Nuove frontiere di rigenerazioni e trapianti

Rane a cui ricrescono le gambe e topi paralizzati che riiniziano a camminare, e il tutto senza il bisogno di alcuna miracolosa intercessione divina. Sono queste le nuove frontiere della sperimentazione scientifica, in particolare delle ricerche della Tufts University e del Wyss Institute di Harvard, per quanto riguarda la rigenerazione di arti amputati nelle rane, e dell’università di Tel Aviv, per quanto riguarda la cura dei topi paralizzati.

La rigenerazione da Wolverine alle lucertole

Una stella marina con quattro arti “rigenerati”

A differenza di quanto si potrebbe pensare, la rigenerazione non è una facoltà esclusiva di alcuni supereroi (come Wolverine o Deadpool), che con il loro fattore di guarigione sono in grado di farsi ricrescere gli arti amputati, ma un fenomeno ben presente in natura e che, con un minimo di impegno, possiamo osservare.

Come nel caso delle lucertole che, se in stato di pericolo (per esempio se inseguite da un predatore), grazie a una violentissima contrazione muscolare, possono mozzarsi la coda per poi farla ricrescere in un breve periodo, o dei platelminti, comunemente chiamati “vermi piatti”, a cui può addirittura ricrescere la testa e qualche volta, come vedremo fra poco, anche due. Fra gli altri animali ricordiamo la celeberrima stella marina in grado di rigenerare gli arti amputati (sebbene quelli nuovi risultino poi più piccoli dei vecchi); oppure l’Hydra d’acqua dolce che, addirittura, può essere sezionato in molte parti e ognuna delle quali è in grado di ricostruire il resto del corpo; e infine il tritone capace di rigenerare le zampe amputate. Ma anche il nostro corpo si può, in una certa misura, riparare, vedasi a tal proposito il fegato che può ricostruirsi anche dopo aver perso più del cinquanta per cento del proprio volume.

Excursus sul mirabolante caso del verme spaziale bicefalo

Si tratta di un esperimento effettuato sulla stazione spaziale internazionale ad opera della Tufts University di Boston: quest’ultimo consisteva nel monitorare due gruppi di vermi piatti (gli uni sulla terra, gli altri nello spazio) per vedere se l’essere in orbita potesse influenzare in qualche modo il loro processo rigenerativo. La risposta è stata positiva, la permanenza nello spazio infatti ha prodotto l’unico esemplare a due teste mai registrato.

Questo si è verificato perché l’esperimento consisteva nell’amputare ambo le estremità, la coda e la testa dei vermi in questione (lasciando solo la faringe per permettere ai vermi di nutrirsi) e osservarne la ricrescita. Il che, per quanto suoni straordinario, non lo è per questi vermi capaci di miracolose generazioni. Ciò che ha reso questo esperimento unico è che ad un esemplare sono ricresciute due teste: erano già state registrate delle “inversioni” fra la testa e la coda in situazioni simili, ma mai si era visto un verme bicefalo. Inoltre, una volta tornato sulla terra, al verme bicefalo sono state nuovamente amputate le teste per vedere se sarebbero ricresciute entrambe, e così è stato. Ciò significa che la permanenza sullo spazio non ha solamente indotto una mutazione casuale nel verme ma ne ha mutato permanentemente la natura.

L’esperimento sugli arti amputati delle rane

Esemplare di rana Xenopus laevis

Nella lista di animali in grado di rigenerare un arto perduto certo non figurano le rane e perciò l’esperimento che ora illustreremo è stato così importante e peculiare. L’esperimento, che aveva per soggetto le rane platanne (nome scientifico: Xenopus laevis), endemiche dell’africa australe, è consistito nel far ricrescere a queste rane, nel giro di diciotto mesi, gli arti amputati.

Ciò è stato possibile grazie all’esposizione, subito dopo la perdita degli arti, tramite una sorta di tappo in silicone, ad un idrogel (l’ambiente umido serve ad impedire la cicatrizzazione) all’interno del quale erano presenti cinque farmaci con varie funzioni. Grazie all’esposizione a questo cocktail di farmaci complessivamente noti come MDT (multidrug treatment) e senza nessun altra forma di intervento, alle rane nel giro di 18 mesi sono ricresciute le gambe.

Va detto che, nonostante nella maggior parte dei casi si sia generato un arto funzionante (con tanto di ossa, legamenti, muscoli e nervi), “I piedi e le dita non hanno ossa, e quindi sono flaccidi, la zampa in sé ha però una rigidità interna data dalla struttura ossea, e la rana può quindi contare sulla forza muscolare per nuotare o reagire agli stimoli“, come spiega Mike Silver della Tufts University nell’intervista rilasciata a «Focus.it». Il prossimo passo, si pensa, sarà la sperimentazione sui mammiferi.

Topi paralizzati che tornano a camminare

Dei topi paralizzati hanno ripreso a camminare: non si tratta del Vangelo secondo Luca 5,17-26, non è un messia dei roditori a compiere il miracolo, bensì un team di ricercatori israeliani. In questo esperimento, condotto dal gruppo di scienziati del Sagol Center for Regenerative Biotechnology dell’università di Tel Aviv, infatti, dodici dei quindici topi paralizzati presi in esame hanno ripreso a camminare. Per ottenere questo effetto si sono creati in laboratorio, a partire da cellule e materiali, dei tessuti di midollo umano che sono poi stati impiantati nelle cavie (ovvero i topi cronicamente paralizzati di cui sopra).

A seguito del trapianto, spiega il direttore della ricerca Tal Dvir, i topi “sono stati sottoposti a una rapida riabilitazione, al termine della quale sono stati in grado di camminare abbastanza bene“. Gli interventi hanno ottenuto ottimi risultati: il tasso di successo si aggira attorno al cento per cento fra i topi paralizzati da poco e all’ottanta per cento fra i topi paralizzati dall’equivalente di un anno umano.

Prospettive future

Lo sguardo si rivolge inevitabilmente alle possibili applicazioni su soggetti umani, in particolare nel caso della seconda ricerca, che potrebbe concretamente cambiare la vita a moltissime persone in tutto il mondo. Infatti, come ha affermato il direttore della suddetta ricerca Tal Dvir “Se funziona negli esseri umani, e noi lo crediamo possibile, si può offrire la chance alle persone paralizzate di camminare di nuovo“. Nel caso degli esseri umani però si pensa che il midollo necessario per l’operazione verrà prelevato direttamente dal paziente, onde evitare il rischio di un rigetto. In ogni caso si spera che le sperimentazioni procedano senza intoppi e continuino a dare buoni frutti.

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