La pittura autosufficiente di Salvo

Io sono Salvo colui che ha inciso il suo nome nel marmo.

Biografia di un pittore consapevole

Salvatore Mangione, in arte Salvo, nasce a Leonfonte in provincia di Enna nel 1947. Nel 1956 con la famiglia si trasferisce a Torino, dove, nel decennio successivo, approccia alla pittura. Salvo infatti esegue ritratti e copie da Leonardo, Rembrandt e Van Gogh, che espone e vende nel 1963 alla 121esima Esposizione della Società Promotrice di Belle Arti.

Nel 1968, durante un soggiorno a Parigi, Salvo resta coinvolto nel turbinoso clima rivoluzionario del movimento studentesco. Rientrato in Italia, cerca di trovare il punto di aggancio espressivo per esprimere i sentimenti e i concetti della lotta e della guerriglia urbana. A Torino inizia a frequentare gli artisti poveristi presso la galleria di Gian Enzo Sperone, dove ha i maggiori rapporti con Mario Merz, Paolini, Pistoletto, Zorio e Penone. La figura di Salvo inoltre, è riconosciuta  all’interno del gruppo anche dai critici militanti come Barilli, Celant e Bonito Oliva.

Tra il 1969 e il 1972, Salvo espone opere dalla forte valenza concettuale e politica. Infatti, la sua ricerca poverista incontra il concettualismo americano di Kossuth, Barry e Lewitt, che Salvo utilizza nella serie delle Lapidi. In queste opere sono già evidenti le linee di ricerca di Salvo: ricerca dell’io; l’autocompiacimento narcisistico; il rapporto con il passato e con la storia della cultura.

Il 1973 è l’anno di svolta. Salvo ritorna alla pittura, partendo dagli autoritratti e prendendo spunto dal intellettualismo di Paolini. Sono dipinti ieratici, monumentali e delicati, che sembrano essere stati creati apposta per sottolineare un percorso di rinascita e di consapevolezza del mestiere. Nel 1974 Salvo espone le sue pitture a Colonia, in occasione della rassegna Projekt ‘74, per la quale cura il catalogo e l’allestimento. Un intervento simile a quello di due anni prima, quando, in occasione di Documenta 5, Salvo limita il suo intervento al catalogo. Nell’indice degli artisti, egli si sottrae in quanto tale, per evidenziare sia la partecipazione che il suo distacco dalle ricerche poveriste. Un intervento che anticipa il ritorno alle origini dell’arte, mantenendo sempre la contiguità con il reale e la rappresentazione dell’artista all’interno del sistema dell’arte.

Dall’arte povera al ritorno in pittura

La carriera di Salvo dal 1974 al 2015, anno della sua morte, resta ancorata alla pittura. Nel 1976 Salvo definisce meglio la sua ricerca, in quanto inizia a dipingere paesaggi utilizzando colori squillanti per definire cavalieri tra rovine architettoniche e visioni di colonne classiche, studiate nei vari momenti del giorno e della notte. Mentre, tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, i suoi quadri diventano sempre più sintetici e tendenti al monumentale, dove la figura umana e la vegetazione lasciano spazio a vedute cittadine eteree e autonome.

Gli anni Ottanta sono il decennio del successo globalmente riconosciuto. Partecipa a mostre internazionali, tra cui la 41esima Biennale di Venezia, che lo consacrano al grande pubblico. Tuttavia, per sottolineare il passaggio del 1973 e per spiegare meglio tutto il suo percorso è bene leggere questo passaggio da un’intervista che Salvo rilascia nello stesso anno:

Io non ho mai inteso far parte di un gruppo, ma solo di un diffuso bisogno di esprimersi con nuovi mezzi. A un certo punto ho sentito la monotonia anche di questo: chiunque fosse andato in galleria e avesse collocato una riproduzione della Venere di Botticelli e poi vi avesse gettato sopra dei barattoli di vernice faceva la sua bella figura. Allora mi son detto: se costoro al di là di tutto, vogliono stare nel museo dei quadri, perché non accettare anche la sfida della pittura? Perché negarsi il piacere del colore? […] Io sono stato letteralmente conquistato dalla pittura e qualcosa mi da spazio, che mi apre conoscenze, idee.

La pittura per ridare all’artista potere operativo

Leggendo questa dichiarazione, risulta come Salvo sia stato regista di se stesso. Le ricerche poveriste – che quando lui arriva a Torino sono nel punto massimo di sviluppo – e gli influssi concettuali sono gli elementi che poi riversa nella sua personalissima ricerca pittorica. Una pittura autoreferenziale e autosufficiente, che contiene in sé il passaggio e la ricerca personale che Salvo esegue sulla propria carriera e sui propri limiti, al fine di dare sempre più legittimità alla figura dell’artista:

A me è sempre piaciuto l’aspetto ambiguo delle cose: il falso primitivismo, la falsa ingenuità, il falso incolto, il falso stupido, perché tutto ciò che è apparentemente intelligente, tecnico, io lo trovo oltremodo fastidioso. Non lascia mistero.

Le opere di Salvo contengono il percorso della pittura. Dalle composizioni “classicheggianti” agli edifici di gusto medievale e moderno, che sono filtrati da una luce contemporanea che li rende eterni. Quadri dove il tempo si è fermato, dove la forza sociale degli anni Sessanta si è assopita e nei quali il consumismo sta prendendo sempre più piede. Città anonime e senza apparente futuro sono percorse da tram e automobili, dove la poetica del tempo è descritta dall’attesa e dalla sospensione dell’individuo.

