Delitto e castigo

Delitto e castigo: nell’inconscio di Raskolinkov e Dostoevskij

Chi non ha mai sentito nominare Delitto e Castigo, il capolavoro di Fedor Dostoevskij, che ebbe un impatto rivoluzionario sul panorama letterario e filosofico del Novecento? Chi non ha mai provato una strana sensazione, che possa essere di curiosità, fascino, timore, o addirittura angoscia, al sentire nominare quest’opera, come se il titolo racchiudesse in sé tutta la grandezza e profondità del mondo cupo ma affascinante di Dostoevskij? Chi non si è mai posto di fronte alla scelta se cedere al fascino ombroso che suscita l’opera e leggerla, oppure fuggirla per la gravezza che comporta?

Ebbene, a rendere così intrigante e oscuro il mondo di Delitto e castigo è proprio il suo carattere psicologico, introspettivo. Il tema portante dell’omicidio e le sue conseguenze fisiche e mentali, obbliga il lettore a rapportarsi non solo coi demoni del protagonista, ma anche con i propri. 

Una composizione tormentata: dall’autore al romanzo. 

“Sta progettando qualcosa di terribile.” Così si esprime il domestico di Dostoevskij rivolgendosi alla sorella dello scrittore. Inoltre, egli riporta il comportamento dello scrittore mentre compone l’opera: in piena notte cammina avanti e indietro per le stanze della sua abitazione, agita le braccia e riflette ad alta voce. 

Nonostante la notorietà che Dostoevskij riuscì a conquistarsi grazie alle sue opere, la sua vita fu caratterizzata da costanti difficoltà e tormenti di cui l’autore stesso si servì per definire tutti i suoi scritti. Delitto e castigo è lo specchio che riflette perfettamente il legame tra la vita dell’autore e la sua arte. I temi presenti nell’opera sono problematiche che Dostoevskij ha dovuto affrontare di persona, sia che riguardassero la propria vita o l’ambiente che lo circondassero. La miseria, l’alcolismo, la prostituzione, l’usura, il denaro, il nichilismo, sono i temi che rappresentano in maniera puntuale lo stato degradato della società russa contemporanea

Il denaro: forza scatenante di Delitto e castigo.

Il tema più sentito, sia dall’autore che dalla società russa del 1860, è quello del denaro. Il denaro è il motore dell’azione. Dostoevskij, indebitato, è obbligato ad adoperarsi per produrre più opere in tempi stringenti, mentre Raskolnikov è spinto all’omicidio dal desiderio di emancipazione economica.

Raskolnikov è un ex universitario, disoccupato, e l’impossibilità di sostentarsi con i propri mezzi lo porta a impegnare un gioiello di famiglia da un usuraia. La frustrazione di fronte all’impotenza economica è proprio la causa pratica che spingerà il giovane all’omicidio della vecchia usuraia. Il giovane sente la sua libertà soggetta al volere dell’anziana, la quale non mostra alcun segno di empatia o riguardo umano. Inoltre, l’usuraia non accumula denaro per investirlo in qualche progetto o necessità, bensì lo conserva per salvare la sua anima. Di fatto, Raskolnikov prende notizia casualmente della volontà della donna di donare i suoi soldi a un monastero per il suffragio della sua anima. Pertanto, la spinta omicida che nasce in Raskolnikov, è dettata anche da un desiderio di vendetta.

L’assenza di denaro è la fonte di tutte le altre problematiche, che nascono come reazioni estreme alla condizione di miseria originaria. Fra queste, l’alcolismo e la prostituzione assumono un valore significativo, soprattutto nella vita di Raskolinkov. Questi due temi infatti sono rappresentati da due personaggi rilevanti per il protagonista: Marmeladov e Sonja. Il primo, avendo perso il suo impiego e il rispetto di sua moglie, cerca di soffocare il dolore nell’alcool. La seconda è la figlia di Marmeladov, che cerca di sopperire alle esigenze della famiglia in miseria.

Il quadro culturale della Russia del 1860

L’autore non pone in rilievo soltanto i problemi sociali, ma anche quelli culturali, ideologici, che sono al centro del dibattito dell’epoca. Spinto dalla volontà di trattare dell’attualità per distinguersi e rendersi noto, Dostoevskij pone particolare attenzione alla politica russa e ai problemi che ne derivano. In particolare lo scrittore russo si concentra sulla questione dei giovani universitari.

