Malattie sessualmente trasmissibili e povertà: esiste un collegamento?

Le infezioni sessualmente trasmesse o malattie sessualmente trasmissibili (quindi IST o MST) sono un vasto gruppo di malattie infettive molto diffuse che possono causare sintomi acuti, infezioni croniche e gravi complicanze a lungo termine. Con il passare dei decenni la gravità di alcune malattie è notevolmente diminuita, ma la loro incidenza è in continuo aumento. Le motivazioni possono essere ricercate in vari fattori, come ad esempio la maggiore mobilità e la tendenza ad avere rapporti sessuali con più partner, ma esistono anche delle motivazioni che si distaccando dal comportamento del singolo. Potrebbe esistere una correlazione con l’ambiente in cui viviamo? Esiste un legame tra i nostri comportamenti sessuali (e quindi anche la diffusione di queste malattie) e la classe sociale a cui apparteniamo?

Qualche definizione utile

Prima di inoltrarci in tematiche più approfondite, è bene sapere con esattezza che malattie si prendono in considerazione con l’espressione “malattie sessualmente trasmesse”. Per MST si intendono quelle malattie che si propagano attraverso il contatto con liquidi corporei infetti. L’attività sessuale rappresenta il metodo ideale di trasmissione per questo tipo di malattie, ma è possibile essere infettati anche senza questo genere di contatto. È il caso della trasmissione da madre a bambino durante il parto o il caso di contatto con utensili medici sporchi di liquidi infetti.

Oggi si conoscono circa trenta quadri clinici determinati da oltre venti patogeni sessualmente trasmessi. Uno dei fattori di maggiore rischio è la frequente mancanza di sintomi nel primo periodo di infezione, che può aumentare la possibilità di trasmissione.

Quali sono?

Tra le principali MST ricordiamo la clamidia, dovuta a un batterio e che, se non curata, può portare a sviluppare la malattia infiammatoria pelvica. È la prima malattia sessualmente trasmissibile che colpisce in Europa; la gonorrea, dovuta a un batterio e che, come nel caso della clamidia, se non curata può portare a sterilità/infertilità; la sifilide, che è al quarto posto tra le MST più diffuse in Europa; la tricomoniasi, che è causata da un protozoo; l’herpes genitale e l’HIV, che solo nel 2020 ha registrato oltre 680.000 decessi. Ovviamente oltre a queste ne esistono altre, molte delle quali hanno sintomi più o meno simili e altrettanto gravi.

Cosa è cambiato oggi?

Prendendo in considerazione l’HIV che, tra le malattie citate sopra è quella che in anni recenti ha generato la confusione maggiore, si può osservare come l’aspettativa di vita delle persone infette sia aumentata notevolmente. Oggi, secondo i dati presentati all’annuale Conferenza sui retrovirus e le infezioni opportunistiche (CROI) la differenza di aspettativa di vita tra persone negative e positive all’HIV è stimata a soli tre anni. Una differenza che, per quanto sia ancora presente, è nulla se confrontata con la situazione di appena vent’anni fa, quando l’aspettativa di vita era di soli trentanove anni. Sono stati fatti passi da gigante ed è importante continuare a sensibilizzare sulla questione e sfatare tutti i miti e i pregiudizi che hanno sempre colpito le vittime della malattia.

Un po’ di dati

Per avere una panoramica più esatta di come si sta evolvendo oggi la situazione è bene fornire dei dati che, con la loro maggiore precisione, ci possono restituire un’immagine più fedele. Ogni giorno nel mondo vengono contratte più di 1 milione di infezioni a trasmissione sessuale che ammonterebbero a circa 376 milioni annue, di cui 1 su 4 è una MST.

Per quanto riguarda l’HIV, invece, i dati forniti dal programma correlato organizzato dalle Nazioni Unite (UNAIDS) affermano che nel 2020 ci sono state oltre 1,5 milioni di nuove diagnosi, che si sommano ai 37.7 milioni di persone che vivono con il virus.

Il sesso è fonte di diseguaglianze?

Molti studiosi hanno sottolineato la complessità della correlazione tra prevalenza di Hiv/Aids e povertà arrivando a conclusioni più articolate rispetto alla teoria per lungo tempo accettata secondo la quale la povertà agirebbe come driver dell’infezione nell’Africa sub-sahariana*. Indubbiamente una correlazione esiste, ma riguarderebbe più la disuguaglianza di reddito e di genere che la povertà in sé. Il coefficiente di Gini – indicatore di disuguaglianza di reddito all’interno di una popolazione – messo a confronto con i dati di prevalenza Hiv registrati in ventitré Paesi dell’Africa sub-sahariana, mostrava che all’aumentare delle differenze di reddito in seno alle popolazioni degli Stati aumentava la prevalenza dell’infezione. La stessa osservazione può essere applicata all’ineguaglianza di genere: avendo le donne minore possibilità di scelta nel determinare la loro sicurezza sessuale a causa della dipendenza dal reddito e dallo status del proprio partner, sono le vittime più colpite.

Cosa differenzia l’Occidente dal resto del mondo?

La ricchezza relativa, invece, può essere associata inizialmente a un rischio più elevato e, solo successivamente, col pieno sviluppo dell’epidemia, può diventare un fattore protettivo. Quindi né la povertà né la ricchezza per sé guidano l’epidemia, piuttosto sono entrambe in grado di influenzare i comportamenti sessuali nelle direzioni di rischio o di protezione e quindi potenziare la trasmissione virale, con modalità diverse e a seconda degli specifici contesti sociali, culturali e politici.

Sicuramente una differenza rilevante che separa l’Occidente dal resto del mondo è la facilità con cui si accede alle strutture di cura e prevenzione. Soprattutto nei paesi africani l’accesso alle cure e alle terapie non è garantito. L’OMS nel 2018 ha calcolato che solo il 64% delle persone infette aveva potuto iniziare il trattamento farmacologico. Quindi, un individuo ricco/educato può permettersi di vivere più a lungo con la malattia e adottare pratiche sessuali più sicure, ma questo risulta difficile per molti degli infetti.

Ultime raccomandazioni

È importante ricordare che molte malattie sessualmente trasmissibili non sono sempre facili da riconoscere. Per questo motivo, di fronte al minimo dubbio di una possibile infezione, è bene fare un test di prevenzione e verificare un possibile contagio. In Italia, i centri dove poter fare i test sono molti ma dal 2017 è disponibile in farmacia anche un test di autodiagnosi, acquistabile per soli 20 euro e di discreta attendibilità.

Per avere altre informazioni sulle malattie sessualmente trasmissibili si può telefonare al numero verde dell’Istituto superiore di sanità.

*Si parla di Hiv/Aids perché è la malattia su cui si sono concentrati alcuni tra gli studi più recenti, mentre si cita l’Africa sub-sahariana perché una percentuale altissima di casi di Hiv si verifica proprio in questa zona di mondo. Infatti, nei 37.7 milioni di casi di Hiv che si sono verificati nel 2020, oltre due terzi vivevano nel continente africano.

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