Le opere, le storie

Salvo, Inverno, 2006, Collezione Privata.

Le opere di Salvo si presentano come un archivio di immagini della memoria collettiva. Se i i primi dipinti sono caratterizzati da una forte stereometria e da elementi di costruzione, successivamente la composizione si arricchisce. Luci, lampioni, paesaggi, marine, interni architettonici ed edifici orientaleggianti popolano le sue opere. Come è il caso del dipinto Inverno, dove si può ben riconoscere l’attenzione ai valori di forma e contenuto.

L’intervento poverista e concettuale, come si è già visto, può essere la chiave di lettura di Inverno. Un paesino sospeso, riscaldato da una fitta nevicata e segnato da conici fasci di luce. L’elemento antropico c’è ma non si vede, la sua presenza si può intuire dal campanile e dalle case, che sono realizzate come delle nature morte. La luce è l’elemento principale, è lei che offre le coordinate paesaggistiche al dipinto, altrimenti avremmo avuto un semplice esercizio di stile. Ecco, è qui che arte povera e arte concettuale si incontrano. Lo stile di Salvo è evidente nella costruzione e nella combinazione cromatica e figurativa, dove a comporre la scena sono semplici solidi geometrici.

L’intervento minimo, povero ed essenziale si fonde con l’obiettivo di realizzare l’idea del paesaggio e non il paesaggio stesso. Il realismo incontra l’intelletto, che Salvo utilizza magistralmente per realizzare un ambiente sospeso, eterno e misterioso. Sono soggetti ricorrenti nelle sue pitture, che tendono a essere influenzate dalle teorie psichedeliche di Huxley e del glam rock dei T. Rex. Con un uso sapiente dei colori, Salvo porta l’osservatore in un viaggio cromatico, dove le superfici si sfaldano nei volumi sotto l’effetto della luce senza soluzione di continuità. L’idea dell’intervento artistico nella realtà e nella tradizione della pittura di paesaggio si realizza con un intervento semplice, tramite nuove realtà dalla forte carica poverista.

Le storie, le vite

Salvo, Bar, 2015, olio su tela, cm 150 x 200, Archivio Salvo, Torino (dettaglio).

Il senso di alienazione e di attesa trova il suo culmine nella sua ultima opera. Salvo è stato sempre coerente nella sua ricerca. Dai piccoli quadretti composti da semplici automobili e palazzi di città, alla realizzazione di trafficati luoghi ferroviari e autostradali, dove la luce resta protagonista. Sono dipinti dalla forte carica emozionale e mentale, dove è possibile leggere un intento favolistico, quasi giocoso. Salvo colloca treni, automobili e camion tra le costruzioni moderne e imponenti, attraverso un sapiente uso della luce cromatica che sfalda i limiti delle figure. Ecco allora che abbiamo un ambiente cittadino soffuso e giocoso che eleva a un livello spirituale la frenetica quotidianità.

La pittura in età matura si ricompone, e le opere si popolano di storie e di vite. Uno dei tanti esempi è il dipinto, Bar, che nella sala del museo MACRO di Roma, da ottobre a marzo, ha conquistato la scena. Il pittore, relazionandosi con Boogie-Woogie di Renato Guttuso, sintetizza la vitalità degli anni Cinquanta e Sessanta in maniera intima e psicologica. Salvo fa entrare lo spettatore in uno dei tanti luoghi che ha realizzato dall’esterno, dove l’uomo non appariva mai. Uomini e donne seduti ai tavolini, con i loro pensieri avvolti nel fumo e bagnati da bevande alcoliche. Volti assopiti, stravolti, straniati da tutto il resto, che riflettono sul proprio futuro.

Leggendo le sue opere è evidente come questo dipinto sia rappresentativo. Salvo realizza un’opera umana, dal forte sapore realista, dove i personaggi rappresentati sono assopiti e immobili. Una denuncia sociale dell’appiattimento dei valori e delle prospettive che stanno sempre più mancando nella società contemporanea. Una condizione politica, sociale e culturale, alla quale Salvo condanna i suoi personaggi che erano sempre rimasti nell’ombra delle sue costruzioni pittoriche.

Le storie dell’arte, le storie di Salvo

L’idea della socialità riflessa di Pistoletto, l’intellettualismo segnico-letterale di Kossuth e la vitalità dell’arte italiana e di Guttuso: questi sono alcuni ingredienti della ricerca pittorica di Salvo. Colui che ha ripreso la tecnica della pittura, senza mai dimenticare i suoi interessi giovanili, rintracciabili in tutte le opere pittoriche e non. Salvo, con i suoi pennelli e i suoi forti valori cromatici, indaga i suoi limiti e le sue volontà espressive, riversando sulla tela il percorso di questa ricerca. Una pittura essenziale, povera, autonoma e concettuale che si concentra sulla forma e sulla sostanza delle persone. Storie quindi, che contribuiscono a rendere ancora più eterei i suoi dipinti, dove tutto è in continuo divenire e dove tutto è visto in funzione del tempo e della luce.

 


Fonti

S. Cosulich, S. Collicel Cagol (a cura di), Quadriennale d’arte 2020. Fuori, Treccani, Roma, 2020.

G. Castagnoli, Salvo, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino, 2007.

R. G. Lambarelli, Salvo, in “Flash Art”, n. 106, Dicembre – Gennaio, p. 64.

F. Piqué, Salvo, in “Flash Art”, no. 120, Maggio, pp. 8-9.

Tutte le immagini sono a cura del redattore.

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