Nonostante un iniziale intervento di ampliamento della partecipazione alle università, durante gli anni Sessanta il governo ritira l’iniziativa e torna ad escludere i più poveri. In risposta al vacillamento del governo, si sollevano numerose manifestazioni antigovernative sotto la guida degli studenti. Molti giovani rifuggono nel populismo e nel nichilismo: movimenti rivoluzionari che mirano alla soppressione della morale e dell’ordinamento sociale e politico tradizionali. Questi due temi, molto cari all’autore tanto da costituire le fondamenta delle sue opere – in particolare nel romanzo I demoni – vengono incanalati in Raskolnikov. Di fatto, il giovane si presenta come un rivoluzionario della morale. Raskolnikov vuole sovvertire l’ordine vigente, andare oltre i limiti imposti, al fine di cambiare radicalmente il suo stato, che trova insopportabile. 

Delitto e castigo: un’opera che anticipò la psicologia

“Dostoevskij, il solo che mi abbia insegnato qualcosa in psicologia”: questa affermazione, pronunciata da Nietzsche, dimostra come le opere di Dostoevskij si siano imposte come punto fermo per gli intellettuali del Novecento. Sebbene criticata, disprezzata, o ammirata, la produzione letteraria di Dostoevskij ha introdotto una nuova concezione della mente umana. Lo stesso Sigmund Freud riconosce l’importanza dell’operato di Dostoevskij, giudicando il suo romanzo I fratelli Karamazov come “Il più grande che sia mai esistito.”

In Delitto e castigo la componente psicologica non viene applicata soltanto su l’omicida Raskolnikov, ma anche a tutti gli altri personaggi. I differenti punti di vista dei personaggi del romanzo sono descritti tramite dialoghi interiori, che sommandosi generano una polifonia, un insieme differenziato ma armonico. Attraverso questa varietà di visioni, Dostoevskij intende evidenziare l’interiorità dell’animo umano. Ma con maggiore portata e intensità, l’animo di Raskolnikov viene messo a nudo. Il protagonista esprime i suoi pensieri attraverso riflessioni interiori che mostrano cosa si agita dentro di sé e come si rapporta con la realtà circostante. Viene ritratto il mondo di Raskolnikov: i suoi dubbi, i suoi tormenti, i suoi ragionamenti. E in particolar modo, l’attenzione ricade sulle conseguenze concrete dell’interiorità di Raskolnikov. 

Attraverso la figura tormentata di Raskolnikov, Dostoevskij evidenzia i primi segni della forza che può esercitare l’inconscio sull’agire umano, sulla sua salute, e fin dove possono condurre certe fissazioni che nascono da uno squilibrio mentale. 

La morale “malata” di Raskolnikov

Se da un punto di vista pratico il denaro si mostra come fattore determinante per l’azione del protagonista, da un punto di vista più interiore è un altro aspetto a caratterizzare il suo agire e la sua condizione: la morale. 

Il grande tema della morale e del denaro sono i due poli che contraddistinguono il romanzo e da cui divergono le vicende. E come il denaro, è la morale a muovere Raskolnikov al delitto. Ma non è una morale di sani principi, bensì si dimostra “malata”, degradata della realtà con cui si confronta. Questa morale stravolge la concezione tradizionale di bene e male e ambisce al raggiungimento di una condizione sovrumana. Raskolnikov elabora una teoria di carattere morale con la quale cerca di legittimare le sue azioni: i grandi uomini, destinati a rimanere nella storia per le proprie opere a beneficio dell’umanità, hanno diritto di compiere qualsiasi gesto pur di raggiungere la superiorità che li spetta. Raskolnikov si sente un vero e proprio superuomo, il quale vede come ostacolo alla sua grandezza la vecchia usuraia. 

L’uccisione della vecchia rappresenta per il protagonista non solo il modo di finanziare i suoi studi al fine di diventare uno scienziato e un filosofo, ma è persino vista come l’eliminazione di uno scarto della società. Ma se Raskolnikov si dimostra convinto della sua teoria e dei suoi risvolti, nel momento della pratica invece cede alla paura e all’incertezza. 

