E-commerce e sostenibilità: può un clic essere più green?

Basta un clic e, come per magia, qualcuno suona alla porta di casa, corriamo ad aprire ed eccolo qui, il pacco che aspettavamo da qualche giorno e che avevamo ordinato alle due del mattino in un momento in cui la necessità di possedere quel determinato capo d’abbigliamento ci sembrava assolutamente impellente e non trascurabile. Ringraziamo il corriere e subito ci accingiamo ad aprire il pacchetto, sperando di non aver sbagliato a scegliere taglia o colore.

Sotto carte, carte e ancora carte, ora tutte sparse per casa, finalmente troviamo il nostro ultimo acquisto e… voilà, se siamo fortunati, ecco il nostro capo che sembra essere stato realizzato per noi.

Che sia stato un acquisto dettato da un capriccio o da una reale necessità non importa, ora il nostro bisogno è stato soddisfatto. Adesso non vediamo l’ora di sfoggiare il nostro capo a un aperitivo con amici, alla festa del sabato sera o durante una qualsiasi occasione e siamo nuovamente aperti ad accogliere e a soddisfare qualsiasi altro nostro desiderio.

Pro e contro dell’e-commerce per la moda

È ormai un dato di fatto che l’e-commerce abbia quasi del tutto sostituito il negozio fisico: non appena vediamo un abito che sembra fare per noi, mentre scrolliamo il nostro Instagram oppure mentre passeggiamo per strada tra negozi, la prima cosa che facciamo è consultare i siti online e confrontare i prezzi e, magari, vedere se c’è qualcosa che ci possa piacere ancora di più. È un fenomeno che il periodo di pandemia, nel quale siamo ancora immersi, ha sicuramente accentuato e fatto crescere sempre più.

Se tutti abbiamo aderito al famoso #ioInterior of spacious modern fashion boutique with collection of various clothes hanging on racks in sunlightrestoacasa, non c’è problema, il negozio si scomoda e viene a casa nostra. L’e-commerce ha portato a noi consumatori la comodità di fare shopping dove e quando vogliamo e di ricevere gli ordini direttamente a casa, insieme a una maggior reperibilità di prodotti che non si vendono nelle vicinanze per noi difficile da acquistare.

Numerosi i vantaggi, soprattutto per le aziende, che grazie a questo nuovo servizio hanno ottenuto più pubblicità e hanno quindi raggiunto più acquirenti, e, pur essendoci una pandemia in corso, hanno, almeno in parte, continuato a lavorare e a offrire lavoro agli impiegati.

Ma ha portato soltanto vantaggi? No certo, c’è sempre l’altra faccia della medaglia e anche il mondo dell’e-commerce ne ha più di una. In effetti un gran numero di persone ha ormai abbandonato l’idea di recarsi in un negozio fisico ad acquistare capi d’abbigliamento: ovviamente questa non è una prassi totalmente scomparsa, non potremmo mai affermarlo, ma sicuramente la possibilità di fare acquisti da casa senza scomodarsi preoccupa molto i piccoli negozianti, che si ritrovano qualche cliente in meno.

Sempre meno passeggiate in centro

Forse siamo così sommersi dagli impegni, dal lavoro, dalle consegne da rispettare, che esiste sempre meno la tipica, confortevole e “terapeutica” passeggiata con gli amici per dare un’occhiata in giro e vedere cosa i guru della moda ci dettano dall’alto.

Il negozio fisico, inoltre, permette di toccare con mano il capo e confrontare meglio i prodotti e la loro vestibilità, per non parlare poi del momento impagabile in cui ti chiudi il portone del negozio alle spalle, con una busta al braccio con il nome del brand in bella vista, un bel sorriso sulle labbra e il portafoglio più leggero, un po’ alla Carrie Bradshaw con le sue amate scarpe o ancora come ci fa ben vedere Julia Roberts in Pretty Woman, mentre cammina per le strade della Fifth Avenue, momento che l’e-commerce non potrà mai donarti.

Da analizzare la questione dei costi: talvolta infatti troviamo lo stesso capo sia nel negozio online che nel negozio fisico, nello stesso periodo dell’anno, eppure il prezzo non è lo stesso. Per la maggior parte dei casi è l’online quello ci regala prezzi più abbordabili, oppure sconti più convenienti che ci convincono a strisciare la carta. Questo accade per vari motivi: in primis i costi di gestione dei due negozi sono totalmente differenti e questo ovviamente porta a una differenza di prezzi anche notevole.

La più pesante fra le problematiche: smaltimento del packaging

E solo questo è lo svantaggio? No, anzi, quello che sembra essere il più dannoso e pericoloso è il problema del packaging.

