Una cosa seria: perché la creatività è importante e come stimolarla al meglio

Nelle aule italiane non c’è spazio per la creatività. I programmi ministeriali da seguire, le ore che sembrano non bastare mai, portano gli insegnanti a dedicarsi ad altro, relegando la creatività ad altre sedi, altri ambienti, altri momenti. Tutto ciò che afferisce all’arte viene spesso considerato come una perdita di tempo, un qualcosa che non può essere fatta rientrare nell’offerta formativa delle nostre scuole. Prendi l’arte e mettila da parte, si diceva. Peccato che dagli undici anni il pensiero divergente e la creatività calino drasticamente, soprattutto se non allenati.

Narrative Project dell’Ohio University

Uno studio dell’Ohio University mostra come sia possibile sviluppare la creatività con il metodo narrativo, una tecnica legata alla scrittura creativa che fa leva sull’inventare storie, cambiare prospettiva e mettere in atto azioni inattese. “Il metodo narrativo funziona riconoscendo che siamo tutti creativi” commenta Angus Fletcher, professore della Ohio State University e creatore del metodo narrativo. Il docente, nel presentare il proprio studio, ha sottolineato come la nostra società sia fortemente competitiva, caratteristica che porta alla sottovalutazione della creatività degli altri a causa dell’ossessione per il podio.

Non possiamo sopportare l’idea che ci sia qualcuno più creativo di noi e, allora, smontiamo le capacità altrui.  Eppure, la creatività ci insegna a focalizzarci solo sul nostro lavoro, sulle nostre potenzialità, facendoci dimenticare delle gare continue che dominano ogni secondo della vita. Creatività significa prendersi il proprio tempo e sentirsi liberi di esprimersi. Se venisse maggiormente stimolata a scuola, favorirebbe lo sviluppo di un’atmosfera in cui la logica competitiva viene meno. 

L’approccio narrativo in campo

I ricercatori del Project Narrative hanno utilizzato con successo l’approccio narrativo per addestrare i membri del Command and General Staff College dell’esercito americano.

Alla base della formazione alla creatività, tradizionalmente si trova la tecnica del pensiero divergente, in uso dagli anni Cinquanta. Si tratta di un approccio computazionale alla creatività che considera il cervello come una macchina logica. Funziona attraverso esercizi progettati per espandere la memoria di lavoro, favorire il pensiero analogico e promuovere la risoluzione dei problemi. Ma il pensiero divergente non ha prodotto i risultati che molti speravano. Una criticità importante riguarda il fatto che il suo approccio computazionale si basi su dati e informazioni relativi ai problemi e successi del passato. Quello che non può fare è aiutare a preparare le persone a nuove sfide inattese, tantomeno creare azioni davvero originali. Ma la macchina narrativa del cervello umano può.

I ricercatori hanno quindi proposto l’uso del metodo narrativo, che utilizza molte delle tecniche di scrittura creativa utilizzate dagli autori. Queste strategie non sono calate nella realtà, aprono la mente a scenari immaginari. Il punto non è indovinare correttamente il futuro, quanto aprirsi verso tutti i possibili. Fletcher ha osservato che l’approccio narrativo come stimolo alla creatività ricorda il modo in cui i bambini sanno essere fantasiosi e la ricerca li mostra in netto vantaggio rispetto agli adulti.

Proprio per questo la scuola dovrebbe porre maggior attenzione a questa predisposizione innata dei più piccoli, in modo che possano sfruttare al meglio le potenzialità, destinate a venire meno con l’età.

Creatività nella scuola

Joy Paul Guilford, uno dei più autorevoli psicologi del Novecento, affermò che una delle principali pecche della scuola è quella di trascurare la creatività e il pensiero divergente. Si insiste, invece, sul pensiero convergente, ovvero quello logico, razionale, che permette agli studenti di rispondere in maniera riproduttiva alle domande degli insegnanti, senza una critica o una rielaborazione personale. Una scuola che insegna a replicare meccanicamente quanto già sentito, a percorrere strade già battute e sicure. 

Il pensiero divergente, invece, fa emergere la creatività dell’alunno. A una stessa domanda potranno corrispondere risposte diverse, a seconda della mente che le ha pensate, della bocca che le ha pronunciate. Si tratta di una competenza non da poco nel percorso formativo dello studente, che gli permetterà, in futuro, di sviluppare una personalità. Inoltre, le attività creative sono un buon mezzo per favorire l’inclusione dei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento, oltre a essere una strategia efficace per incrementare il Cooperative Learning.

Allora perché, visti i punti a favore della stimolazione della creatività, questa viene perennemente lasciata fuori dalle nostre aule? Perché nel sistema scolastico non c’è tempo: gli alunni vengono considerati come dei robot da addestrare a ripetere esattamente le stesse parole di chi le ha insegnate loro. Di questo parla anche Jerome Bruner, altro grande psicologo del Novecento. Secondo l’autore, entrambi i pensieri vanno usati in maniera equa ed è sbagliato nell’ambito dell’educazione ricompensare solo le risposte “giuste” e a penalizzare quelle “sbagliate“. Fare questo rende i bambini riluttanti ad azzardare soluzioni nuove o originali

Per crescere bene, si deve essere stimolati a pensare. Anche fuori dagli schemi. 

La scuola della fantasia

Di una scuola creativa parlava anche Gianni Rodari. Nel 1973 – anno di pubblicazione de La grammatica della fantasia – proponeva di insegnare a bambini e adulti come leggere, scrivere e raccontare storie, servendosi del mezzo più potente che abbiamo: la parola. Rodari sottolineava l’importanza della fantasia in ambito educativo, quella a cui auspicava era una scuola della fantasia. Pur avendone scritto qualche decennio prima delle ricerche dell’Ohio University, anche l’autore piemontese mette al centro lo storytelling nel processo di stimolazione della creatività. 

Rodari fa di quest’ultima un pilastro su cui fondare la propria attività pedagogica. Non considera la creatività come gioco o divertimento allo stato puro, ma come “una cosa seria. Secondo l’autore, infatti, un bambino troverà la forza e il coraggio di lottare per costruire un mondo migliore solo se sarà capace di immaginare cose che non esistono. In questo contesto entra in gioco l’adulto, il cui compito è quello di stimolare la sua fantasia, fornendogli gli strumenti adatti affinché la creatività emerga. Rodari propone, quindi, una nuova idea di bambino che abbandona il ruolo tradizionalmente passivo affibbiatogli dalla scuola in favore di uno più attivo, in cui diventa creatore, produttore e ricercatore. Per farlo, è necessario intervenire sulla creatività. 

CREDITI:

Copertina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.