti abbandonati su un’isola deserta e il loro tragico e drammatico tentativo di autogovernarsi. A seguito di un incidente aereo il gruppo di giovani studenti si ritrova naufrago su un’isola deserta del Pacifico, luogo ameno e paradisiaco, totalmente isolato dalla civiltà moderna. Inizialmente, gli unici protagonisti sono due ragazzi, Ralph e Piggy, dotati di astuzia e saggezza. Lentamente vengono raggiunti da altri ragazzi e insieme decidono di organizzare al meglio la loro permanenza sull’isola. Eleggono Ralph come leader e iniziano a assegnare diverse mansioni a ognuno di loro. Con il tempo si formano poi due gruppi, uno dei quali è dominato da una furia selvaggia che porterà i membri a compire azioni violente per le quali troveranno giustificazioni assurde ed irreali. Interessantissima è la visione dell’uomo di Golding: crede, infatti, che l’uomo per sua natura sia intrinsecamente “cattivo”. L’uomo produce il male come le api producono il miele”.

2. Il complotto contro l’America (2004)

In questo romanzo distopico lo scrittore immagina che negli Stati Uniti, al posto di Roosevelt, vinca le elezioni Lindbergh, un famoso aviatore antisemita. Il protagonista è Philip, lo stesso autore, che è un giovane ragazzo ebreo. Da questo momento gli Stati Uniti smettono di appoggiare inglesi e francesi, e dietro un’apparente neutralità stringono patti con la Germania di Hitler. La famiglia Roth teme che anche l’America possa diventare un regno del terrore. Il pogrom si scatena nella piccola cittadina di Newmark e le famiglie ebree si preparano ad affrontare il peggio. Anche in questo caso è una distopia quella disegnata da Roth che immagina il ritratto dell’America degli anni Quaranta in forma di incubo.

3. Fahrenheit 451 (1953)

“Bruciare sempre, bruciare tutto. Il fuoco splende e il fuoco pulisce”

Degli anni Cinquanta anche questo romanzo dello scrittore Ray Bradbury. Il protagonista Guy Montag è un vigile del fuoco. Nella distopia immaginata dall’autore, però, i pompieri non spengono incendi, bensì danno fuoco alle case di coloro che infrangono la legge, nello specifico a chi detiene libri che sono nella nostra storia assolutamente illegali. All’inizio della narrazione Montag sembra convinto della sua missione, poi però inizia a chiedersi cosa contengano i libri, perché le persone rischino la libertà e la loro casa per essi, per leggerli e per difenderli. Incontra un’anziana signora che preferisce bruciare dentro alla sua casa che abbandonare i suoi libri: Guy è sconvolto. Montag inizia a salvare alcuni libri e a leggerli di nascosto e decide di voler lasciare il suo attuale lavoro. Così facendo diventa un fuori legge e si rifugia sulle rive di un fiume, dove incontra un gruppo di uomini fuggiti dalla società che custodiscono il patrimonio letterario dell’umanità tramandando a memoria i libri.

4. Il racconto dell’ancella (1985)

Siamo in un futuro non troppo remoto ma certamente da incubo: un disastro radioattivo ha devastato la Terra e le guerre che ne sono succedute hanno cambiato il volto degli stati e dei governi. Una nuova Repubblica teocratica sorge negli Stati Uniti: la Repubblica di Galaad. Qui solo una religione può essere confessata, quella decisa dallo Stato. Lo Stato è gerarchicamente ordinato in questo modo: il potere assoluto è detenuto dai Comandanti; sotto di loro, gli Angeli sono la milizia armata, deputati a mantenere il rigido ordine; gli Occhi sono gli agenti segreti; gli uomini di basso ceto sociale vengono impiegati per i lavori più umili. La situazione peggiore si ritrovano a viverla le donne, divise in diverse categorie, sono ritenute utili solo se in grado di procreare. Tra le categorie, le “ancelle” sono le donne fertili. Le donne che, invece, non sono mogli né di Angeli né di Generali e che, non potendo procreare, non sono destinate a diventare ancelle, possono essere impiegate come serve, entrare a far parte delle Zie (equivalenti delle monache) oppure essere classificate come Nondonne, se non in grado di procreare e troppo vecchie per lavorare, e quindi destinate ad essere eliminate.

L’ancella

La protagonista è Difred, un’ancella, che narra di come fosse la sua vita prima del colpo di stato. Difred lavorava e conviveva con Luke, con cui aveva anche una figlia. Successivamente la ragazza perde tutto, dal lavoro, al compagno, alla figlia, perfino al suo stesso nome e diventa Difred (che sta per “di Fred”, in quanto da quel momento inizia ad essere un oggetto di appartenenza del Comandante a cui è asservita come ancella). Nel frattempo, Difred viene a conoscenza di un movimento clandestino, chiamato Mayday, che trama per sovvertire il potere. Alla fine del romanzo lei viene prelevata da una camionetta degli Occhi che però sembra essere in realtà un ramo del Mayday. La conclusione rimane sospesa e il lettore non saprà mai chi ha veramente rapito la protagonista alla fine del racconto.

Le dichiarazioni della Atwood

Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una distopia. “Ogni regime totalitario non fa altro che esasperare delle tendenze già presenti nella società per consolidare il proprio potere”. Questo è ciò che dichiara la Atwood inerentemente al proprio romanzo, spiegando di aver preso spunto dal puritanesimo americano del diciassettesimo secolo. Così facendo non potrebbe riassumerne meglio il contenuto.

FONTI

illibraio.it

mondadoristore.it

George Orwell, 1984, Penguin Classics (2013)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Un commento su “Distopia, il suo fascino nel Novecento”