Tornando all’acquirente immaginario che sopra felice scartava il suo pacchetto che gli è stato appena consegnato tra involucri e involucri di carta e plastica, immaginiamo adesso questa scena moltiplicata per innumerevoli volte, miliardi di persone che usufruiscono di questo servizio e anche molto assiduamente. E ora pensiamo all’ingente quantità di pacchetti, scatole, cartoni e alle enormi montagne che questo materiale usato per l’imballaggio forma. È triste come a un servizio così innovativo e capace di crescere rapidamente e di sconvolgere il nostro stile di vita, corrisponda un danno così grave per il nostro pianeta.

L’e-commerce è da considerare parte di quell’insieme di tutti i servizi che l’uomo ha creato per migliorare le proprie condizioni di vita, andando però anche in questo caso a scapito dell’ambiente? Il consorzio per il riciclo degli imballaggi di plastica Corepla ha reso noto che l’e-commerce ha rappresentato il 15% del totale della plastica immessa al consumo, ovvero 300 mila tonnellate.

La consegna rapida che danneggia

Uno dei danni più grossi è provocato dalle consegne rapide. Quando scegliamo la consegna rapida vuol dire che il nostro ordine arriverà a casa nostra viaggiando in un camion probabilmente vuoto o semivuoto. Questo aumenta il numero di veicoli adibiti alla consegna degli ordini e allo smistamento-pacchi in circolazione e di conseguenza accresce il consumo di benzina o metano, quindi maggior inquinamento.

Ma se solo riuscissimo ad aspettare più tempo per la consegna del nostro prodotto, uccideremmo 20 alberi e non 100. Incredibile, no? Altro dato interessante ci viene riportato dalla Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica che nei primi sei mesi del 2017, quindi addirittura prima dell’emergenza Covid-19, quando si poteva uscire tranquillamente, ha registrato un incremento del 6,5% delle consegne dei corrieri, e per quanto riguarda il numero delle immatricolazioni dei veicoli pesanti, un aumento del 21,5%, senza contare che spesso questi veicoli sono datati e quindi più inquinanti di altri.

Anche la restituzione degli ordini alimenta l’inquinamento

E proprio a confermare il fattore-comodità che in effetti l’e-commerce ci offre, alcune aziende danno la possibilità ai propri acquirenti addirittura di restituire l’ordine, comodissimo, vero? E il tutto ci viene persino rimborsato nell’arco di pochi giorni. Pensiamo subito alla convenienza senza renderci conto che ciò comporta l’utilizzo di altro materiale per l’imballaggio e la circolazione di altri mezzi adibiti al servizio.

Cosa potremmo fare nel nostro piccolo?

Come si è detto prima, scegliere la consegna standard e non quella rapida potrebbe essere un primo passo, ma non solo. Anche non ordinare dallo stesso sito un pezzo per volta aiuterebbe, sarebbe infatti meglio fare meno ordini ma più consistenti, cercando di comprare solo quando il carrello “è pieno”.

I “grandi” dell’e-commerce agiscono

Noi acquirenti potremmo sicuramente adoperarci per ridurre questi sprechi e questi consumi, ma è giusto che anche le aziende facciano la loro parte. Il re dell’impero dell’e-commerce, Amazon, ha annunciato che nel 2030 metà delle sue spedizioni saranno a emissione zero, in ottemperanza con un progetto chiamato Shipment Zero che prevede che vengano utilizzati veicoli a zero emissione di carbonio per le consegne, servendosi di materiale riciclabile e riciclato per il packaging.

Seriamente intenzionata a muoversi in una direzione più green, in America Amazon ha proposto ai suoi clienti di scegliere un giorno alla settimana in cui ricevere tutti i prodotti acquistati per evitare che i camion viaggino semivuoti, inquinando inutilmente. Infatti, poter raggruppare gli acquisti perché vengano consegnati in un solo giorno permetterebbe ad Amazon di ridurre le emissioni di CO2 dovute alle molteplici consegne allo stesso domicilio anche più volte a settimana. Gli ordini raggruppati consentono inoltre di poter ridurre gli sprechi, usando un solo scatolone per il confezionamento.

Non tutto quel che sembra green è davvero green

Altra grande impresa che compete nel campo dell’e-commerce è sicuramente Asos. Anche Asos ha dimostrato un certo interesse per le operazioni ecosostenibili, sollevando una problematica non trascurabile. Gli imballaggi biodegradabili presentano delle difficoltà simili a quelle degli imballaggi compostabili e per questo l’impresa non pensa che questo cambiamento porterebbe dei benefici dal punto di vista ambientale. Gli imballaggi biodegradabili, infatti, richiedono luce solare e ossigeno per essere smaltiti e poiché questi elementi non sono presenti nelle discariche, non è per nulla garantito che questi imballaggi vengano effettivamente smaltiti come dovrebbero o come si crede. Allo stesso modo di quelli compostabili, gli imballaggi biodegradabili non sono riciclabili.

