Squadra di ragazzi intenti a fare sport, abbracciati in cerchio

Italiani e lo sport, un rapporto in crisi

Sono molti i problemi che ultimamente intercorrono fra il popolo italiano e lo sport, non parliamo solo della mancata qualificazione ai prossimi mondiali di calcio in Qatar (lutto nazionale), ma dello sport in generale nella nostra vita quotidiana. Facciamo troppo poco sport e siamo troppo sedentari, l’inattività ha poi dei picchi al sud, fra i giovani e fra le fasce meno agiate. Inoltre, non solo non pratichiamo sport, ma sono anche sempre meno gli appassionati che lo seguono sia dal vivo che tramite i media.

I dati generali

Gli ultimi dati sono forniti dall’Osservatorio di Banca Ifis. La ricerca, stando alle parole del vicepresidente Ernesto Fuerstenberg Fassio, “si pone come obiettivo quello di monitorare nel tempo l’evoluzione del settore in Italia“. Il quadro che ne emerge non è per nulla roseo. In tutto i praticanti di sport in Italia sono 15,5 milioni su una popolazione di quasi sessanta milioni. Considerando la popolazione maggiorenne, soltanto il 27% degli italiani fa sport, neanche uno su tre; di questi il 34% pratica calcio; al secondo posto, non troppo lontano, troviamo il nuoto col 29%. A interessarsi allo sport sono invece circa 35 milioni di persone, di cui 17,5 milioni dei quali seguono il calcio. Dopo il calcio, seguito da pressappoco la metà degli appassionati di sport, troviamo il nuoto con il 36%, il tennis con il 35%, gli sport motoristici con il 34%, il ciclismo con il 33% e l’atletica con il 30%.

Va detto che su questi dati aleggia ancora lo spettro del covid-19 che negli ultimi anni ha drasticamente ridotto il numero di partecipanti e di introiti legati allo sport, per non parlare poi della tristezza delle partite con gli stadi vuoti. In ogni caso, dopo questa flessione, si iniziano già a vedere segnali di ripresa. Un buon indicatore di ciò è il PIL prodotto dallo sport: nel 2019 valeva il 3,6% del PIL totale, ossia 96 miliardi di euro, e dava lavoro a 389 mila persone, la cifra è poi crollata del 31% l’anno seguente, cadendo a 66,3 miliardi di euro, e gli occupati sono diventati 159 mila, nel 2021 è iniziata la ripresa con una crescita degli introiti generati dallo sport del 19%, arrivando a 78,8 miliardi, ovvero il 3% del PIL nazionale.

Un problema dei giovani

Il vero problema sembra essere la mancanza di interesse dei giovani per lo sport, difatti, mentre dei circa quindici milioni di italiani che praticano sport, solo il 12% ha tra i diciotto e i ventiquattro anni, il 54% di questi invece ha dai quarantacinque anni in su; anche per quanto riguarda gli appassionati che seguono lo sport le percentuali sono molto basse fra i giovani, costituendo solo l’otto per cento del totale degli appassionati. Questo peraltro non è solo un problema a livello agonistico, in virtù della mancanza di un ricambio generazionale, ma anche per quanto riguarda il benessere e la salute nazionale, anche considerando che “130 mila bambini e adolescenti di 3-17 anni sono in eccesso di peso” (report ISTAT).

La forbice fra nord e sud

Altra grande spaccatura riguardante il numero di sportivi e di sedentari è quella che intercorre fra nord e sud della penisola; e ancora una volta, purtroppo, è il sud a essere la fascia svantaggiata di questa forbice sociale. Infatti, se nel nord Italia è il 25,91% della popolazione ad essere sedentaria, le cifre aumentano scendendo verso sud, con il 35,78% in centro Italia, il 47,79% in meridione e il 50,18% nelle isole. Picchi di sedentarietà si trovano in Sicilia, con il 55,22% della popolazione che non pratica nessuna forma di attività fisica né in modo continuativo né in modo saltuario, e in Molise 53,04%, seguono, con più della metà della popolazione che conduce uno stile di vita sedentario, Basilicata, Calabria e Campania.

Combinando i due problemi sopracitati, si osserva come il divario fra i giovani sotto i sedici anni ai due estremi della penisola sia grande. Questo sia per quanto riguarda la sedentarietà, che concerne il 15% dei ragazzi del centro-nord e il 22% dei giovani del centro-sud, ma anche e soprattutto a proposito del livello di agonismo, infatti nel centro-nord sono il 24,8% degli under sedici a praticare sport a livello agonistico a fronte del solo 8% fra i giovani del centro-sud.

Una delle cause a cui imputare questo problema è di sicuro la mancanza di strutture pubbliche e finanziamenti che, difatti, raggiunge il suo apice in Sicilia (ovvero la regione più sedentaria d’Italia) con all’incirca il 90% delle strutture sportive in mano ai privati.

La componente sociale ed economica

L’altro grande discrimine riguardo l’attitudine verso lo sport e la sedentarietà è la componente socio-economica e, ovviamente, sono le persone delle fasce più povere della società a praticare in maniera minore lo sport. Infatti, la percentuale di sedentarietà fra i ragazzi appartenenti alle famiglie con uno status socio-economico più elevato è più bassa: il 12,9% nelle famiglie in cui almeno un genitore è laureato, mentre la percentuale sale al 32,1% nelle famiglie in cui nessuno dei genitori lo è.

Altro risvolto sociale ed economico è il costo individuale e collettivo della sedentarietà. Infatti la sedentarietà e la mancanza di sport non provocano solo problemi di natura psicologica e fisica ma anche, o meglio di conseguenza, una spesa non indifferente: si stima che per le persone sportivamente attive la spesa sanitaria diminuisca di 97 euro annui, per contro per le persone che conducono uno stile di vita sedentario e privo di sport la spesa aumenta di 52 euro all’anno.

Prospettive

Per quanto riguarda il futuro, nonostante i segnali di ripresa dell’ultimo anno, siamo uno dei Paesi europei in cui si pratica meno sport ed è un problema da risolvere; cruciale in tal senso sarà avvicinare lo sport alle fasce di popolazione più inclini alla sedentarietà o che faticano maggiormente ad accedere ai servizi pubblici sportivi.

Così parla Luca Bianchi, direttore di Svimez a proposito dell’esistenza

di divari territoriali nella diffusione della pratica sportiva, con effetti rilevanti sulla salute soprattutto dei ragazzi del Sud. È decisivo, soprattutto per il Mezzogiorno, riuscire a cogliere appieno l’opportunità delle risorse stanziate dal PNRR. Ciò consentirà non solo di superare la crisi del settore sportivo acutizzata dalla pandemia, ma soprattutto di ridurre le sperequazioni tra cittadini e territori, esacerbate dalla pandemia ma già preesistenti, con l’obiettivo di migliorare lo stato di salute psicofisico della collettività e congiuntamente nel medio e lungo termine di ridurre i costi pubblici e privati connessi a stili di vita sedentari e poco salutari.

Roberto Speranza, ministro della Salute, ha affermato l’importanza di “avviare una collaborazione tra istituzioni e associazioni per contrastare la sedentarietà e le abitudini scorrette, creando su tutto il territorio nazionale le condizioni infrastrutturali, culturali, economiche e sociali per diffondere la cultura della vita attiva“.

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