“Doctor Strange nel multiverso della follia”, one way ticket to Raimi’s land

Del multiverso sapevamo così poco ma ora… ne sappiamo ancora meno. O forse ne sappiamo effettivamente di più, solo che siamo anche più confusi. Con le idee poco chiare, ma piacevolmente sorpresi, eccoci uscire dalla sala dopo aver visto l’attesissimo Doctor Strange nel multiverso della follia. Sam Raimi torna alla regia di un cinecomic dopo la sua ormai leggendaria trilogia di Spider-Man e lo fa in grande stile, facendo suo uno dei personaggi più visivamente affascinanti dell’universo Marvel. Il Doctor Strange è chiamato a dare delle risposte riguardo le sue azioni in No Way Home e deve essere pronto a indagare più da vicino il mistero del piano multidimensionale. Una storia che presta il fianco alla mano inconfondibile di Raimi, che dietro la macchina da presa sembra aver deciso di non porsi limiti, arricchendo il film con il suo tratto registico d’autore.

Il Dottore, la Strega e l’armadio

Il Doctor Strange ha dovuto far fronte alla quasi apocalisse creata dagli eventi di No Way Home, che hanno ufficialmente introdotto a gran voce il concetto di multiverso, tanto caro ai fumetti Marvel. Dopo un sonoro rimprovero del meno credibile stregone supremo di sempre, Wong, tutto sembra tornato alla normalità. Se non che da un altro universo giunge una ragazza misteriosa inseguita da delle oscure creature che porta con sé il cadavere di un altro Strange. Si tratta di America Chavez, non una ragazza qualsiasi, ma una capace di aprire varchi tra dimensioni differenti con la forza del proprio pugno. Appare evidente che qualcuno desideri ardentemente il suo dono. Per quale motivo? Chi mai vorrebbe viaggiare attraverso tempo e spazio per finire in indecifrabili realtà parallele?

Wanda ha perso tutto. Ciò che aveva creato a Westview non era altro che un miraggio, un sogno egoistico ma dolce, cullato dalla sua memoria e plasmato dai suoi immensi poteri. Nello scontro con Agatha Harkness, sul finale della serie Wandavision, è stata costretta a rinunciare al suo amore per Visione e ai suoi figli immaginari, ottenendo in cambio l’oscuro libro delle streghe, il Darkhold. Tale arcana reliquia conferisce a chi ne apprende gli incantesimi un potere magico pressoché illimitato, a un prezzo. Il libro delle tenebre consuma il suo utilizzatore nella mente prima che nel corpo e lo trasforma nella peggiore versione di sé, schiava dell’ossessione e specchio corrotto delle ombre. Tuttavia Wanda accetta questo infausto contratto con il male pur di avere la forza per riportare a sé i suoi amati figli. La chiave non può che essere America Chavez, ma per accedere al multiverso Scarlet Witch dovrà fare i conti con il Dottore, intenzionato a mantenere intatto l’equilibrio tra le dimensioni.

Per chi si fosse perso Wandavision può approfondire qui.

Un pizzico di Horror e il cinecomic va giù

Marvel e Disney decidono di affidarsi a un regista dalla forte impronta autoriale e colpiscono nel segno. Affidare la pellicola a Sam Raimi è senza dubbio il punto a favore dell’intero progetto. Il suo modo di fare cinema traspare prepotentemente da ciò che si può osservare sul grande schermo. L’autore de La Casa non lesina sui suoi marchi di fabbrica tecnici, dallo stile delle inquadrature alle transizioni da una scena all’altra, tutto ci parla di Raimi. Senza dubbio, però, è sotto il piano dell’estetica pura che si realizza la vera svolta. Il regista non tradisce la sua firma horror e trasporta il mondo psichedelico del Doctor Strange all’interno di un inedito panorama oscuro, fatto di jumpscare, dettagli splatter, ambientazioni tenebrose e una affascinante quanto macabra versione alternativa del Dottore in chiave zombie. La veste orrorifica dona personalità al film e gli permette di emergere dalla banale mediocrità a cui ci hanno abituato alcuni ultimi lungometraggi di casa Marvel.

Sotto il piano della storia c’è da dire che non si brilla. A voler essere  puntigliosi ci sono innumerevoli situazioni su cui un occhio attento potrebbe storcere il naso. Dalla quasi immediata dimenticanza da parte di Wanda del proprio amato Visione, alla totale inutilità del tanto agognato Libro dei Vishanti, la cui ricerca è stata il motore di ben tre quarti della durata della pellicola. Per quanto riguarda America Chavez, pare evidente una caratterizzazione scarna e grossolana che la relega a stereotipo del ragazzino prodigio che risolve la situazione credendo in sé stesso e superando le proprie insicurezze. Praticamente siamo di fronte a Naruto ma con i pugni stellari. Il carattere di Strange si allinea con quello del personaggio visto in No Way Home e quindi confonde lo spettatore con il suo atteggiamento “funny” nemmeno lontanamente parente del serioso e imperscrutabile stregone che ci è stato presentato nella prima pellicola o in Infinity War.

Raimi’s power

Doctor Strange nel multiverso della follia trova la sua forza nel taglio autoriale della regia, capace di sopperire a una trama divertente ma non eccezionale con pretesti visivi accattivanti e suggestivi. L’atmosfera horror si sposa in maniera impeccabile con la narrazione e funge da abito perfetto per il villain di turno incarnato da Scarlet Witch, magnificamente caratterizzata dalla prestazione attoriale di Elizabeth Olsen. Come detto il film diverte e intrattiene e ha il pregio di essere distinguibile all’interno della miriade di cinecomics che riempiono i cinema da anni a questi parte, seppur lontano dal poter essere definito il miglior film su un supereroe di Sam Raimi, titolo detenuto ancora e senza appello da quella perla che è Spider-Man 2.

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