Asos si dichiara consapevole che la plastica non sia la soluzione ideale, quindi si promette di elaborare un modo per aumentare la quantità di materiale riciclato negli imballaggi in plastica (attualmente intorno all’80-90%) e di passare a materie plastiche ampiamente riciclabili, tentando di abbandonare del tutto la plastica monouso. L’azienda di e-commerce in questione, inoltre, invita i propri acquirenti a rispedire le confezioni che riceve in modo tale che l’azienda stessa si occupi di riutilizzarle o riciclarle.

Nemmeno gli imballaggi esclusivamente in cartone sembrano essere la giusta soluzione  

Asos dichiara di aver anche preso in considerazione l’idea di utilizzare solo cartone per i propri imballaggi ma, dopo aver valutato attentamente la possibilità, è risultato che, se ciò venisse fatto, le emissioni di carbonio dell’azienda aumenterebbero del 50%. Questo perché gli imballaggi in plastica sono più durevoli e leggeri rispetto al cartone e occupano meno spazio sui camion, il che significa meno veicoli sulla strada e un impatto sul clima ridotto. Quindi, per ora, Asos crede di aver trovato il giusto equilibrio tra quantità di plastica e cartone nelle proprie confezioni.

Insomma, come abbiamo appena osservato, la situazione è molto più complessa di ciò che sembra. Si tratta di trovare il giusto bilanciamento tra sostenibilità e offerta del servizio al cliente, cercando con efficienza di abbracciare l’una e l’altra soluzione, senza privilegiare una sola, che spesso coincide sempre con quella più favorevole per l’impresa dal punto di vista dei profitti, e ciò non è facile.

Visto da questo punto di vista il mondo dell’e-commerce sembra stare al passo con tutto il mondo del consumismo e del capitalismo, in cui ciò che conta di più è il profitto. Sembra aver stretto un patto con il mondo dei social che tramite le pubblicità, che ci scorrono davanti come i simboli delle slot machine, ci portano sempre a fare quel famoso clic di conferma dell’ordine.

Ecco cosa ci dicono le statistiche

Analizziamo brevemente alcuni dati risalenti al periodo in cui il fenomeno iniziava a stabilirsi pesantemente nella nostra società, nel 2014, gli italiani che hanno acquistato sul web in media più di una volta al mese, sono stati 11 milioni, spendendo una cifra superiore del 22% rispetto al 2013. Il numero di transazioni in un anno è stato di 200 milioni.

Analizzando i tempi più recenti, invece, risulta che il 2020 è stato un anno molto positivo per quanto riguarda il mondo degli acquisti online e non occorre spiegarne le motivazioni. Secondo le ultime statistiche, infatti, in questo anno il mondo dell’e-commerce è cresciuto di circa il 30%, raggiungendo un valore complessivo di 22,7 miliardi di euro, 4,7 miliardi in più rispetto al 2019.

I settori di maggior successo degli ultimi anni sono stati quello dell’informatica e dell’elettronica, che è cresciuto del 18%, ma anche quello dell’abbigliamento che nei primi mesi del 2020 è incrementato del 21% e infine anche il settore dell’editoria ha riportato ottimi risultati con una crescita del 16% rispetto all’anno precedente.

Quasi impossibile farne a meno

Il settore moda è quello che va per la maggiore, nel 2014 come nel 2020. È sempre presente e in crescita nelle statistiche, come è sempre acceso e vivo il nostro desiderio di acquistare abiti, nonostante le occasioni per indossarli siano notevolmente diminuite. Sarà un capriccio, una coccola di consolazione, un meritato premio, un regalo per un nostro amico, è sempre un ottimo motivo per comprare online, no?

Ma, alla luce di tutto quello che è emerso, occorre frenare i nostri impulsi e riflettere prima di cliccare su “procedi all’acquisto”.

Se non è strettamente necessario comprare online, perché non uscire all’aria aperta, recarsi fisicamente nel negozio, magari anche farsi una chiacchierata con la commessa, e poi comprare direttamente da lì?

Se si abbracciano le iniziative eco-friendly, di cui oggi si sente tanto parlare, evitando di muoversi con la macchina e preferendo mezzi pubblici, oppure abolendo le bottiglie di plastica e utilizzando le borracce, o addirittura, per i più ardenti sostenitori, scegliere di consumare meno carne e più prodotti a base vegetale, cosa che, come è dimostrato, può aiutare a ridurre l’inquinamento, allora anche rivedere e regolare alcune nostre abitudini nell’ambito dello shopping online è sicuramente un passo che occorre fare, del resto, anche essere green ormai è di moda!

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