I mini-cervelli, il progresso umano e il sinolo

Dei mini-cervelli umani per lo studio di patologie neurologiche: è questa una delle più recenti frontiere della medicina, e in generale uno dei più promettenti modelli di studio a disposizione della ricerca scientifica. Ma che cosa sono questi “mini-cervelli”?

La denominazione più corretta sarebbe quella di “organoidi cellulari” o “sintetici”. Gli scienziati di diverse équipe in giro per il mondo hanno cominciato qualche anno fa a coltivarne i primi esemplari in laboratorio a partire da cellule staminali pluripotenti indotte prelevate da pazienti umani.

Un primo, importante annuncio sui risultati raggiunti da simili studi arrivò nel 2019 e fu diramato dall’Università della California di San Diego: i modelli di cervelli sviluppati in laboratorio mostravano attività cerebrale simile a quella di un essere umano, anzi più precisamente a quella di un bambino nato prematuramente.

Complesso = vulnerabile

Ma perché sforzarsi di dar vita, come dei novelli Frankenstein, a piccoli cervelli umani? Non sarebbe stato sufficiente utilizzare dei modelli animali? In alcuni casi, questi ultimi possono rivelarsi sufficienti, ma esistono diverse malattie neurologiche per cui non lo sono. Questo perché, al confronto con quelli degli animali, il cervello degli esseri umani mostra un più elevato grado di complessità. Che potrebbe anche spiegarne l’alto tasso di vulnerabilità, cioè l’esposizione a degenerazioni patologiche molto diverse.

Gli studi sulla sclerosi tuberosa

I risultati raggiunti attraverso l’utilizzo di organoidi cellulari sono molteplici e stupefacenti. Uno dei più recenti, annunciato nel maggio 2021 dall’Imba, l’Accademia austriaca delle scienze, riguarda una rara patologia chiamata sclerosi tuberosa.

Gli studi effettuati sui mini-cervelli ottenuti in laboratorio hanno permesso di smentire una convinzione diffusa da decenni nella comunità scientifica, quella di un’origine genetica. La sclerosi tuberosa, una malattia che causa fenomeni come l’epilessia e l’autismo, è invece prodotta da un problema dello sviluppo, vale a dire l’eccessiva proliferazione delle “cellule clip”, cellule specifiche del cervello umano.

La Sindrome dell’X Fragile

Un altro fondamentale studio che ha prodotto i suoi frutti per merito degli organoidi sintetici è quello condotto dall’IIT, l’Istituto italiano di tecnologia, in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma. Attraverso l’uso di cellule staminali pluripotenti indotte, prelevate da un paziente umano, si è riusciti in questo caso a seguire passo dopo passo il meccanismo molecolare di una patologia responsabile di diversi ritardi nello sviluppo mentale, la cosiddetta “Sindrome dell’X Fragile”.

Come affermano i responsabili degli studi, questo è solo il primo passo di un iter che potrebbe condurre a un risultato ambizioso eppure non più inverisimile: la creazione di “percorsi” terapeutici, di terapie personalizzate per il paziente. E anche, molto più economicamente, la possibilità di riadattare i principi attivi dei farmaci già disponibili in commercio rendendoli più efficaci.

La possibilità di sviluppare una memoria

Studi di questo genere rivelano ai più ottimisti la non più così lontana speranza di trovare rimedio a mali oggi ritenuti incurabili. Ma dà anche adito a discussioni di ordine etico e bioetico. O a interpretazioni fuorviate, di specie “futuristica” o, peggio, “fantascientifica”.

Per questa ragione l’Università di San Diego dovette correre anticipatamente ai ripari, nel 2019, quando specificò che è impossibile, allo stato attuale, coltivare in vitro mini-cervelli capaci di sviluppare attività mentali complesse: detta volgarmente, nessuno di questi prototipi avrà mai una “coscienza”, la consapevolezza di esistere. Nonostante ciò, non è escluso che in un futuro prossimo si dispieghi la possibilità di creare mini-cervelli che producano segnali simili a quelli con cui i cervelli umani controllano comportamenti, pensieri, memoria.

Il DNA di Neanderthal

Un’altra affascinante frontiera che coinvolge gli organoidi cellulari è quella che interseca medicina e antropologia, e quindi, per certi versi, “scienze dure” e “scienze umane”. Un tentativo messo in pratica dall’Istituto Max Planck di antropologia evolutiva di Lipsia, in collaborazione con l’Università svizzera di Basilea.

Gli scienziati che hanno operato in questa équipe si sono posti l’obiettivo di studiare gli effetti del DNA degli uomini di Neanderthal su quello dell’Homo Sapiens Sapiens. Per questo hanno prelevato DNA umano e isolato la componente derivata dai nostri progenitori vissuti tra i duecentomila e i quattrocentomila anni fa. E infine hanno usato i mini-cervelli per degli studi sullo sviluppo di tratti genetici secondari.

Mini-cervelli dotati di occhi

Uno sviluppo che estende ulteriormente il campo di applicazione dei rilievi condotti su questi organoidi è stato analizzato dalla rivista «Cell Stem Cell». Le considerazioni comparse su questo autorevole organo della comunicazione scientifica prendono in esame le scoperte condotte da un gruppo di studiosi tedeschi dell’Università di Düsseldorf insieme a quelli dell’Università di Siena.

Costoro hanno ottenuto in vitro degli esemplari di organoidi dotati di occhi rudimentali. In questo caso l’obiettivo era quello di ricavare informazioni utili circa i meccanismi di interazione fra occhio e cervello nell’ambito dello sviluppo embrionale. Inoltre, si dispiegava la possibilità di studiare il fenomeno dell’alterazione della retina e creare cellule retiniche da utilizzare a fini terapeutici.

Magrelli, il sinolo e i Greci

Gli occhiali andrebbero portati

tra gli occhi e il cervello

perché è là, tra boscaglie

e piantagioni di nervi

l’errore dello sguardo

Ora serrata retinae, poesia di Valerio Magrelli, esamina la condizione, tanto temuta dall’io poetante, di una degenerazione cognitiva patologica: il “venire a mancare a se stesso” di chi non ricorda, non controlla, non è padrone delle proprie azioni. Ma il tema diventa presto quello del sinolo, della relazione mente-corpo e della labilità del confine tra due entità ritenute distinte, separate dalla ontologia cristiana.

Ebbene: studi come quelli condotti tra Düsseldorf, Basilea, San Diego, Roma, Siena, aprono spiragli inediti e affascinanti per quel che riguarda l’esame scientifico di tali questioni, al centro del pensiero filosofico fin dalla grecità, cioè da quando filosofia e scienza non erano trattate alla stregua di compartimenti stagni.

L’asticella del progresso umano

Al momento, alcune delle ipotesi circa la futura utilità di questi organoidi sintetici trascendono l’ambito della razionalità penetrando in quello della controfattualità fantascientifica. Tuttavia, senza mettere da parte le obiezioni etiche nei limiti della loro legittimità, siamo testimoni di un’innovazione che alza l’asticella del progresso umano.

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