L’idealismo alle prese con la realtà

La frattura tra ideale e reale genera un complesso di inferiorità. Si produce così un ossessione che lo perseguiterà dal momento del delitto fino alla disperata confessione alla polizia, la quale in ogni modo non sarà sufficiente a soffocare la sua frustrazione. L’instabilità mentale a sua volta impedisce a Raskolnikov di realizzare nel concreto i suoi propositi. Sebbene sia riuscito a uccidere la vecchia usuraia e sua sorella – che non rientrava nemmeno nel piano di Raskolnikov – l’omicidio è un vero e proprio fallimento: lo scopo principale che il giovane si è prefissato, ossia rubare i soldi, non si è concretizzato.

Il fallimento, sia ideale che concreto, comporta la consapevolezza da parte di Raskolnikov della sua insignificanza, della sua essenza di “pidocchio”. Tuttavia questa consapevolezza cercherà di sopprimerla, al fine di difendere a ogni costo il suo orgoglio e i suoi ideali. Il rifiuto della sua insignificanza non farà che acuire il tormento interiore che prenderà le forme di un vero proprio delirio. In particolare, paranoie, slanci provocatori, riflessioni tortuose e altri comportamenti insoliti caratterizzano l’atteggiamento di Raskolnikov per tutto il romanzo. Il personaggio non si arrende e continua a sfidare l’evidenza, a ritenersi innocente, ma la continua delusione delle sue aspettative pian piano lo logora, finché non riesce più a sostenere il peso della colpa e confessa il delitto, subendo le conseguenze delle sue azioni. 

L’interpretazione di Pasolini: il matricidio

Dato il grande successo dell’opera, molti intellettuali hanno analizzato il romanzo cercando di svelare i significati più nascosti, fra questi si distingue Pasolini. L’autore interpreta l’omicidio come la volontà da parte di Raskolnikov di uccidere la propria madre. 

Dall’inizio del romanzo si evince già un rapporto instabile tra il protagonista e la sua famiglia. Raskolnikov vive lontano dalla madre e dalla sorella, le quali però si adoperano per mantenere e aiutare il ragazzo. Di fatto, la madre invia il denaro possibile a suo figlio, mentre la sorella è costretta a impegnarsi come istitutrice per aiutare la madre. Per questo il protagonista è obbligato a uno stato di dipendenza, sentendosi in debito con la famiglia, soprattutto con la madre. 

Raskolnikov nutre un grande sentimento amoroso per la madre, tanto che Pasolini ne individua la manifestazione di una passione infantile edipica. Il protagonista nutre nei confronti della madre un amore morboso e ambiguo, per cui si sente diviso: ama profondamente la madre, ma al contempo non riesce a sopportare l’amore che lei gli riserva, in quanto non crede di meritarlo, nonostante lo desideri inconsciamente. 

L’omicidio: emancipazione dalla famiglia

L’impossibilità di Raskolnikov di dimostrarsi indipendente, svincolato dagli obblighi della familiari, causa nel protagonista frustrazione e umiliazione. Il giovane è afflitto da senso di impotenza, che cercherà di superare attraverso l’omicidio. Così l’omicidio non è più frutto della volontà di Raskolnikov di emanciparsi dalla miseria, ma dalla famiglia, che sente come un peso insopportabile, umiliante. In questa visione, la vecchia usuraia e sua sorella incarnano rispettivamente la madre e la sorella di Raskolnikov. Ma è un matricidio concepito soltanto nella mente del ragazzo, poiché in realtà sua madre e sua sorella sono vive e addirittura si manifestano davanti ai suoi occhi.

Il fallimento della soppressione del peso della famiglia è l’elemento scatenante della crisi interiore e del conseguente delirio del ragazzo. Raskolnikov è costretto a ritornare alla realtà dei fatti, ossia alla vita oppressa e frustrata di sempre. Il ragazzo prova a riprendersi, finché non resiste più e cede sotto il peso della colpa confessando il suo delitto. Eppure, nemmeno la condanna ai lavori forzati estirpa la “malattia” di Raskolnikov. La guarigione avviene soltanto quando la madre muore e, come colpito da un’illuminazione spirituale, capisce d’incanto di amare Sonja, sulla quale aveva riversato gli stessi sentimenti che provava per la madre.

FONTI

Fedor Dostoevskij, Delitto e castigo, Mondadori, 2016

Zerozeronews.it

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